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† Cheongju, Corea del Sud, 9 gennaio 1800
Martino In Eon-min, come tanti coreani del finire del diciottesimo secolo, sentì parlare del cattolicesimo e vi aderì con la stessa diligenza che riservava ai libri che studiava. Arrestato durante la persecuzione Jeongsa del 1797, venne condannato a essere percosso fino alla morte. La sentenza venne eseguita il 9 gennaio 1800. Insieme al suo compagno di prigionia Francesco Yi Bo-hyeon, è stato inserito nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung e beatificato da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
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Martino In Eon-min nacque nel 1737 a Jurae, nella provincia del Chungcheong (attualmente Yongdong-ri, provincia del Chungcheong del Sud, in Corea del Sud), in una famiglia nobile. Di carattere forte, era tuttavia una persona gentile. Sin dalla giovinezza studiò con diligenza e acquisì una vasta conoscenza.
Un giorno sentì parlare uno dei suoi migliori amici, Alessio Hwang Sa-yeong, del cattolicesimo: finì ben presto ad apprendere il catechismo da lui. Andò quindi a Seul e ricevette il Battesimo dal primo sacerdote missionario in Corea, il cinese padre Giacomo Zhou Wen-mo, al quale Martino affidò Giuseppe, suo figlio maggiore; il secondogenito, invece, sposò la figlia di un rinomato cattolico.
Per vivere più liberamente la sua fede, rinunciò alla sua casa e ai suoi possedimenti e si trasferì a Gongju. Ai suoi parenti, che disprezzavano il suo bizzarro comportamento, spiegò apertamente le sue ragioni e descrisse loro gli insegnamenti cattolici, ma non venne ascoltato.
Quando la persecuzione Jeongsa, esplosa nel 1797, si accentuò nella zona di Gongju, Martino venne arrestato, ma confessò senza esitazione di essere cattolico e di voler dare la vita per il Signore. Trasferito a Cheongju, subì torture tali che, quando il governatore ordinò di mandarlo a Haemi, ci dovette andare a cavallo, benché fosse usanza che tale cavalcatura servisse unicamente per i pubblici ufficiali.
Nella prigione di Haemi, Martino incontrò un giovane cristiano, Francesco Yi Bo-hyeon. Iniziarono a pregare insieme e a incoraggiarsi a vicenda. Il risultato fu che, di fronte alla loro fede incrollabile, il magistrato locale ordinò di percuoterli a morte.
Secondo l’usanza, le guardie carcerarie diedero a Martino il suo ultimo pasto, poi lo condussero all’esterno per ucciderlo di botte. Una di essi prese un grosso sasso e colpì senza pietà il torace del condannato, che ben presto ebbe la mascella fratturata e il torace frantumato. Si racconta che, mentre subiva gli ultimi colpi, ripetesse: «Sì, dono liberamente e felicemente la mia vita al Signore». Era il 9 gennaio 1800 (15 dicembre 1799 secondo il calendario lunare) e Martino aveva sessantatré anni.
Insieme al suo compagno di prigionia Francesco Yi Bo-hyeon, martirizzato lo stesso giorno ma in luogo diverso, Martino In Eon-min è stato inserito nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fa parte anche il già citato padre Giacomo Zhou Wen-mo) e beatificato da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
Autore: Emilia Flocchini
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