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Beato Carlo Jeong Cheol-sang Martire

14 maggio

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+ Seul, Corea del Sud, 14 maggio 1801

Carlo Jeong Cheol-sang, vissuto nella Corea del Sud del XVII secolo, apprese i primi elementi del cattolicesimo da suo padre, Agostino Jeong Yak-jong. Lo stesso giorno in cui lui fu decapitato per via della sua fede, anche Carlo venne arrestato. Poiché non rivelò il nascondiglio del primo missionario in Corea, padre Giacomo Zhou Wen-mo, fu condannato a morte: la sentenza venne eseguita il 14 maggio 1801. Inserito col padre, il missionario e i suoi compagni Pietro Choe Pil-je e Lucia Yun Un-hye nel gruppo di 124 martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, è stato beatificato da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud. Altri membri della sua famiglia, ossia la seconda moglie di Agostino, Cecilia Yu So-sa, e i figli nati dal loro matrimonio, Elisabetta Jeong Jeong-hye (o Chong Chong-hye) e Paolo Jeong Ha-sang (o Chong Hasang), sono stati canonizzati il 6 maggio 1984, compresi nel primo gruppo di 103 martiri coreani.



Carlo Jeong Cheol-sang nacque a Majae, presso Gwangju, nel distretto del Gyeonggi (attuale Neungnae-ri, Joan-myeon, Namyangju-si, Gyeonggi-do), in Corea del Sud, da una famiglia di studiosi convertita al cattolicesimo. Apprese il catechismo dal padre, Agostino Jeong Yak-jong. Benché gli altri familiari fossero contrari a quel suo rinnegare la religione degli avi, Carlo continuò ad amare il Signore con tutto se stesso.
Sul finire del 1794 arrivò il primo sacerdote missionario, il cinese padre Giacomo Zhou Wen-mo: Carlo si recò spesso a Seul insieme al padre, per ricevere da lui i Sacramenti. In seguito si sposò con la figlia di un buon cattolico, Francesco Saverio Hong Gyo-man, e ricevette spesso la visita di padre Zhou nella sua casa di Bunwon, presso Yanggeun (attuale Bunweon-ri, Namjong-myeon, Gwangju-si, Gyeonggi-do)
Quando aveva vent’anni, nel 1801, esplose la persecuzione Shinyu. Agostino Jeong e i suoi fratelli vennero arrestati: Carlo li seguì per rifornirli di cibo e vestiti, rimanendo nei pressi del carcere dove si trovavano. I carcerieri se ne accorsero e provarono a convincerlo a rivelare il nascondiglio di padre Giacomo Zhou, ma lui non cedette.
L’8 aprile Agostino subì il martirio per decapitazione e la sua famiglia fu totalmente privata dei suoi beni. Quello stesso giorno, Carlo venne arrestato e fu lungamente interrogato presso il Ministero della Giustizia. Pur di proteggere il missionario, raccontò il falso. Il suo desiderio era raggiungere quanto prima suo padre e il Signore.
Gli ufficiali del Ministero, una volta compreso che Carlo non avrebbe cambiato idea, ordinarono di metterlo in prigione: ci restò per oltre un mese. Ne uscì solo per essere messo a morte insieme a Pietro Choe Pil-je e Lucia Yun Un-hye, il 14 maggio 1801 (2 aprile per il calendario lunare).
La sua sentenza di morte recitava: «Eri così imbevuto della religione cattolica che non partecipavi ai riti ancestrali della famiglia. Non hai raccontato il nascondiglio del tuo malvagio maestro (padre Zhou) per proteggerlo, anche se sei stato punito […]. Hai fornito un rifugio a Zhou Wen-mo e partecipato a raduni con gente malvagia. Ti sei comportato come un cane e un maiale e hai corrotto la morale umana. Perciò meriti la morte mille volte».
Carlo Jeong Cheol-sang, inserito nel gruppo di 124 martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fanno parte anche i suoi compagni, suo padre Agostino Jeong Yak-jong e il missionario Giacomo Zhou Wen-mo), è stato beatificato da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
Gli altri suoi familiari credenti, ossia la seconda moglie di Agostino, Cecilia Yu So-sa, e i figli nati dal loro matrimonio, Elisabetta Jeong Jeong-hye (o Chong Chong-hye) e Paolo Jeong Ha-sang (o Chong Hasang), sono stati martirizzati nel 1839 e, inseriti nel primo grande gruppo dei 103 martiri coreani, canonizzati il 6 maggio 1984 da san Giovanni Paolo II.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2015-06-27

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