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Beata Faconda (Catalina) Margenat Roura Vergine e martire

26 agosto

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Gerona, Spagna, 9 settembre 1876 – Barcellona, Spagna, 26 agosto 1936

Catalina Margenat Roura entrò a diciott’anni tra le Suore di San Giuseppe di Gerona, fondate dalla Venerabile Maria Gay Tibau proprio nella sua città natale, assumendo il nome di suor Faconda. Esercitò nel silenzio e nell’umiltà i compiti specifici del suo Istituto, ossia l’assistenza degli ammalati a domicilio e negli ospedali. Nell’infuriare della guerra civile spagnola, fu catturata mentre, convalescente dopo una grave malattia, accudiva un malato in casa sua. Fu ritrovata cadavere lungo la strada che conduce all’ippodromo di Barcellona la mattina del 27 agosto 1936. È stata beatificatail 5 settembre 2015nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, insieme alle consorelle madre Fidelia (al secolo Dolores) Oller Angelats e suor Josefa Monrabal Montaner, uccise il 29 agosto 1936 a Xeresa. I suoi resti mortali sono stati seppelliti in una fossa comune del cimitero di Barcellona.



Nacque a Gerona, in Catalogna, il 9 settembre 1876. Era l’ultima dei cinque figli, tre dei quali morti in età infantile, di Domingo Margenat, militare, e Rosa Roura. Fu battezzata pochi giorni dopo la nascita presso la parrocchia di Santa Susanna del Mercatal, coi nomi di Catalina, Maria e Rosa. Ricevette la Cresima per mano del vescovo di Girona, monsignor Isidro Valls, quando aveva appena sette mesi, l’8 aprile 1877.
Trascorse un’infanzia abbastanza tranquilla: il padre, lasciato l’esercito, lavorava come contadino nei campi vicini a casa, poi fece traslocare la famiglia in un’abitazione più vicina al centro della città, così da agevolare la frequenza scolastica delle figlie.
Catalina divenne una giovane semplice e religiosa, stando a quel che si deduce dalla sua appartenenza alla confraternita dell’Addolorata. Con sua sorella Teresa, imparò dalla madre i lavori domestici.
Conosceva da tempo le Suore di San Giuseppe, fondate nella sua città da madre Maria Gay Tibau (Venerabile dal 2013), e ne ammirava la dedizione nell’assistenza ospedaliera e a domicilio degli ammalati. Tuttavia, prima che entrasse a farne parte, passò del tempo, in quanto i familiari non ritenevano sufficientemente chiara la sua vocazione.
Appena capì che quella era la sua strada, entrò come aspirante a diciott’anni, mentre il 6 marzo 1896 cominciò il noviziato. Secondo l’uso, cambiò il nome di Battesimo, assumendo quello di suor Faconda. Trascorsi gli anni prescritti, compì la prima professione l’11 aprile 1868, insieme a tre compagne di noviziato. Alcuni anni dopo, professò i voti perpetui: nel frattempo, il 3 marzo 1899, morì suo padre.
La sua prima destinazione fu la comunità di Malgrat de Mar, dove s’imbatté in suor Fidelia (al secolo Dolores)OllerAngelats. A distanza di anni, la gente del luogo ricordava ancora la sua grande carità, insieme all’umiltà e all’austerità, accentuate dalle condizioni precarie in cui versava l’ospedale dove operava. Dopo i voti perpetui, passò alla comunità di Palafrugell, distinguendosi per dedizione e attenzione agli ammalati, secondo lo spirito dell’Istituto. A Palamós, invece, trascorse gli anni fino al 1924, nuovamente fianco a fianco con suor Fidelia. In seguito fu trasferita a Sant Feliu de Guixols, lasciando un buon ricordo di sé per la discrezione e la prudenza con cui trattava i suoi pazienti.
Dal 1929 fu a Barcellona, nella comunità di calle Mallorca. Aveva ormai una certa esperienza, quindi non si perse d’animo nell’affrontare la grande città dove, tuttavia, s’iniziava a percepire uno strano sentire antireligioso. L’apostolato delle suore, tuttavia, passava quasi inosservato, in quanto era esercitato perlopiù di notte, senza distinzioni ideologiche.
Nel mezzo della sua attività, suor Faconda cominciò a notare che le forze le venivano meno: dovette essere ricoverata nella clinica di Nostra Signora del Rimedio, gestita dalle sue consorelle. Le sue condizioni erano diventate tanto gravi che fu necessario riferirle ai suoi nipoti. Tuttavia, si riebbe e tornò in comunità per la convalescenza.
Nel frattempo, la situazione a Barcellona era diventata più complicata per le numerose rivolte iniziate nel 1931 e continuate nel 1934. Suor Faconda, che ormai si era ristabilita, domandò alla superiora di poter tornare a curare gli ammalati. Per non farla affaticare e consentirle di partecipare alla vita comunitaria, le assegnò un malato che abitava nella stessa strada dove sorgeva la loro casa.
Quando rientrava, commentava con le altre suore riguardo quello che osservava nel tragitto e lo stesso facevano le altre, che sentivano parlare sempre più spesso di conventi bruciati, sacerdoti perseguitati e altri terribili eventi. Suor Faconda, che abitualmente era silenziosa, commentava: «Vorrei dare la vita perché si convertano questi assassini che vanno contro Dio e contro la Chiesa! Sorelle, preghiamo per la loro conversione».
Il 19 luglio 1936, con il sollevamento nazionale, ebbe inizio la guerra civile spagnola. A Barcellona la persecuzione fu particolarmente violenta: perciò, le suore dovettero adottare abiti secolari, presi in prestito dalle stesse famiglie dei loro ammalati, presso le quali si rifugiarono per la maggior parte. Quelle rimaste dovettero subire, nel mese di agosto, il saccheggio e l’espulsione senza poter tornare indietro. La superiora non poté quindi recuperare il libriccino dove aveva annotato i nomi e le destinazioni delle suore in visita a domicilio, inclusa suor Faconda, che, da poco reduce dall’operazione, le destava maggiori preoccupazioni.
Quanto a lei, stava curando Joaquín Morales Martí, che viveva con le figlie e le nipoti al primo piano di una casa al numero 259 di calle Mallorca. Dato che le altre donne di casa erano più giovani di lei, dovette ricevere in prestito abiti della sua taglia dalla vicina del piano superiore, Rosa Portas.
Rimase accanto al malato accudendolo, pregando, parlando con lui, senza allontanarsi mai dal suo capezzale. La sua presenza fu però scoperta dalla portinaia, che involontariamente svelò la sua identità al marito. Alcuni giorni dopo un gruppo di miliziani, con in testa il marito della portinaia, fecero irruzione nella stanza e, senza curarsi né del malato né dell’età avanzata della religiosa, la portarono via. Dato che faceva fatica a scendere le scale, la spinsero facendola cadere e causandole la frattura della mandibola, poi la caricarono in automobile. Il signor Joaquin, dopo giorni e giorni senza saper nulla della sua infermiera, si sentì abbandonato e si lasciò morire di fame.
Alle 10 di mattina del 27 agosto 1936 il cadavere di suor Faconda fu condotto all’obitorio dell’ospedale clinico di Barcellona, dopo essere stato ritrovato sulla strada dell’Ippodromo, tra il Montjuic e il mare. Dato che nessuno venne a riconoscerlo, venne seppellito in una fossa comune del cimitero di Barcellona.
La sua causa di beatificazione di suor Faconda fu unita a quella della già citata madre Fidelia, che, insieme a suor JosefaMonrabal Montaner, fu uccisa il 29 agosto 1936nei pressi di Valencia. Ottenuto il trasferimento dalla diocesi di Barcellona il 18 maggio 2001 e il nulla osta da parte della Santa Sede due settimane dopo, fu avviata l’inchiesta diocesana per tutte e tre a Valencia, durata dal 24 novembre 2001 all’11 gennaio 2003 e convalidata il 28 marzo 2003. La “Positio super martyrio” fu trasmessa alla Congregazione vaticana per le Cause dei Santi nel 2004.
A seguito del congresso peculiare dei consultori teologi, il 10 dicembre 2013, e della sessione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, papa Francesco ha firmato il 22 gennaio 2015 il decreto che riconosce madre Fidelia e compagne come martiri.La loro beatificazione si è svolta il 5 settembre 2015nella cattedrale di Santa Maria Assunta a Gerona, presieduta dal cardinal Angelo Amato come inviato del Santo Padre.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2015-09-05

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