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> Home > Sezione Servi di Dio > Serva di Dio María del Carmen Hernández Barrera Condividi su Facebook Twitter

Serva di Dio María del Carmen Hernández Barrera Iniziatrice del Cammino Neocatecumenale

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Ólvega, Spagna, 24 novembre 1930 - Madrid, Spagna, 19 luglio 2016

Una semplice laica, Carmen, che non ha mai avuto la pretesa di erigersi a santona o profetessa, ma che aveva compreso che l’unica cosa che conta nella vita è salvare gli uomini annunciandogli la verità, e cioè l’amore di Dio. Quell’amore che la colpiva e commuoveva sin da bambina mentre studiava coi gesuiti; che ha poi scoperto, a sorpresa, nella giovinezza mollando ogni progetto di vita per seguire Kiko Arguello in mezzo ai poveri. Quell’amore che da adulta ha annunciato a migliaia di ragazzi e soprattutto ragazze di ogni epoca durante le Giornate Mondiali della Gioventù e che da anziana, seppur malata, ha saputo testimoniare rimanendo a letto in preghiera. Il 19 luglio 2021 a cinque anni esatti dalla morte, è stato presentato all’arcivescovo di Madrid il “Supplex Libellus”, la richiesta di apertura della fase diocesana per la causa di beatificazione e canonizzazione. Il 4 dicembre 2022 a Madrid è stata avviata la fase diocesana della causa stessa.



Era uno spirito libero Carmen Hernández, co-iniziatrice insieme a Kiko Argüello del Cammino Neocatecumenale. Di quella libertà che vivono solo le persone che hanno incontrato Gesù Cristo nella loro vita e hanno capito che tutto il resto passa in secondo piano.
Il 19 luglio 2016 è morta a 85 anni, nella sua casa paterna di Madrid, dopo una lunga malattia che l’aveva costretta a stare a riposo per un anno e mezzo. Lei che nella sua vita non si era mai fermata, che insieme a Kiko aveva girato il mondo per annunciare il kerygma, la Buona notizia, a cominciare da quelle baracche alla periferia di Madrid dove vi si era trasferita sul finire degli anni ‘60 per portare la Parola in mezzo agli zingari, ai reietti, ai criminali.
Una strada che aveva scelto Dio per lei, come amava ripetere, visto che i suoi progetti e quelli della sua facoltosa famiglia erano ben altri. Avviata agli studi scientifici con il padre alle spalle che la spingeva ad un futuro imprenditoriale, Carmen nel suo percorso di studi volle raggiungere solo un traguardo: la licenciatura in chimica (una sorta di laurea di primo livello).
Carmen HernándezPoi decise di assecondare quel sacro fuoco missionario che bruciava nel suo cuore da quando era bambina e a Tudela, sulla riva
dell’Ebro, vedeva passare missionari gesuiti, domenicani e salesiani provenienti da ogni angolo del globo. A 15 anni espresse il desiderio di recarsi in India, creando non pochi scombussolamenti nella sua famiglia; il proposito si concretizzò qualche anno più tardi con la maggiore età quando decise di diventare missionaria cattolica e si ritirò per otto anni nell’Istituto Misioneras de Cristo Jesús, a Barcellona.
Erano gli anni ’60 e mentre i giovani della sua età sognavano la rivoluzione, lei ambiva a formare èquipe missionarie in Bolivia. Una di queste riuscì a partire e a lavorare tra gli Indios. Lei, intanto, continuava a stare in Spagna a cercare giovani che sposassero il progetto. All’epoca studiava teologia e intensificava il suo impegno religioso, ma decise di rimanere allo stato laicale. Per sostenersi lavorava in fabbrica o come donna delle pulizie.
È in quegli stessi anni, durante i quali sulla Chiesa soffiava lo Spirito del Concilio Vaticano II, che tramite sua sorella Pilàr, all’epoca volontaria in un’associazione di riabilitazione delle prostitute, viene a conoscenza di un tale Kiko Argüello, giovane pittore anch’egli di buona famiglia che aveva rinunciato ad una promettente carriera per andare con una Bibbia, una chitarra e i fioretti di San Francesco tra i poveri di Palomeras Altas.
Una follia, che tuttavia a Carmen sembrò molto più concreta come servizio alla Chiesa di tanti suoi progetti. Decise allora di seguire questo strano uomo con la barba e andò ad abitare in una baracca a mezzo chilometro da lui pensando, in fondo in fondo, di aver trovato un elemento valido per la sua missione in Bolivia. Ma quando Carmen conobbe la comunità di Palomeras – raccontava lei stessa – ebbe una grande sorpresa: scoprì, cioè, che la Chiesa non era composta da gente scelta ma da poveri e peccatori, perché era lì che Gesù Cristo si rendeva presente.
Il resto è storia conosciuta da tutti: le prime comunità formate dagli zingari, il trasferimento a Roma nel Borghetto latino, l’evangelizzazione nelle parrocchie di tutto il mondo, l’elaborazione di quelle catechesi iniziali a cui lei diede il contributo maggiore grazie ai suoi studi teologici e che, anche per la sua tenacia, furono approvate dopo tanto tempo dalla Santa Sede con il nome di “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”. Catechesi che negli anni hanno avvicinato milioni di persone alla Chiesa attraverso quello che lei non voleva che venisse definito “movimento”, tantomeno associazione o congregazione, ma una realtà ecclesiale frutto del rinnovamento del Concilio.
Il Cammino, si sa, conta oggi grandi numeri tra circa 30mila comunità in 125 paesi, migliaia di vocazioni e un centinaio di seminari, ma Carmen non amava sentirlo dire. Si è sempre distaccata da trionfalismi e vanaglorie o da riconoscimenti pubblici come il dottorato in teologia honoris causa che la Catholic University of America di Washington aveva concesso a lei e Kiko il 16 maggio del 2015.
Ciò che cercava Carmen era il bene delle persone, e questo implicava anche un modo schietto di dire la verità così com’era, nuda e cruda. A cominciare da Kiko. Non si dimenticano infatti i suoi rimbrotti divenuti una scena imperdibile degli incontri vocazionali, quando dopo catechesi appassionate di Argüello, di fronte a folle oceaniche, si alzava in piedi e con l’inconfondibile accento madrileño diceva: “Io dico sempre a Kiko che l’inferno è pieno di predicatori come lui!”. O quando, durante le celebrazioni nel 2009 per i 40 anni del Cammino Neocatecumenale nella Basilica di San Pietro, durante un discorso interminabile, a Kiko che cercava di farla abbreviare urlò in spagnolo: “Fai silenzio, parlo al Papa!”, strappando un sorriso anche a Benedetto XVI.
Come dimenticare, poi, i suoi incoraggiamenti alle vocazioni femminili o le parole sull’importanza del ruolo della donna “fabbrica della vita” per la Chiesa, per la famiglia e per la società. “Per questo – ripeteva continuamente – dalla prima pagina della Genesi fino al finale dell’Apocalisse il demonio perseguita sempre una donna”.
Di lei Kiko fa un ricordo commosso: “Carmen, che enorme aiuto al Cammino! Non mi ha mai adulato, ha pensato sempre al bene della Chiesa. Che donna forte!”, scrive in una lettera. “Spero di morire presto e di ricongiungermi a lei. Carmen è stata per me un evento meraviglioso” con “il suo genio grande, il suo carisma, il suo amore al Papa e soprattutto il suo amore alla Chiesa”. “È stato commovente – prosegue Kiko – che ha aspettato che io arrivassi, l’ho baciata e le ho detto: Animo! Coraggio! E dopo averle dato un besito è morta”.

Fonte: Zenit

 


 

La vita, la testimonianza, il suo amore per la Chiesa
Maria del Carmen Hernández Barrera nasce a Olvega, Navarra, in Spagna, il 24 novembre 1930. Ha passato l’infanzia con la famiglia a Tudela: il padre, Antonio Hernández, è stato il fondatore della società Herba, una delle industrie del riso più importanti della Spagna.

L'impronta missionaria ricevuta dai Gesuiti
Carmen frequentò la scuola dei Gesuiti a Xavier, ricevendo un’impronta missionaria che caratterizzerà tutta la sua vita. Per desiderio del padre, iniziò gli studi di chimica all’Università di Madrid e, dopo la laurea, lavorò per un periodo nell’industria di famiglia. Ma presto, lasciò questo per ritrovare la sua vocazione missionaria giovanile.

L'esperienza in un Istituto femminile
Entrò in un istituto femminile, sorto da poco: “Le Missionarie di Cristo Gesù”, per coronare il suo sogno. Per prepararsi alla missione in India, si recò in Inghilterra per apprendere l’inglese. Erano gli anni ’60 e, con l’inizio del Concilio, anche il suo Istituto entrò in crisi, ponendosi su due binari diversi: da una parte chi voleva restare fedele all’idea originaria della missione e dall’altra chi voleva orientarsi verso una vita religiosa più “normale”.

Gli studi di liturgia e l'incontro con la Terra Santa
L’incontro con alcuni studiosi di liturgia (mons. Pedro Farnes Sherer, professore all’Istituto Liturgico di Parigi, Dom Botte, L. Bouyer, ecc.), che stavano mettendo in atto un profondo rinnovamento conciliare, riscoprendo l’eucaristia, la centralità della Pasqua, l’importanza della catechesi, la necessità di una iniziazione cristiana nelle parrocchie, orientarono Carmen verso il mondo ebraico e verso la parola di Dio. Passò due anni in Israele, visitando tutti i luoghi sacri, con la scrittura in mano, meditando e pregando.

L'incontro con Kiko
Con questo profondo e ricco bagaglio, tornò a Madrid alla ricerca di alcuni giovani che potessero unirsi a lei in un progetto di evangelizzazione che voleva avviare concretamente in Bolivia, per aver conosciuto un vescovo disposto ad accogliere questa esperienza. Non vuole rientrare nell’ambiente familiare e va a vivere tra i baraccati di Palomeras Altas, alla periferia di Madrid. Qui si incontra con Kiko Argüello, un giovane di buona famiglia, anch’egli alla ricerca di un’esperienza di vita cristiana più autentica. Non pensa ad un lavoro sociale, ma piuttosto – ispirandosi a Charles de Foucauld – ad una presenza di povero tra i poveri, certo della parola di san Giovanni XXIII che la salvezza della Chiesa sarebbe venuta attraverso i poveri.

Il fascino della comunità cristiana tra i poveri di Palomeras
E qui, tra questi poveri, zingari, quiquies, ex prostitute, handicappati…, si venne formando una comunità cristiana, così radicale, così semplice e sincera, così povera ed evangelica che quando Carmen la incontrò ne rimase affascinata. L’evangelizzazione lasciava di essere una teoria teologica o un progetto pastorale da mettere in atto: era una comunità cristiana. Nel dialogo con quella povera gente nasce a poco a poco una nuova sintesi teologico-catechetica che non solo tocca la vita delle persone, ma la va cambiando, trasformando poco a poco in una novità: nasce una preghiera sincera, la comunione tra persone socialmente e intellettualmente “incapaci” di questo, si aprono con entusiasmo all’evangelizzazione.

La nascita di un catecumenato post-battesimale
Carmen ne è affascinata. Dalla periferia di Madrid, inizia l’annuncio nelle parrocchie, dalla Spagna si passa in Italia: l’azione si va organizzando come un vero e proprio catecumenato post-battesimale. Al fascino catechetico di Kiko (che parla con forza e canta e scruta la scrittura e forma comunità…), Carmen offre una solida base teologica e liturgica, un amore alla Chiesa, ed al Papa in particolare, davvero ammirevoli, specie in un tempo tanto critico contro tutte le istituzioni.

Sempre in difesa della donna
È sempre attenta alla condizione della donna, di cui prende spesso le difese con originalità e profondità… Famosi i suoi interventi durante le Gmg a difesa della donna, contro gli attacchi che il demonio che dal Genesi all’Apocalisse la attacca, proprio perché ella ha la fabbrica della vita nel suo seno.

La profondità delle sue catechesi
Le sue catechesi, semplici ma profonde, coinvolgono spesso il cosmo stesso, strappando l’uomo dalla meschinità della sua vita sedentaria e lanciandolo dentro un ritmo ed un movimento che stanno alla base della sua visione pasquale della creazione e della salvezza.

Il suo ruolo nella redazione dello Statuto del Cammino approvato dalla Santa Sede
Il Cammino Neocatecumenale non sarebbe ciò che esso è senza la presenza intelligente e creatrice di Carmen. Ha partecipato alla redazione dello Statuto del Cammino, dando un contributo fondamentale davanti a difficoltà e dubbi ed ha gioito quando nel 2011 ha visto la sintesi catechetica, che con Kiko ed i poveri, aveva contribuito a mettere insieme, è stata approvata dalla Santa Sede, come “Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale”.

Ha sempre rifiutato riconoscimenti ufficiali
Schiva di ogni adulazione e di ogni onorificenza, si rifiutò sempre di ricevere riconoscimenti particolari. Solo nel 2015 accettò il Dottorato Honoris Causa in Sacra Teologia, in riconoscimento del suo immenso contributo alla formazione cristiana in tutto il mondo, conferitole dalla Catholic University of America di Washington, l’unica università Pontificia negli Stati Uniti.

Una donna dal carattere schietto e dal linguaggio diretto
Ha partecipato sino alla fine, anche quando era ormai già molto malata, in modo eroico all’evangelizzazione. Un tratto che rivela l’anima di questa donna eccezionale, dal carattere e dal linguaggio diretto, mai doppio, mai ipocrita – e per questo spesso quasi temuta – è quanto ha confessato una volta a Kiko: “Vedi, Kiko, io spesso passo da scorbutica e da impertinente davanti a vescovi e cardinali, ma lo faccio perché essi accettino te”!

Il ricordo di Kiko
Per questo Kiko, dando l’annuncio della sua morte, ha detto: “Carmen, che grande aiuto per il Cammino! Mai mi ha adulato, sempre pensando al bene della Chiesa. Che donna forte! Non ho mai conosciuto nessuno come lei”. E ancora diceva: “Carmen è stata per me un avvenimento meraviglioso: la donna, il suo genio grande, il suo carisma, il suo amore per il Papa e, soprattutto, il suo amore per la Chiesa”.


Autore:
Don Ezechiele Pasotti


Fonte:
Radio Vaticana

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Aggiunto/modificato il 2023-04-11

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