Infanzia e famiglia
Josefa Saturnina Rodríguez nacque a Córdoba in Argentina il 27 novembre 1823, terzogenita di Hilario Rodríguez Orduña e Catalina Montenegro y Olmos, provenienti da famiglie benestanti. I genitori la portarono al fonte battesimale della cattedrale di Córdoba il giorno stesso della nascita. Prima di lei, erano nate altre due figlie: Elizarda Leonarda, che visse appena diciassette mesi, e María de la Expectación, che alla Cresima cambiò il nome di Battesimo in Estaurofila.
Poco dopo la nascita dell’ultima bambina, la signora Catalina morì, ad appena 23 anni. Sul letto di morte, supplicò il suo sposo che, se si fosse risposato, non avrebbe dovuto separare le loro figlie; Saturnina, com’era chiamata comunemente, aveva tra i due e i tre anni.
Il padre, non volendo risposarsi, affidò le bambine a una sua zia, Teresa Orduña vedova Del Signo, di 66 anni. La donna aveva accolto in casa insieme al marito Juan una ragazza, Eustaquia: fu lei a prendersi cura delle orfane, che la chiamavano “mammina”. Alla morte della signora Teresa, la sua famiglia si fuse con quella delle altre tre sorelle di lei, Ignacia, Luisa e Catalina Orduña.
Un’istruzione sommaria
Saturnina crebbe in un ambiente profondamente religioso, segnato da devozioni come quelle verso il Natale e il Nome di Maria. Le sue parenti e “mammina” Eustaquia, inoltre, si erano dedicate a ripristinare l’opera degli Esercizi Spirituali ignaziani, venuta meno dopo la cacciata dei Gesuiti dal territorio sudamericano per ordine di re Carlo III di Spagna, nel 1767.
Se la sua formazione religiosa era molto buona, quella culturale non lo era quasi per nulla. Secondo l’uso dell’epoca, infatti le figlie femmine delle famiglie aristocratiche imparavano a leggere, a scrivere e a svolgere i lavori domestici, così da prepararsi a essere buone madri e donne di casa.
La vocazione
Non è dato di sapere quando Saturnina ricevette la Prima Comunione e la Cresima, ma il fatto più importante della sua vita da credente avvenne quando era sulla soglia della giovinezza, grazie al ritorno dei Gesuiti a Córdoba, nel 1838.
Due anni dopo, la diciassettenne Saturnina seguì un corso di Esercizi Spirituali, predicati da padre Fermin Moreno, nella casa fatta costruire allo scopo nella sua città. Per lei fu un’esperienza sconvolgente: si sentì come Mosè, meravigliata che Dio potesse parlare proprio con lei.
Fu da allora che cominciò a sentire in sé il desiderio di farsi religiosa, che in verità avvertiva sin da bambina, ma non aveva mai preso sul serio. Per questa ragione, rifiutò la proposta di matrimonio che le venne da un cugino, Manuel Derqui. Continuò a frequentare i Gesuiti per la direzione spirituale, finché essi non furono nuovamente espulsi a causa dei contrasti con il governatore della provincia di Buenos Aires, Juan Manuel de Rosas.
Il matrimonio con Manuel Antonio Zavalía
Casa Orduña era frequentata in quel periodo da Manuel Antonio Zavalía, colonnello dell’Esercito, che verso il 1850 era rimasto vedovo: la moglie, Josefa Machado. L’aveva lasciato con due figli, Benito e Deidamia. L’uomo posò gli occhi su Saturnina, ma lei lo respinse.
Cercò in tutti i modi di convincerla e, alla fine, decise di fare ricorso a padre Tiburcio Lopez, cappellano della chiesa della Madonna del Pilar e confessore della ragazza. A sua volta, il sacerdote la mise di fronte al fatto che, se non avesse acconsentito, avrebbe rovinato l’anima dello spasimante. Saturnina, messa alle strette, ubbidì al direttore spirituale, ma cadde svenuta ai suoi piedi.
Il matrimonio fu celebrato il 13 agosto 1852. Col tempo, Saturnina imparò ad accettare la sua nuova condizione come parte del volere di Dio su di lei. Tuttavia, continuava a nutrire una sorta d’invidia verso chi abbracciava la vita religiosa.
Voleva bene ai figliastri e a Manuel, il quale spesso aveva scatti di collera: lei, invece, era di carattere pacifico e riusciva a placarlo. Da lui ebbe una bambina, che morì prima di nascere; lei stessa rischiò la vita durante la gravidanza.
Vedova
Intorno al 1860, la famiglia Zavalía si trasferì a Paraná, dove rimase due anni. Tornata a Córdoba, Saturnina assunse come nuovo direttore spirituale un giovane sacerdote, David Luque, che era stato costretto a lasciare il noviziato dei Gesuiti per la seconda espulsione dall’Argentina, ma era rimasto loro ammiratore.
Nel 1865, però, il colonnello Zavalía si ammalò gravemente, mentre visitava un possedimento della sua prima moglie nella località di El Tío. Saturnina corse subito da lui, ma quando arrivò, il 30 marzo, era troppo tardi: suo marito era deceduto.
Riaffiorano le aspirazioni alla vita religiosa
Saturnina pianse la morte del suo sposo, soprattutto perché era preoccupata della sua salvezza eterna, poiché era morto improvvisamente. Moltiplicò le preghiere e i suffragi per lui, mentre intensificava in pari tempo il suo apostolato nella preparazione degli Esercizi Spirituali.
Riaffiorò anche il suo antico desiderio di farsi religiosa e lo manifestò al direttore spirituale, che commentò: «Me lo aspettavo». Il sacerdote le insegnò come darsi un metodo di vita, con orari fissi per la preghiera, sia in casa che in chiesa, e un giorno al mese di ritiro.
Tentativi falliti
Le suggerì poi di bussare alla porta del monastero delle Domenicane a Buenos Aires, perché immaginava che a Cordova non sarebbe stata mai accolta per tre ragioni: il suo stato di vedovanza, la sua età (aveva superato i quarant’anni) e la sua salute cagionevole.
Padre Félix María Del Val, un gesuita, si occupò delle pratiche per l’ingresso, ma Saturnina non si sentiva a suo agio nella vita contemplativa, pur amando stare ritirata. Così non rimase delusa quando le monache le dissero che non avevano mai accolto vedove né erano intenzionate a farlo.
Padre Del Val le suggerì quindi di provare dalle Visitandine: loro accoglievano di certo le vedove. Quella volta fu Saturnina a rispondergli negativamente: nella sua mente e nel suo cuore, infatti, si era fatto strada un progetto diverso.
Il “sogno dorato” di Saturnina
Il 15 settembre 1865, mentre stava andando a pregare nel monastero delle Domenicane, Saturnina ebbe un’intuizione, rafforzata da una visione: avrebbe dovuto fondare una comunità femminile che, con lo spirito stesso dei Gesuiti, si dedicasse alla cura degli Esercizi spirituali e all’educazione dei bambini, ma anche delle ragazze. Quel pensiero non l’abbandonò più, neanche quando si trovò davanti al Santissimo Sacramento esposto nella chiesa di Santa Caterina da Siena, annessa al monastero.
Quello che in seguito chiamò il suo “sogno dorato” iniziò a prendere corpo quasi subito, anche se i lavori per la nuova casa per gli Esercizi, che lei desiderava, si protrassero a lungo. Non mancarono anche le umiliazioni, anche da parte del direttore spirituale, che poi si ricredette.
Così, il 29 settembre 1872, don David Luque inaugurò la prima sede della comunità, in una casa presa in affitto: era formata da Saturnina e da altre quattro compagne. Il 7 ottobre successivo distribuì gli incarichi tra di esse: Saturnina fu nominata sacrestana.
Nell’aprile dell’anno seguente la comunità traslocò e furono fatte nuove nomine: Saturnina divenne superiora. Con l’occasione, lei e compagne iniziarono a vestire una divisa, sulla quale spiccava un tondo con l’immagine del Cuore di Gesù e il nome della comunità: Esclavas del Corazón de Jesús (“Ancelle del Cuore di Gesù”). Erano la prima congregazione di vita attiva sorta in Argentina.
La professione religiosa
Saturnina e le altre cominciarono il loro servizio: la domenica insegnavano il catechismo ai bambini, mentre la gente del quartiere partecipava alla Messa nella loro cappella. Accolsero anche alcune allieve interne gratuitamente, per via della loro povertà.
Quando il sacerdote Juan Martín Yániz, in seguito primo vescovo di Santiago del Estero, offrì alla comunità la casa degli Esercizi di cui si era occupato, ampliata e coi mezzi necessari per garantire la sussistenza, ci fu un nuovo trasloco.
La casa arrivò a ospitare più di quattrocento esercitanti per corso, che dovettero essere divisi almeno per la mensa. Saturnina, ormai considerata la fondatrice della comunità, era la prima nei servizi più umili: apparecchiava, sparecchiava, lavava i piatti.
Intanto si andava costruendo un’abitazione più consona a quelle che, di fatto, erano suore, pur senza la professione religiosa. Nel marzo 1875, le suore si trasferirono nella Casa madre, nel Barrio General Paz. L’8 dicembre 1875 fu inaugurato il primo noviziato e le prime dieci suore professarono i voti religiosi. Con loro c’era anche Saturnina, che cambiò nome in suor Caterina di Maria: il suo “sogno dorato” si era fatto realtà.
L’amicizia con san José Gabriel del Rosario Brochero
L’opera degli Esercizi era portata avanti nelle vicinanze di Córdoba anche da un sacerdote, don José Gabriel del Rosario Brochero (canonizzato nel 2016). Per le popolazioni delle Sierras Grandes aveva fatto costruire una casa di Esercizi nella sua parrocchia di Villa del Tránsito, ma desiderava darle una stabilità anche dopo la sua scomparsa. Per questo motivo, pensò di far arrivare una comunità di suore che, oltre a condurre gli Esercizi, gestissero anche una scuola per bambine.
Era amico di don Luque e del gesuita padre José María Bustamante, che aveva collaborato alla fondazione delle Ancelle del Cuore di Gesù: tramite loro, prese contatto con suor Caterina, ormai madre fondatrice, scrivendole d’inviargli qualcuna delle sue figlie. In sedici, a dorso di cavallo o di mulo, attraversarono le montagne e, dopo due giorni di viaggio, arrivarono a Villa del Tránsito il 1° febbraio 1880.
L’espansione della congregazione
La comunità di Villa del Tránsito fu seguita dalla prima al di fuori della provincia di Córdoba, quella di Santiago del Estero. Vennero poi quelle di Rivadavia, San Juan, Tucumán. La gioia per l’apertura delle nuove case fu accompagnata, tuttavia, dalla morte di don Luque, l’11 agosto 1892.
L’anno successivo, di ritorno da un pellegrinaggio a Roma per il 50° di ordinazione episcopale di papa Leone XIII, madre Caterina ricevette un messaggio da monsignor Federico Aneiros, arcivescovo di Buenos Aires, che l’invitava a fondare una casa anche lì. Ci furono opposizioni da parte di uomini e donne di ceto sociale elevato, che mal sopportavano l’arrivo di una congregazione “provinciale”, ma alla fine la scuola fu inaugurata.
Madre Caterina alle sue figlie
In tutta la sua vita, madre Caterina fu mossa da due passioni: quella per il Cuore di Gesù, che chiamava «il nostro Sposo», e quella per l’umanità. Il suo desiderio più grande era che le sue figlie spirituali acquisissero solide virtù e imparassero a correggersi anche dai più minimi difetti, come lei stessa aveva appreso.
A una suora che soffriva per una contrarietà scrisse, il 15 gennaio 1880: «Sarebbe una vergogna che una sposa di Cristo si piegasse alle cose vili del mondo, dopo essersi affidata e asservita al Sacro Cuore di Gesù. Non sia mai che ci accada come alle vergini stolte, che non ebbero olio quando arrivò lo sposo».
La morte
Nel corso della Settimana Santa del 1896, la salute di madre Caterina ebbe un tracollo. Dopo le funzioni del Giovedì Santo, padre Juan Cherta, superiore dei Gesuiti di Córdoba e direttore ecclesiastico delle Ancelle del Cuore di Gesù, andò da lei e ascoltò la sua confessione.
La fondatrice rimase lucida e serena anche in quei suoi ultimi istanti. Si preoccupò per i medici che le prestavano servizio, facendo servire loro del caffè e ricompensandoli con degli scudi del Sacro Cuore (dei bollini con l’immagine del Cuore di Gesù e la frase «Fermati! Il Cuore di Gesù è con me!»). Il 4 aprile, Sabato Santo, ricevette gli ultimi Sacramenti e lasciò il suo testamento spirituale alle suore: «Vi raccomando la pace, l’obbedienza e la santa carità».
Il giorno di Pasqua, infine, ordinò che si distribuisse del cioccolato alle suore: dovevano stare allegre, dato che era quella solennità. Si spense quindi alle 8 di sera di quel 5 aprile 1896. I suoi resti mortali furono sepolti nel coro della cappella della Casa madre delle Ancelle del Cuore di Gesù.
Fama di santità e causa di beatificazione
La fama di santità di madre Caterina si diffuse presto dovunque le Ancelle del Cuore di Gesù avessero scuole e comunità. A partire dal 1931 si svolsero le prime operazioni per l’inizio della causa di beatificazione, con l’organizzazione di una commissione apposita.
Il processo informativo diocesano cominciò il 1° settembre 1941 a Córdoba e, per vari motivi, si protrasse fino al 1954. Fu integrato da un’inchiesta rogatoriale nella diocesi di Buenos Aires, svolta nel corso del 1952. Il 15 giugno 1960 si ebbe il decreto sugli scritti.
La lavorazione della “Positio super virtutibus” comportò la raccolta di ulteriori documenti e l’adeguamento alle nuove normative contenute nella Costituzione apostolica “Divinus Perfectionis Magister”. I due volumi stampati furono consegnati nel 1990 alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Il 12 dicembre 1995 la “Positio” passò all’esame dei Consultori storici della Congregazione, quindi, il 24 gennaio 1997, ai Consultori teologi, che diedero parere positivo. Seguì la riunione dei Cardinali e dei Vescovi membri del medesimo dicastero vaticano, il 6 ottobre successivo.
Infine, il 18 dicembre 1997, il Papa san Giovanni Paolo II autorizzò la promulgazione del decreto con cui madre Caterina di Maria Rodríguez veniva dichiarata Venerabile.
Il miracolo e la beatificazione
Come potenziale miracolo per ottenere la beatificazione è stato preso in esame il caso di Sofia Acosta, di Tucumán. Il 22 aprile 1997 fu trovata accasciata sul pavimento della cucina di casa sua, mentre preparava la cena. Portata in ospedale, le fu riscontrato un arresto cardiocircolatorio.
Mentre i medici cercavano di rianimarla solo per accontentare i familiari, Eugenia, sua figlia, invocò madre Caterina di Maria: era infatti insegnante di Inglese nella scuola delle Ancelle del Cuore di Gesù a Tucumán. Qualche istante più tardi, il medico annunciò che la paziente si era ripresa, ma rischiava seri danni cerebrali perché il sangue e l’ossigeno non erano affluiti al cervello per oltre quaranta minuti.
Eugenia continuò a pregare insieme a tutte le bambine della scuola e, in più, collocò sotto il cuscino della signora Sofia un santino con una reliquia “ex indumentis” di madre Caterina. Non passò molto tempo: la donna si riprese del tutto e non ebbe alcun danno.
Il processo diocesano sull’asserito miracolo fu quindi celebrato nella diocesi di Tucumán dal 16 agosto 2012 al 27 novembre dello stesso anno. Il 25 ottobre 2013 gli atti dell’inchiesta ottennero il decreto di convalida.
La Commissione Medica della Congregazione delle Cause dei Santi si pronunciò favorevolmente circa l’inspiegabilità scientifica dell’accaduto il 17 luglio 2016. Il 19 gennaio 2017 i Consultori teologi confermarono il nesso tra la presunta guarigione e l’intercessione di madre Caterina. Dopo che anche i Cardinali e i Vescovi della Congregazione ebbero dato il loro giudizio positivo il 25 aprile 2017, papa Francesco ha autorizzato, il 4 maggio 2017, la promulgazione del decreto con cui la guarigione di Sofia Acosta poteva essere dichiarata miracolosa e ottenuta grazie a madre Caterina di Maria.
La beatificazione della fondatrice delle Ancelle del Cuore di Gesù è stata celebrata presso il Centro Civico di Córdoba il 25 novembre 2017. A presiedere il rito, il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Angelo Amato, come delegato del Santo Padre.
Le Suore Ancelle del Cuore di Gesù oggi
Le Suore Ancelle del Cuore di Gesù di Córdoba, note anche come “Esclavas Argentinas”, hanno ottenuto il primo riconoscimento pontificio con il Breve Laudatorio del 31 luglio 1892; cinque anni dopo, nel 1907, arrivò l’approvazione definitiva.
La maggior parte delle comunità è in Argentina, dove ha anche sede la Casa madre. Contano presenze anche in Spagna, Benin e Cile. Il loro compito è lo stesso delle origini: educazione della gioventù, accoglienza delle bambine a rischio e formazione spirituale, tramite gli Esercizi Spirituali e lo spirito di riparazione al Sacro Cuore di Gesù.
Autore: Emilia Flocchini
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