Michele Maurizio Nota nacque il 12 gennaio 1888 a Lusernetta (Torino), era un operaio laniero di 33 anni quando decise di consacrare tutto se stesso alla preghiera, nel silenzio di una certosa. Il 23 febbraio 1921 prese l’abito alla Farneta come fratello laico certosino. Fece la sua donazione il 18 marzo 1923, la professione solenne il 19 marzo 1932. Uomo semplice e pratico, per i confratelli svolse il ruolo di fabbro, di elettricista ed ebbe anche l’importante compito di addetto alla portineria. Fra Michele fu, per anni, il tramite tra la clausura della certosa e il mondo esterno. Negli anni della Guerra il suo compito divenneancora più importante, quando aumentarono le richieste di aiuto dagli abitanti della zona, anche per mangiare. Vennero inoltre accolti, in maniera legale, più di cinquanta bambini provenienti dal Rifugio Carlo Del Prete, un istituto lucchese per l’infanzia abbandonata.
Al portone della Certosa bussarono anche perseguitati politici, partigiani, ebrei, in cerca di aiuto, persino ex fascisti accusati di essere disertori. I certosini accolsero quanti poterono, contravvenendo alla Regola, per salvare i loro «fratelli in Cristo».Si cominciò col nasconderli nelle case coloniche esterne di proprietà della Certosa, poi alcuni vennero addirittura rivestivi dell’abito monacale e ospitati nella clausura. I certosini accolsero tra le loro mura un centinaio di persone, un numero probabilmente imprudente.Bussavano al portone però anche i soldati tedeschi della vicina Divisione 16ª SS-Panzergrenadier, i quali stabilirono un rapporto di collaborazione con i monaci che conoscevano il tedesco. Alcuni frequentavano le funzioni religiose. Quei soldati diventeranno i carnefici di fra Michele e dei suoi confratelli.
Nella notte tra il 1° e il 2 settembre 1944 si presentò all’ingresso della Certosa un sergente tedesco molto conosciuto dai superiori, disse a fra’ Michele che aveva una lettera per il padre maestro. I monaci erano in Coro per cantare il Mattutino e fra Michele lo pregò di aspettare, ma il sergente rispose che aveva fretta. Quando il buon frate aprì il portone, una squadra di soldati, che era in disparte, con violenza fece irruzione in convento. Fra Michele fu rinchiuso in portineria, mentre nel chiostro piccolo venne piazzata una mitragliatrice. Cominciò così la tragedia. I militari invasero ogni spazio del monastero, usando violenza con ogni persona che incontravano. Fu assediata la foresteria, bloccate le celle e catturati tutti gli ospiti. Furono tenuti prigionieri fino all’alba presso la portineria, l’indomani mattina un primo gruppo, con il priore dom Martino, fu trasferito con un camion coperto a Nocchi, nel capannone di un vecchio frantoio. Vennero poi raggiunti, la sera stessa, dai restanti prigionieri: 34 monaci e i loro ospiti. Quel luogo fu teatro di violenza, ma nel contempo prese forma una comunità monastica. I certosini vissero una sorta di liturgia della Passione: spogliati dell’abito, umiliati e picchiati. I sacerdoti si confessarono e benedissero a vicenda, come fecero con gli altri prigionieri. Il cibo scarsissimo, niente acqua per lavarsi, poca anche per bere.Il 3 settembre i nazisti uccisero due dipendenti della Certosanella vicina Orbicciano.La fucilazione più numerosa avvenne il 4 settembre a Pioppetti, una trentina di persone, tra civili arrestati alla certosa e arrestati in zona. La mattina del 6 settembre i certosini vennero divisi in due scaglioni. Un primo gruppo fu condotto verso Massa, costretto il giorno seguente aun lungo percorso a piedi. Il priore Martino Binz e l’ex vescovo venezuelano Bernaro Montes de Oca opposero resistenza e vennero uccisi a colpi di mitraglia presso l’abitato di Nocchi. Altri dieci monaci vennero ritenuti cospiratori e responsabili dell’accoglienza, fra questi il portinaio frate Michele e frate Giorgio Maritano, anch’egli piemontese. Il 10 settembre, nei pressi del torrente Frigido, sulla strada che sale alle Terme di San Carlo, furono uccisi. Fra Michele Nota aveva sedici anni di professione religiosa.
Autore: Daniele Bolognini
|