Giorgio Maritano nacque il 12 dicembre 1882 in un piccolo paese non distante da Torino, Casellette. Ebbe la “chiamata” all’età di 48 anni, per questo motivo lasciò i panni di contadino e indossò il saiocertosino. Il 31 dicembre 1932 fece la sua donazione nella Certosa di Farneta, il 6 gennaio 1939 la professione temporanea, il 6 gennaio 1942 professò solennemente. In comunità svolse, in particolare, il compito di lavandaio.
I tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale sconvolsero anche le giornate tranquille della Certosa e portarono alla decisione di derogare alla Regola che vieta l’accesso entro le mura del cenobio agli estranei. Si decise di accogliere e salvare perseguitati politici, partigiani ed ebrei, ex fascisti, senza distinzioni, in tutti si vide il “fratello in Cristo”. Anche fra’ Giorgio accolse quei “fratelli” perseguitati. Damesi venivano ospitati fuggitivi nelle case coloniche esterne di proprietà dei religiosi, alcuni vennero poi addirittura rivestivi dell’abito e ammessi dentro la clausura. Nell’estate 1944 i certosini arrivarono ad accogliere un centinaio di persone, troppe per passare inosservate. Erano pienamente consapevoli dei rischi, non distante era stanziato un reparto della 16°divisione “Reichsführer SS”. Spesso i soldati bussavano alla porta del convento per chiedere del cibo, alcuni frequentavano le funzioni religiose.Il debole equilibrio ebbe fine nella notte tra il 1° ed il 2 settembre 1944, quando bussò al portone un sergente che ben conosceva l’anziano fratello portinaio Michele. Facilmente riuscì a fare irruzione inconvento insieme ad altri soldati, imonaci vennero sorpresi nel Coro dove cantavano il Mattutino. Nel chiostro piccolo piazzarono una mitragliatrice, per tenere sotto mira le persone che venivano rastrellate. I tedeschi fecero violenta irruzione in ogni angolo del vasto edificio, arrestarono sia i religiosi, che i tanti civili ospitati. Tutti furono tenuti presso la portineria, poi l’indomani mattina un primo gruppo, con il priore dom Martino Binz, fu trasferito con un camion a Nocchi, nel capannone di un vecchio frantoio. La sera stessa furono raggiunti dai restanti prigionieri: in tutto 34 monaci e molti civili. Vennero accolti con calci e grida, i monaci sottoposti a sevizie. Il cibo scarsissimo, niente acqua per lavarsi, poca anche da bere.
Il 3 settembre i nazisti fucilarono nella vicina Orbicciano due dipendenti della Certosa. L’esecuzione più numerosa avvenne il giorno seguente a Pioppetti, circa una trentina di persone, tra civili arrestati al convento e rastrellati nella zona. Il capannone di Nocchi, per alcuni giorni,fu teatro di efferate violenze, ma prese anche forma una comunità monastica. I certosini vissero la spoliazione dell’abito, umiliazionie percosse come una sorta di liturgia della Passione. I sacerdoti si confessarono e si benedissero a vicenda, come pure consolarono i compagni di prigionia. La mattina del 6 settembre vennero divisi in due gruppi. Il primo fu condotto verso Massa e il giorno seguente costretto ad affrontare un lungo percorso a piedi. Il priore Martino Binz e l’ex vescovo venezuelano Bernardo Montes de Oca si opposero e vennero uccisi a colpi di mitraglia.Il tragico destino di altri dieci certosini si compì il 10 settembre, era una domenica. Furono ritenuti cospiratori e responsabili dell’accoglienza e condotti nei pressi del torrente Frigido, insieme ad alcuni civili. Venero fucilati, i loro corpi lasciati esposti sul luogo dell’esecuzione. Tra questi fra Giorgio Maritano, professo da sei anni, e l’altro piemontese, Michele Nota, uccisi lungo la strada per San Carlo Terme. Nel 2001 ai Martiri di Farneta è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Civile.
Autore: Daniele Bolognini
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