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Sant' Onofrio (Antonij Maksimovic Gagaljuk) Vescovo e martire

(Chiese Orientali)

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2 aprile 1889 - 17 marzo 1938


Il vescovo Onufrij (al secolo Antonij Maksimovic Gagaljuk) nacque il 2 aprile 1889 nel villaggio Posad - Opole, governatorato di Lublino. Studià prima nel seminario teologico di Cholm e poi all’Accademia teologica di San Pietroburgo. Il 5 ottobre 1913, ancora studente della Accademia si fa monaco e prende di nome di Antonij. L’11 ottobre viene ordinato sacerdote e, terminati gli nel 1915 destinato come docente di storia in un monastero di Cherson., dove rimane fino all’inizio della guerra civile quando il monastero è occupato ed i monaci dispersi. Padre Onufrij ripara nella città di Borislav dove gli viene affidata la parrocchia della Dormizione della Vergine. Nel 1922 passa a Krivoj Rog come parroco della chiesa di S. Nicola.
Il 4 febbraio 1923 padre Onfrij è consacrato vescovo e nominato ordinario della diocesi di Cherson - Odessa. La situazione in diocesi, come del resto in tutta la Russia, era particolarmente drammatica; non soltanto per la persecuzione da parte dei comunisti, ma anche per la presenza degli ‘innovatori’ che, appoggiati dal potere rosso, rendevano la vita difficile ai sacerdoti e ai vescovi che non aderiscono al loro scisma. Il vescovo Onufrij ancor ‘fresco di ordinazione’, era trascorso poco più di un mese, viene interrogato da un delegato del partito comunista su quale fosse “il suo orientamento” a proposito degli innovatori. Egli risponde francamente che non aveva avuto e non voleva avere nessun rapporto con gli eretici e gli scismatici. Il giorno dopo è arrestato e imprigionato prima a Elisabetgrad e poi a Odessa.
In seguito, ricordando il tempo passato il vescovo Onufrij scriverà: “Non è passato molto temo, ma ho sperimentato molto. Sono vescovo da appena due anni, e sei mesi li ho trascorsi in prigione: La mia compagnia erano ladri ed assassini, ma questo non mi turbava: serviva alla mia umiltà. Ricordavo i miei peccati, volontari e non volontari ed ero lieto che il Signore mi concedesse di bere il calice della sofferenza in espiazione delle mie mancanze. Per un certo periodo ero con dieci rapinatori, condannati a morte. Quando, in tempi diversi, venivano portati alla fucilazione, mi chiedevano di pregare per loro ed io pregavo; venivano giustiziati nel garage a pochi passi dalla mia cella, ed anche oggi costantemente prego per i miei compagni di cella. Devo anche dire che in prigione io ho passato momenti fra i più felici della mia vita…Il Signore che consola i cuori dei suoi servitori, era con me, che sono grande peccatore”.       
Il 15 maggio 1923 il vescovo Onufrij viene liberato dalla prima prigionia, con l’obbligo di cercarsi una residenza al di fuori della provincia di Odessa. Egli sceglie Krivoj Rog. Con la sua predicazione la vita spirituale della città rifiorisce. Per questo motivo, apertamente dichiarato, il 16 ottobre 1923 il vescovo viene nuovamente arrestato. Dalla prigione riesce a far giungere lettere pastorali che il suo popolo moltiplica e diffonde clandestinamente. “Cristo, scrive agli amici, deve essere annunciato in ogni situazione…noi siamo forti per la verità che annunciamo”
Dopo qualche mese viene liberato, ma il 12 ottobre 1926 il, accusato di diffusione indebita di materiale religioso, deve respirare ancora l’aria della prigione e il 5 novembre dello stesso anno è condannato a tre anni di confino negli Urali. “Sia fatta la volontà di Dio -scrive agli amici dalla deportazione -benché la mia anima soffra. Devo allontanare i pensieri su gli amici che ho lasciato. Se potrò rivedervi dipende esclusivamente dalla Sua volontà. In ogni caso, senza alcun dubbio, ci vedremo nella vita oltre la tomba. Ma ora dobbiamo lavorare per Dio e per gli uomini nelle condizione in cui Dio ha stabilito che viviamo… Mi trovo come in una a prigione allargata. Qui non mi è lecito celebrare, ho la proibizione di predicare in chiesa, non permettono che la gente venga a visitarmi…d’altra parte gli altri vescovi stanno anche peggio, sono nei lager, quasi tutti”.
In altra lettera dal confino scrive: “I veri cristiani devono essere dei missionari attivi e non passivi. Perché? Perché, per noi, la fede cristiana ortodossa è la cosa più cara e più preziosa che esista, più importante della stessa vita terrena”. Al confino il vescovo non intende perder tempo. Lettere pastorali ed articoli uscivano continuamente dalla sua penna e clandestinamente si diffondevano per la Russia. Cosa del tutto non gradita al potere popolare.
Nell’ottobre 1928 il vescovo Onufij, dopo un’accurata perquisizione viene arrestato al confino e condotto nella prigione di Tobolsk. Qui rimane fino al febbraio del 1929 e quindi viene liberato dalla prigione e mandato in esilio nel villaggio di Surgut sempre della provincia di Tobolsk. Qui trova una popolazione poco accogliente, anzi che sfrutta la miseria e la condizione degli esiliati. Commenta il vescovo in una sua lettera: “E’ proprio vero che quando l’uomo perde Dio, perde nello stesso tempo l’amore, la compassione, l’umiltà e diventa brutale, volgare, avido, una bestia. Che il Signore ravveda questi infelici. Quanto a me sperimento la misericordia del Signore. Posso frequentare la chiesa di Surgut e fare la santa Comunione”.
Scaduti i termini della pena il 12 ottobre 1929, viene arrestato sulla via del ritorno, ma liberato alla fine di novembre dello stesso anno, con l’obbligo di rimanere stabile per tre anni in un luogo lontano dalle città principali della Russia. Il vescovo sceglie la città Staryj Oskol e nel dicembre del 1929 viene designato vescovo della stessa città.
Nella città di Staryj Oskol a quel tempo erano aperte sei chiese ortodosse, ma al vescovo viene permesso di celebrare soltanto in una chiesa, con la proibizione di visitare tutte le altre chiese della diocesi. Ma è impossibile frenare lo zelo del vescovo Onofrij. La sua santità si impone. Nei primi tre mesi, dal dicembre del 1929 al marzo del 1930, il numero delle chiese ortodosse della diocesi passano da 20 a 61, a causa del ritorno di molti ‘innovatori’ alla chiesa madre. “ Se piacerà al Signore - si legge nei suoi scritti di questo periodo - sono disposto ad accettare ogni offesa per difendere la verità. Lo stesso Signore ci ha mandato ad annunciare il Regno di Dio. Se tacciamo noi, chi parlerà? Guai a noi se non annunciamo la lieta novella. In questo caso ci troveremo fra le file dei nemici di Dio… come è grande la dignità di essere amico di Cristo, poter continuare in terra l’opera del Salvatore e dei suoi apostoli”.
Nel marzo 1933, a dieci anni dalla sua ordinazione episcopale, metà dei quali passati in carcere o al confine, il vescovo Onufrij viene nuovamente arrestato e portato nella prigione di Voronezh. Nel giugno dello stesso anno è liberato e può ritornare a Kursk e riprendere la predicazione nonostante il controllo del partito diventasse sempre più attento. “Noi dobbiamo portare la luce di Cristo a tutti gli uomini; che ci amino o ci disprezzino, questo non ci riguarda. Dobbiamo compiere la nostra missione di predicatori di Cristo. Sono lieto di poter parlare di Cristo alla gente e di portarla a Cristo; in lui solo l’uomo può trovare la vera felicità e lo scopo della vita, trovare la pace desiderata e la gioia eterna”.
Il 23 luglio 1935 il vescovo Onufrij viene arrestato assieme ad altri cinque suoi collaboratori. L’accusa è di “eccessiva predicazione”. Durante la perquisizione gli vengono sequestrati alcuni suoi articoli dove gli inquirenti trovano abbondante materiale d’accusa. Ecco alcune prove di colpevolezza: “Il progresso che nega Dio e Cristo, alla fin fine, diventa regresso, la civilizzazione diventa ritorno allo stato selvaggio, la libertà dispotismo e schiavitù; strappando da sé l’immagine di Dio, l’uomo inevitabilmente strappa da se anche l’immagine di uomo e ritorna all’immagine della bestia”. “Se i nemici pretendono da noi onore e gloria, siamo disposti ad obbedire; se vogliono oro e argento, li offriremo loro; ma per l’amore di Cristo e per la fede ortodossa noi diamo la nostra anima e siamo disposti ad effondere il nostro sangue”.
Il 9 dicembre 1935 il vescovo Onufrij ed altre tre suoi collaboratori vengono condannati a dieci anni di lager, uno a sette ed uno a cinque. Il 17 marzo 1938 la trojka condanna a morte il vescovo assieme ad altri 28 detenuti nel lager. Il 17 marzo 1938 il vescovo Onufrij viene fucilato assieme al vescovo Antonij Pankeev ed altri 15 sacerdoti.


Autore:
Padre Romano Scalfi


Fonte:
www.culturacattolica.it

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Aggiunto/modificato il 2020-05-09

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