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> Home > Sezione Chiese Orientali Ortodosse > San Serafino (Leonid Michajlovich Chichagov) Condividi su Facebook Twitter

San Serafino (Leonid Michajlovich Chichagov) Vescovo e martire

(Chiese Orientali)

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9 giugno 1856 - 11 dicembre 1937


Il metropolita Serafin (al secolo Leonid Michajlovich Chichagov), pronipote del famoso ammiraglio V. Ja. C°ich°gov, nasce il 9 giugno 1856. Studia al ginnasio di Pietrogrado, frequenta l’accademia militare, dopo la quale è aggregato al reggimento Preobrazhenskij con il grado di capitano. Nel 1879 sposa Natal’ja N. Dochturova. Davanti alla prospettiva di una brillante carriera militare, come del resto era nella tradizione familiare, nella meraviglia di tutti, contro il consenso della moglie, il giovane capitano lascia l’esercito e intraprende la via al sacerdozio. Il 28 febbraio 1893 viene ordinato sacerdote. Dopo due anni è destinato cappellano militare del distretto di Mosca. Nello stesso anno muore la moglie che gli lascia quattro figlie, la minore delle quali ha dieci anni. Dopo aver affidato le figlie a persone amiche e per bene il sacerdote vedovo, altra stranezza, entra in monastero della SS: Trinità di S. Sergij. Il 14 agosto 1898 è consacrato monaco. Dopo breve tempo è nominato archimandrita (superiore) del monastero. Fa carriera anche fra i frati. E, sempre dopo breve tempo, è nominato decano dei monasteri della diocesi di Vladimir. Durante questo periodo egli scrive la ‘Cronaca del monastero di S. Serafino – Diveevo’ che resterà l’opera più rinomata della sua non modesta produzione letteraria – religiosa.
A conclusione della ‘Cronaca’ – così egli confida ad un amico – padre Serafin ha una visione. Gli appare S: Serafino e gli dice: “Grazie per la ‘Cronaca’. Dimmi che cosa vuoi in cambio da me”. Risponde l’archimandrita: “Caro padre, io sono così contento di stare qui con te, che non so chiederti altro di essere sempre accanto a te”. Il santo sorride e scompare.
Il 28 aprile 1905 l’archimandrita Serafin è consacrato vescovo. Nel discorso tenuto dopo la consacrazione leggiamo: “La vocazione che viene da Dio si compie in molte forme. Insondabili sono vie da seguire che la Provvidenza divina propone all’uomo. Lungo il corso degli ultimi venti anni della mia vita, per tre volte sono avvenuti dei cambiamenti che hanno totalmente trasformato la mia esistenza…dopo tante difficoltà che ho dovuto affrontare, mi sono convinto che questo mondo, che è così difficile smettere di amare, ci riserva molte contrarietà. Vedo la mia vita seminata di spine”
Dopo un ano trascorso in Geogia, dove ebbe a soffrire per la rivoluzione del 1905 che fece esplodere il nazionalismo locale, il vescovo Serafin è trasferito a Orel, dove rimane per tre anni, impegnato soprattutto nel rinnovamento delle parrocchie e nell’aiuto ai poveri. Divenuto membro del santo Sinodo, è trasferito alla diocesi di Kishinev e poi a Tver’. La rivoluzione liberale di febbraio (1917) inaugura la ‘democrazia’ anche in seno alla Chiesa. Il consiglio diocesano licenzia il vescovo. Le simpatie sinistrorse, anche allora, anche da loro, erano di moda fra il clero progressista. Da queste simpatie nascerà fra poco, sotto il regime sovietico, ‘La chiesa degli innovatori’, chiesa filocomunista che porterà enormi danni alle comunità ortodosse, il male più grande la divisione, consumata in due chiese a vicenda scomunicatesi. Con il colpo di stato dell’ottobre (1917) tutto è rimesso in discussione e il vescovo Serafin è chiamato a Mosca per prender parte al Concilio locale (1917 – 1918). Al termine del Concilio è destinato alla diocesi di Varsavia in Polonia, ma le condizioni politiche impediscono al vescovo di espatriare. Nell’attesa si ritira nel monastero di Chernigov.
Nel 1921 la polizia del regime decide di interessarsi anche del vescovo Serafin. Come di solito si inizia con la perquisizione della residenza. Qualche cosa di compromettente si trova sempre, e se non c’è si inventa. Il 24 giugno 1921, in piena campagna per l’esproprio dei preziosi della Chiesa, il vescovo Serafin, che in quel momento non aveva nessuna chiesa, è accusato di opporsi alla campagna organizzata dal regime per sfamare i poveri che morivano di fame (in realtà la carestia era grave, ma i soldi ricavati dall’esproprio finirono tutti all’estero per organizzare la rivoluzione mondiale). Il 12 settembre 1921 viene condannato a due anni di lager e rinchiuso nella prigione di Taganka. Le figlie del vescovo Serafin (nel frattempo nominato metropolita), Natl’ja e Ekaterina, tramite Kalinin chiedono al tribunale sovietico che si tenga conto dell’età avanzata (65 anni) del padre e della sua salute malferma. Viene accordata la grazia e il metropolita il 16 gennaio 1922 ritorna in libertà. Ma non a lungo. Il 22 aprile 1922, dopo due mesi di libertà, si apre un nuovo processo e il metropolita è accusato di ave infamato il clero filocomunista. Viene condannato al confino in Siberia nella regione di Archangel’sk fino al 24 giugno 1923. Scontata la pena ritorna a Mosca, ma dopo dieci mesi, precisamente il 16 aprile 1924 viene arrestato e rinchiuso nella prigione di Butyrka fino al 17 luglio dello stesso anno. Uscito di prigione nell’impossibilità di poter ottenere una diocesi si ritira nel monastero di Shui (provincia di Vladimir) assieme alla figlia Natal’ja (fattasi monaca con il nome di Serafima).
Nel 1928 al metropolita Serafin è affidata la diocesi di Pietrogrado, cattedra prestigiosa, ma anche pericolosa. Dieci anni prima il metropolita Veniamin di Leningrado era stato fucilato perché si era arrogato il diritto di vendere i vasi sacri per sfamare la gente senza passare il ricavato al partito che aveva ben altre preoccupazioni proletarie.
A Pietroburgo il metropolita rimane per cinque anni, amato dalla gente, stimato per la sua predicazione e per la sua attività pastorale rivolta al rinnovamento delle parrocchie e l’assistenza ai poveri. Il 14 ottobre 1933, su decreto del Sinodo viene collocato a riposo. Trascorre qualche mese a Mosca e poi si stabilisce a Udel’naja in un appartamento di due stanze e una cucina. La sua salute è assai cagionevole: soffre al cuore e riesce a muoversi con fatica. Trascorre le sue giornate dedicandosi alla preghiera e ricevendo i figli spirituali che vengono da lui. Sul far della sera suona e compone canti spirituali accompagnandosi con la fisarmonica. Non esce quasi mai di casa. A parte gli acciacchi della vecchiaia, egli considera particolarmente felici questo tranquillo periodo sul tramonto della vita.
Nel tardo autunno del 1937 il metropolita Serafim viene arrestato. Aveva 81 anni. Era così mal messo in salute che per trasportarlo in prigione dovettero chiamare la Croce rossa. Venne incarcerato nella Taganka (Mosca). Il 1937 è rimasto tristemente noto come l’anno delle grandi purghe. Il numero delle vittime era pianificato in alto; non per delitti commessi, ma per esigenze di regime. Hanah Arendt afferma che la differenza fra potere dittatoriale e potere totalitaria consiste nel fatto che il primo elimina i nemici che ostacolano il potere, il secondo elimina per il gusto di eliminare. Il regime comunista, sempre secondo il giudizio della sociologa Arendt, è certamente da catalogare fra i regimi totalitari.
Il processo contro il metropolita fu celebrato in pochi minuti, per pura formalità, il giorno 7 dicembre dalla tristemente famosa ‘Trojka’ che nello stesso giorno condannò alla pena capitale 51 imputati. Questi furono divisi in tre gruppi. Il primo, 5 persone, furono fucilate il 9 dicembre 1937, il secondo, 41 persone, il giorno seguente, il terzo 5 persone, fra le quali il metropolita, l’11 dicembre. L’esecuzione avvenne al poligono Butovo nei pressi di Mosca.
Il giorno seguente all’arresto del metropolita furono arrestate anche le due monache che lo assistevano, Vera e Sevastiana. Ambedue furono condannate al lager. La monaca Sevastiana morì nel lager, la monaca Maria fu messa in libertà dopo cinque anni e morì nella provincia di Vjatka, presso i suoi parenti nel 1961.
Poco prima l’arresto, il metropolita Serafin aveva confidato ad un suo figlio spirituale: “La Chiesa ortodossa sta attraversando un periodo di prova. Chi resta fedele alla santa Chiesa apostolica si salverà. Molti oggi, a causa della persecuzione, molti si allontanano dalla Chiesa, altri la tradiscono. La storia ci rende noto che anche prima d’ora ci furono persecuzioni. Ma tutte si sono concluse con il trionfo del cristianesimo. Così avverrà anche di questa persecuzione. Avrà fine e l’ortodossia di nuovo trionferà. Oggi molti devono soffrire per la loro fede, ma l’oro si purifica nel crogiolo spirituale delle prove. Ci saranno tanti sacerdoti martiri per la fede in Cristo, quanti non ricorda tutta la storia del cristianesimo”.
Del metropolita Serafin è stata conservata una lettera scritta dal confino (Archangel’sk 1922) ad un suo figlio spirituale. “Fa di tutto per essere soltanto con Cristo, unica Verità, unica Giustizia, unico Amore. Con lui tutto è bellissimo, tutto è puro, tutto è consolante. Sta lontano dal male, con la mente e con il cuore, con i pensieri, e preoccupati di una sola cosa: conservare la grazia divina attraverso la quale si insedia in noi Cristo e la sua pace. Impara la preghiera del cuore. Quanto più siamo occupati nella preghiera del cuore, tanto più la nostra vita si svolge in pienezza, ragionevole, serena. E il tempo passa più in fretta. Chi sa pregare con il cuore guarda a tutto ciò che è esterno con distacco e disinvoltura. Questa preghiera non è intellettuale, ma proviene dal cuore, si distanzia dalla superficialità della terra e avvicina al cielo invisibile. Impara a perdonare a tutti i loro limiti e i loro sbagli che provengono dalla forza del male e certamente da un stato d’animo anormale. Devi pregare: “Aiutalo, Signore, perché è spiritualmente ammalato”. Questa consapevolezza impedisce di condannare, perché giudicare può soltanto Colui che è perfetto e non sbaglia, conosce tutto e sa certamente che l’uomo opera non a causa delle situazioni che si sono create attorno a lui, ma a causa della sua passione”.
“Lo Spirito Santo trasforma i santi Doni sull’altare, ma Lui stesso scende anche sopra di noi, rinnova le nostre anime, purifica le nostre menti, ogni preghiera quindi, se è elevata con tutto il cuore, verrà esaudita”.


Autore:
Padre Romano Scalfi


Fonte:
www.culturacattolica.it

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Aggiunto/modificato il 2020-05-11

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