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Servo di Dio Raffaele Scauda Sacerdote

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Torre Annunziata, Napoli, 15 novembre 1872 – Torre del Greco, Napoli, 2 giugno 1961

Raffaele Scauda nacque a Torre Annunziata, in provincia di Napoli e diocesi di Nola, il 15 novembre 1872. Entrò dodicenne nel Seminario della diocesi di Nola e fu ordinato sacerdote nel 1897. Due anni più tardi si stabilì nella vicina Torre del Greco, in diocesi di Napoli. Colpito dalla miseria e dall’abbandono spirituale in cui si trovavano i contadini della contrada Leopardi, pensò di dare compimento a una promessa che aveva formulato da bambino: per ringraziare la Madonna del dono della vocazione sacerdotale, le avrebbe edificato una chiesa. Aiutato dagli abitanti della contrada e da molti benefattori, fece sorgere prima una piccola chiesa, poi un santuario più grande, a cui vennero affiancati un orfanotrofio femminile e varie altre strutture caritative. Nel santuario, come già nella chiesa iniziale, trovò posto un quadro della Madonna del Buon Consiglio, che don Raffaele prese dalla propria casa paterna. Fiducioso nella Provvidenza divina e nell’aiuto della Vergine, sostenne le spese per le opere, accolse orfani, poveri e sfollati e a tutti diede il pane quotidiano e quello eucaristico. Morì il 2 giugno 1961, nella sua abitazione accanto al santuario. I suoi resti mortali ricevettero immediatamente la sepoltura privilegiata nel santuario della Madonna del Buon Consiglio di Torre del Greco, a destra dell’entrata. Il processo diocesano della sua causa di beatificazione e canonizzazione è iniziato il 10 dicembre 2020, nella diocesi di Napoli.



Famiglia e vocazione
Raffaele Scauda nacque a Torre Annunziata, in provincia di Napoli e diocesi di Nola, il 15 novembre 1872, da Pasquale Scauda e Maria Teresa Cirillo, che ebbero anche un altro figlio, Giovanni. La sua famiglia era profondamente religiosa e favorì in lui un atteggiamento simile.
Raffaele maturò un carattere aperto, affettuoso ed equilibrato. Dodicenne, decise di entrare nel Seminario Minore della diocesi di Nola. Vestì l’abito talare per la prima volta il 12 ottobre 1884. Era un alunno pieno di determinazione e buona volontà, anche se a volte si sentiva privo di forze. Proseguì la formazione nel Seminario Maggiore di Nola.

I primi tempi del sacerdozio
Fu ordinato sacerdote dal vescovo di Nola, monsignor Agnello Renzullo, nel 1897. Il 13 giugno dello stesso anno celebrò la Prima Messa solenne nella parrocchia di Ave Gratia Plena a Torre Annunziata. Il suo ministero, appena agli inizi, fu però contrastato da alcuni anticlericali. Il 15 luglio 1899 scoprì quale fosse l’origine della sua malattia, ovvero, con tutta probabilità, una tisi polmonare.
Dal settembre 1899 accettò di celebrare la Messa in una cappella privata, situata nella vicina città di Torre del Greco, nel territorio della diocesi di Napoli; più precisamente, nella località di Santa Maria La Bruna e in contrada Lava, poi detta contrada Leopardi a causa della permanenza del poeta Giacomo Leopardi, nei suoi ultimi mesi di vita. Nel gennaio 1901, però, i proprietari chiusero la cappella.

Don Raffaele e la Madonna del Buon Consiglio
Dai suoi genitori aveva imparato ad amare particolarmente la Vergine Maria, venerata come Madre del Buon Consiglio. Suo padre, in occasione del proprio matrimonio, aveva commissionato a un pittore un quadro della Madonna sotto quel titolo, ma rimase insoddisfatto. Chiese quindi un’altra tela a un ulteriore artista, il cui nome è rimasto sconosciuto.
Il quadro venne posto sopra la testiera del letto nuziale e molto spesso tutta la famiglia pregava contemplandolo. Un giorno, dopo aver pregato il Rosario di fronte al quadro, la madre gli domandò: «Raffaele, se la Madonna ti fa diventare sacerdote, tu come la ringrazierai?». Lui, che all’epoca era poco più che bambino, rispose: «Le costruirò una casa!».

In cerca di fondi
La sua promessa da bambino, intanto, gli tornava sempre di più alla mente, specie dopo che ebbe riscontrato come gli abitanti di contrada Leopardi sembrassero abbandonati dal punto di vista spirituale.
La prima concretizzazione del progetto si verificò quando alcuni coloni, Francesco, Domenico e Giulia Vitiello, gli donarono un appezzamento di terreno per la costruzione di una nuova chiesa. Gli altri abitanti contribuirono materialmente all’edificio, dedicando alla costruzione le ore serali dopo il lavoro e anche le giornate festive.
Per ottenere i fondi iniziali, don Raffaele escogitò un sistema particolare, coinvolgendo i bambini e i ragazzi ai quali insegnava il catechismo: fermavano le carrozze delle persone che, la domenica, andavano in gita nella vicina Pompei e si facevano pagare il pedaggio.
Dal canto suo, aveva preso informazioni su alcune famiglie napoletane, dalle quali andava a elemosinare. Se anche gli accadeva di ottenere dei rifiuti, tornava dopo qualche tempo. Per favorire i contributi per i lavori della chiesa, diede alle stampe il bollettino «Nuovo Trionfo», il cui abbonamento costava un soldo al mese. La posa della prima pietra, benedetta dal cardinal Giuseppe Prisco, arcivescovo di Napoli, avvenne il 25 maggio 1902.

L’arrivo del quadro e la consacrazione della prima chiesa
Per completare l’opera, don Raffaele decise di portare via dalla sua casa natale l’immagine della Madonna del Buon Consiglio. La madre acconsentì, ma, con le lacrime agli occhi, lo rimproverò: «Hai tolto il meglio della mia casa!». L’immagine venne quindi posta, nel marzo 1906, su di un trono provvisorio.
L’eruzione del Vesuvio dell’aprile 1906 rallentò i lavori: don Raffaele concentrò i propri sforzi nel soccorrere gli abitanti. Alcuni fuggirono, ma gli altri lo accompagnarono alle pendici del vulcano, portando in processione il quadro della Madonna. Di tutta la cittadina di Torre del Greco, solo la contrada Leopardi, che pure era la più vicina, fu risparmiata dalla pioggia di cenere e lapilli.
Il 5 aprile dello stesso anno monsignor Augusto Silj, arcivescovo prelato di Pompei, intronizzò solennemente il quadro nella sua nuova collocazione. Sempre nel 1906, il 12 agosto, lo stesso vescovo benedisse la chiesa, destinata però a essere provvisoria.
Nel 1909 entrò nella chiesetta la giovanissima marchesa Eleonora Carafa d’Andria, che appoggiò il progetto tanto da coinvolgere altri nobili in un apposito comitato. Il 4 febbraio 1918 sposò il marchese Luigi De Cillis, presente anche don Raffaele: suggerì anche a lui e ai suoi amici di appoggiare la sua opera.

La prima guerra mondiale e un consiglio dal Beato Bartolo Longo
Negli anni successivi, don Raffaele dovette fare la spola tra Torre Annunziata e Torre del Greco, per assistere sua madre, gravemente malata. Dopo la morte di lei, si stabilì definitivamente a ridosso della chiesa da lui fatta costruire.
Lo scoppio della prima guerra mondiale e l’ingresso dell’Italia nel conflitto costituirono da una parte un rallentamento nei suoi progetti, ma dall’altra ne aprirono di nuovi: cominciò infatti ad accogliere reduci di guerra e sfollati.
Nel maggio 1909 iniziarono i lavori per la costruzione della nuova chiesa. Nel corso delle operazioni, don Raffaele invitò l’avvocato Bartolo Longo (Beato dal 1980), il quale contribuì con un’offerta, ma fece di più. Lo invitò, infatti, a operare come aveva fatto lui, che dalla primitiva chiesetta per i contadini di Valle di Pompei aveva tratto un santuario intitolato alla Beata Vergine del Rosario, a cui era annesso un orfanotrofio per i figli dei carcerati.

La nuova chiesa
Col trascorrere del tempo, erano cominciati i pellegrinaggi alla chiesa della Madonna del Buon Consiglio: prima sporadici, poi sempre più organizzati. A uno di questi, organizzato dall’Unitalsi, prese parte, come dimostrano alcune fotografie, Giacomo Gaglione, di Caserta, il quale aveva imparato a vivere la propria malattia, una poliartrite deformante, come una vera e propria vocazione (è Venerabile dal 2010).
Il 21 novembre 1926 l’immagine della Madonna venne collocata sul trono all’interno della chiesa nuova, che fu consacrata il 2 dicembre successivo dal cardinal Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli. La chiesetta originaria, invece, diventò la sacrestia. L’ampliamento era stato reso possibile dai proventi delle iniziative pensate da don Raffaele e comunicate sia a voce, sia attraverso il bollettino. Il 10 maggio 1933 cominciò la costruzione del campanile.

“Babbo” e “nonno” delle orfanelle
Mentre era ancora sfollato, don Raffaele aveva formulato un voto: avrebbe richiesto l’incoronazione del quadro. Tuttavia, era convinto che la Madonna avesse bisogno non tanto di una corona realizzata con materiali preziosi, ma di essere circondata da anime semplici, salvate dalla miseria. Continuò quindi a sollecitare la costruzione dell’orfanotrofio femminile, collocato accanto alla nuova chiesa.
Nel 1934, per la cura delle orfane e l’educazione religiosa dei bambini del luogo, arrivarono le Suore Francescane di Sant’Antonio, sostituite, a partire dal 18 marzo 1936, dalle Suore Stimmatine. La marchesa De Cillis dava il suo contributo con attività ricreative e lezioni di canto. Don Raffaele era ormai il “babbo” e il “nonno” delle orfanelle, come loro stesse lo chiamavano.

Il bombardamento del 15 settembre 1943
Con l’inizio della seconda guerra mondiale, cominciarono ad arrivare al santuario anche molti soldati. Don Raffaele non mancò di assisterli e consolarli, ottenendo l’elogio di monsignor Angelo Bartolomasi, Ordinario Militare per l’Italia, che venne personalmente in visita.
Il 15 settembre 1943, una settimana dopo l’armistizio, un attacco della contraerea anglo-americana danneggiò pesantemente le opere di contrada Leopardi. Della chiesa rimaneva solo la parete col trono del quadro, mentre la casa delle orfane fu completamente distrutta.
Don Raffaele ebbe come un presentimento: ordinò alle suore e alle orfane, che avrebbero voluto restare nel sotterraneo, di uscire subito dall’orfanotrofio. Le condusse in aperta campagna e le fece rifugiare dietro un cumulo di terreno. La comunità trovò poi rifugio in alcune grotte ai piedi del Vesuvio, finché la marchesa non decise di ospitare tutti nella propria villetta. In tutta Leopardi ci furono solo tre vittime: un’orfanella colpita mortalmente da una scheggia di metallo e una coppia di coniugi.
Tornato sul luogo del santuario, don Raffaele fu sgomento. Superato il momentaneo sconforto, iniziò a scavare, aiutato dalle suore, per recuperare qualcosa dalle macerie e per sgomberarle. Ricominciò immediatamente il suo giro di questua tra i nobili, i commercianti e le famiglie di Torre del Greco e non solo.

Il santuario e le nuove opere
Il 21 settembre 1947, con decreto del Capitolo Vaticano, il quadro della Madonna del Buon Consiglio ottenne l’incoronazione, attuata dal cardinal Ascalesi. Contestualmente, la chiesa ebbe il titolo di santuario.
Nel giugno 1951 arrivò al santuario un sacerdote novello, don Giovanni Borrelli, che voleva celebrarvi la sua Prima Messa. Qualche mese dopo tornò e si sentì rivolgere, da don Raffaele, una proposta: se volesse lavorare per la Madonna.
Nell’aprile 1952 chiese all’arcivescovo di Napoli di poterlo avere come coadiutore: il permesso gli fu accordato. Da allora don Giovanni lo affiancò totalmente, anche se doveva spesso affrontare le sue momentanee intemperanze, dovute anche alla sua incipiente sordità, e tollerare che lui assumesse su di sé la totale responsabilità delle opere.
La ricostruzione terminò nel 1954, anno in cui, il 10 gennaio, don Raffaele fu insignito della cittadinanza onoraria di Torre del Greco. All’incirca nello stesso periodo, ottenne il titolo di monsignore. Il 25 aprile 1956, nel cinquantesimo dell’arrivo del quadro, la Madonna venne nuovamente incoronata dal cardinal Marcello Mimmi, arcivescovo di Napoli.

«Il facchino della Madonna»
Alle onorificenze pubbliche e ai titoli, monsignor Scauda preferiva quelli che lui stesso si era attribuito, a cominciare da quelli di «facchino della Madonna» o «somarello della Madonna». Quando andava in cerca di offerte, portava sempre con sé una borsa contenente immaginette, opuscoli, corone del Rosario e altro materiale, da lasciare in cambio delle offerte.
Altre volte si autodefiniva «l’uomo inutile reso utile». Infatti sentiva che tutte le sue realizzazioni avessero un solo scopo: salvare le anime e aiutare materialmente chiunque avesse bisogno.
Non era un predicatore particolarmente abile, ma quando parlava della Madonna i suoi toni diventavano più elevati e ispirati. Una volta dichiarò: «Dai suoi occhi attingo fede e carità». Abitualmente la chiamava «Mamma Consiglia», oppure «La mia Signora».

La sua spiritualità
Anche in mezzo alle attività organizzative, don Raffaele sapeva tenere al centro l’Eucaristia, contemplata e celebrata. Come Gesù è presente in essa, così lui cercava di farsi presente in mezzo alle forme di povertà che incontrava, per ridare dignità alle persone.
S’impegnò a conformare i propri atteggiamenti a quelli materni della Vergine, per ascoltare i bisogni della gente di Leopardi. Infine, contribuì a fare di quella popolazione una vera comunità, dove tutti si sentissero in grado di contribuire con i propri mezzi.

Gli ultimi anni
Una notte del novembre 1956, la suora Stimmatina addetta alla persona di monsignor Scauda fu mandata a chiamare da lui. Lo trovò seduto a terra, incapace di alzarsi. Don Borrelli, che si trovava a Roma, fu avvertito via telegrafo e tornò per accudirlo. La diagnosi fu di paralisi agli arti inferiori, ma col tempo ci furono leggeri miglioramenti, tanto che la carrozzella acquistata non fu quasi necessaria.
La stessa suora fu chiamata nella notte del 4 gennaio 1957. Monsignor Scauda era pallido, sudato e avvertiva un forte dolore al petto: si trattava di una trombosi alle coronarie. Ricominciarono le preoccupazioni da parte del coadiutore, al quale, dopo aver ricevuto l’Unzione degli Infermi, lui raccomandò l’opera e le suore.
Il 13 giugno 1957 arrivò a festeggiare il sessantesimo dell’ordinazione sacerdotale. Intanto, all’orfanotrofio si erano affiancati l’asilo, le scuole primarie, dormitori, laboratori, una fabbrica di biancheria e camiceria e, infine, una scuola di avviamento professionale femminile a tipo industriale.

La morte
Col passare dei giorni, monsignor Scauda non lasciò quasi più la propria camera, che aveva le pareti tappezzate d’immagini sacre e di cartelli con frasi che invitavano a riflettere. Il 26 maggio 1961 presiedette per l’ultima volta la “festa delle rose”, una funzione nella quale, dalla cupola del santuario, venivano fatti piovere petali di rose, simbolo delle grazie elargite da Dio tramite la Madonna.
Il 1° giugno assistette dalla terrazza e dal coro del santuario alla processione del Corpus Domini. Poche ore dopo, verso le 6.30 del mattino del 2 giugno, la suora che di solito andava a chiamarlo per la Messa bussò alla porta della sua camera. Non sentendo risposta, aprì la porta: lo trovò vestito, seduto in poltrona, quasi agonizzante. Avvisò subito quante più persone poteva, compreso don Borrelli, che gl’impartì l’assoluzione e l’Unzione degli Infermi.
Monsignor Scauda morì pochi istanti dopo: sperava proprio di morire un primo venerdì, così da raggiungere il Paradiso un primo sabato, giorno dedicato al Cuore Immacolato di Maria. Fu ritrovato un suo ultimo scritto, risalente a poche ore prima, su due foglietti:
«E a Te, Mamma cara, che posso dire? So che mi hai protetto, mi hai scelto e preferito senza tener conto delle mie numerosissime e gravissime colpe.
Ora da Mamma completa l’opera: salvami, salvami».
I suoi funerali si svolsero domenica 4 giugno 1961. La sua salma ottenne immediatamente la sepoltura privilegiata all’interno del santuario, precisamente a destra dell’entrata.

La fama di santità e l’avvio della causa di beatificazione e canonizzazione
Col passare degli anni, la fama di santità che già in vita aveva circondato monsignor Scauda non venne meno, insieme a una costante fama di segni. Anche gli anniversari della sua morte venivano solennizzati, mentre non venivano meno neanche le iniziative di preghiera che aveva ideato.
Ottenuto parere favorevole dalla Conferenza Episcopale Campana, il cardinal Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, nell’aprile 2019 ha accolto il supplice libello presentato dal postulatore, concedendo quindi l’avvio della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio Raffaele Scauda.
La prima sessione del processo diocesano su vita, virtù e fama di santità è stata celebrata il 10 dicembre 2020 presso la cappella del Palazzo Arcivescovile di Napoli.

Le opere di monsignor Scauda oggi
Oggi le opere di monsignor Scauda hanno cambiato forma, con la fine degli orfanotrofi. Il cardinal Corrado Ursi, arcivescovo di Napoli, ha eretto il santuario a parrocchia nel 1981. Sette anni più tardi, nel febbraio 1988, le suore Stimmatine hanno terminato la loro opera educativa.
Nel 2006 l’arcivescovo di Napoli, il cardinal Michele Giordano, ha concesso alla chiesa il titolo di santuario mariano diocesano. Negli ambienti dell’ex orfanotrofio ora hanno sede le attività della Caritas parrocchiale, compresa una mensa per i poveri, e quelle di formazione per i laici del XIII decanato della diocesi di Napoli. Torre del Greco gli ha anche intitolato una scuola media statale, ora parte dell’Istituto Comprensivo Falcone-Scauda.

Preghiera (con approvazione ecclesiastica)
O Dio Padre nostro,
ti rendiamo grazie per aver donato alla Chiesa
il Servo di Dio Raffaele Scauda, sacerdote.
Ha camminato unito a Cristo
nell’amore per i poveri, gli orfani, i deboli,
gli emarginati dalla società.
Sotto lo sguardo amabile della Madre del Buon Consiglio
e docile allo Spirito Santo,
si è consacrato al cuore confidente di lei.
Donaci sul suo esempio
di seguire il Divin Consiglio per la salvezza,
affinché scopriamo le profondità dell’amore di Dio,
diventando testimoni di carità.
Degnati di glorificare il tuo servo Raffaele Scauda
e concedici per sua intercessione la grazia che ti chiediamo.
Amen.


Autore:
Emilia Flocchini


Note:
Per informazioni e relazioni di grazie:
Santuario Maria Santissima del Buon Consiglio
Via Nazionale 788
80059 Torre del Greco (NA)
Tel. 0818832192
[email protected]

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Aggiunto/modificato il 2021-03-12

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