Riesce ad essere un “esploratore della felicità” pur senza muoversi dal suo letto, al quale resta inchiodato per 50 anni. D’altronde, lo stesso Padre Pio gli aveva profeticamente detto che, anche senza poter camminare, sarebbe riuscito a farsi conoscere in tutto il mondo: profezia che sembra avverarsi tanto più ora con l’avvicinarsi del giorno della beatificazione di Giacomino Gaglione. Primo di dieci figli di una famiglia casertana (di Marcianise, più precisamente) molto religiosa e molto “in vista”, nasce il 20 luglio 1896 e da subito sembra avviato alla carriera forense come il padre. Intelligente e studioso, brillante ed esuberante, miete successi nel ciclismo e con le ragazze, ama il ballo e la vita mondana che il suo livello sociale gli sembra garantire. Nel giugno 1912, esattamente un secolo fa, la mattina stessa in cui dovrebbe sostenere la prima prova d’esame per la licenza ginnasiale, un dolore particolarmente acuto al tallone del piede sinistro è il primo inaspettato sintomo di una poliartrite reumatica deformante, di fronte alla quale la medicina è impotente. Il 20 ottobre di quello stesso anno si mette a letto per non rialzarsi più, mentre assiste al naufragio di tutti i suoi sogni di adolescente. Assillato dai mille perché che accompagnano ogni malattia; tormentato dall’amore che prova, ricambiato, verso una cugina con la quale già aveva iniziato a progettare il matrimonio e che ora gli impediscono di vedere; dolorosamente segnato nel fisico da dolori lancinanti in tutto il corpo che gli rendono estremamente doloroso anche il semplice cambio di biancheria e gli impediscono di nutrirsi da solo, Giacomino attraversa un periodo di buio interiore durante il quale, a più riprese, pensa al suicidio. Nel 1919, avendo sentito parlare di Padre Pio ed attratto dal miraggio di una guarigione, si fa accompagnare a San Giovanni Rotondo, dove non “riceve la grazia”, ma “trova la grazia”. “Padre Pio mi fece un’operazione chirurgica: mi levò la testa e me ne mise un’altra”, dirà un giorno Giacomino, che in effetti torna a casa completamente trasformato: inizia a dipingere e la sua casa diventa meta di numerosi artisti casertani, si dedica allo studio sistematico della Sacra Scrittura per imparare a conoscere meglio quel Dio che così inaspettatamente gli si è rivelato, soprattutto intraprende un serio cammino spirituale, affidandosi alla direzione di un santo prete e nutrendosi di Eucaristia e di preghiera. Nel 1920 gli muore il padre e il ruolo di capofamiglia ricade su di lui, che pur così limitato nei movimenti diventa il perno di tutta la parentela. Un altro santo entra nella sua vita: nel 1921 viene chiamato per un consulto Giuseppe Moscati, famoso medico napoletano proclamato santo 25 anni fa. Con gli strumenti della scienza questi ribadisce il carattere inguaribile della malattia di Giacomino; con gli occhi della fede e con la preveggenza che non gli manca gli assicura invece che sarà per lui un mezzo di santificazione. Nel 1929 il primo dei suoi nove pellegrinaggi a Lourdes, particolarmente importante perché alla Grotta ha una doppia folgorazione: capisce la “vocazione” del malato a completare nel proprio corpo la Passione di Gesù e si sente personalmente chiamato ad offrirsi per la salvezza del mondo. Da questo viaggio nasce la “Fratellanza spirituale tra gli infermi reduci da Lourdes”, che nel 1948 si trasforma nell’Apostolato della Sofferenza, il suo “capolavoro”, benedetto da Papa e Vescovi, con il quale illumina il dolore di tanti malati, aiutandoli a viverlo meglio e ad offrirlo. Il miglior capolavoro, però, Giacomino lo compie nella sua vita, che diventa tutta un’offerta in intima unione con Gesù. A lui, così immobilizzato e piagato, si ricorre per trovar conforto e ricevere sostegno e lui si tiene in contatto tramite lettera con chi è lontano, arrivando a scrivere anche dieci lettere al giorno con le residue capacità che alcune sue dita hanno conservato. Nel 1961 il suo corpo diventa un’unica piaga per le vesciche che dalle gambe si espandono in tutto il corpo. Muore il 28 maggio 1962, 50 anni fa ed a 50 anni dall’insorgere del male che lo ha crocifisso. Il suo funerale è un trionfo ed obbliga la Chiesa a considerare in tempi brevi l’avvio della causa di canonizzazione. Due anni fa è stato proclamato venerabile e si è in attesa del riconoscimento del miracolo che ne consenta la beatificazione.
Autore: Gianpiero Pettiti
Note:
Per approfondire: www.giacomogaglione.it
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