Benedetto Ludovico nacque a Fobello, paese dell’alta Val Mastallone, una delle valli laterali in cui si compone la Valsesia, il 5 agosto del 1650 da Francesco Giacobini e Margherita Negri. Un episodio significativo, che evidenziò fin dalla giovinezza il suo straordinario carattere, fu il salvataggio di un bambino da una casa in fiamme in cui nessuno aveva il coraggio di entrare. All’età di quattordici anni emigrò, con i suoi fratelli, in Lorena, dove rimase però solo due anni. Rientrato a Fobello, intraprese gli studi letterali e filosofici ad Aosta, città in cui un fratello svolgeva la professione di pittore, la sua formazione teologica si completò poi a Novara, presso l’istituto Canobio, allora tenuto dai sacerdoti gesuiti, mentre non sembra che abbia frequentato il seminario diocesano. Benedetto venne ordinato sacerdote il 26 gennaio del 1676. Dopo aver svolto un periodo di servizio a Novara, come confessore presso la parrocchia di San Martino, il 12 maggio del 1677, fu nominato parroco di Cressa, paese delle colline borgomaneresi, dal vescovo monsignor Maraviglia. Nel suo nuovo incarico iniziò a dar prova delle grandi qualità umane e cristiane di cui era dotata la sua persona: consapevole del suo ruolo di pastore e guida del popolo affidato alla sua cura, si dimostrò all’altezza del ministero ricevuto, facendo della sua comunità un modello per le altre parrocchie viciniore, da cui molti fedeli giungevano per ascoltare le sue predicazioni ed essere guidati dai suoi illuminati consigli. Il suo impegno però non fu solo a livello spirituale, ma si concretizzò anche in opere materiali, evidenziando la sua sensibilità liturgica ed un’attenzione particolare alle necessità della popolazione. Sotto la sua guida venne ricostruita la chiesa parrocchiale ed edificata la chiesa di Santa Maria delle Grazie, testimonianza della sua grande devozione mariana; si prodigò per aprire una scuola per i più poveri del paese, e stabilì dei fondi per aiutare le famiglie meno abbienti e per organizzare un’adeguata assistenza agli ammalati. La svolta nella vita del Giacobini avvenne nel 1704, dopo ventisette anni di presenza in parrocchia, quando, su desiderio del vescovo diocesano Giovanni Battista Visconti, concorse per la carica di parroco di Varallo Sesia, ove entrò nel gennaio del 1705, accolto con gioia dai fedeli e dal clero valsesiano. Il vescovo era rimasto favorevolmente sorpreso dal corso di esercizi spirituali che il sacerdote aveva predicato all’isola di San Giulio, cui aveva preso parte, e vide nel Giacobini la persona adatta per succedere al da poco defunto parroco di Varallo. La situazione della vasta e popolosa comunità non era delle migliori, il momento storico era molto particolare: il passaggio tra il fastoso secolo XVII verso le grandi crisi che contrassegneranno il XVIII e sfoceranno poi nella Rivoluzione Francese. Il territorio valsesiano fu poi interessato, proprio in quegli anni, da un importante cambiamento politico, la valle, infatti, passò nel 1707 dal dominio spagnolo, come parte del ducato di Milano, a quello sabaudo, con la costituzione della provincia di Valsesia. Sotto il profilo materiale il problema più urgente che occorreva risolvere era quello del restauro della chiesa di San Gaudenzio, la cui costruzione, risalente all’epoca romanica, versava in precario stato di conservazione ed era divenuta insufficiente a contenere comodamente tutti i fedeli che, dal borgo e dalle numerose frazioni, vi giungevano per le sacre funzioni. L’opera venne avviata grazie alla sponsorizzazione della marchesa di Masserano, che si dimostrò generosa benefattrice del progetto del Giacobini. La chiesa fu rifatta ex novo e dell’antica struttura sopravisse solamente il campanile, sul lato nord, ed un affresco raffigurante la Vergine che era stato realizzato sul muro all’interno dell’edificio. L’attuale Collegiata può dunque essere vista come una sorta di manifesto della spiritualità del santo sacerdote, in particolare la presenza di vari altari dedicati alla Madonna, celebrata sotto diversi titoli, evidenzia la sua grande devozione mariana. L’operato del prevosto si scontrò inevitabilmente con i vari problemi del suo tempo, e fu ingiustamente accusato, presso la corte sabauda, di tramare contro i nuovi dominatori della Valsesia, avendo obbedito ad un ordine di scomunica emesso dal vescovo contro il pretore della valle. Per questo dovette andare in esilio da Varallo per quattro mesi nell’estate del 1711 e si trasferì a Novara, con grande disappunto dei fedeli che si adoperarono con tutte le loro possibilità per il ritorno del loro pastore. Benedetto Ludovico poté ritornare a svolgere il suo prezioso ministero, sia in diocesi sia in territori anche più lontani; su espressa volontà del vescovo, fu concesso a lui di non risiedere in parrocchia per alcuni periodi dell’anno, così da poter adempiere alle numerose richieste di predicazione e di formazione che gli erano rivolte. Successivamente venne anche nominato vicario per la Valsesia. Ed anche in questo importante incarico diede prova della sua santità, rendendo credibile, con l’esempio della sua vita, l’annuncio del vangelo. Spossato dalle fatiche pastorali ed anche minato nella sua salute dai digiuni e dalle penitenze Giacobini si ammalò e si spense in Varallo il 1 aprile del 1732, all’età di ottantadue anni. Come da sua volontà il corpo venne sepolto nella Collegiata da lui rinnovata, ai piedi dell’altare dell’Angelo Custode. La sua tomba divenne da subito un importante riferimento devozionale per chi, avendo colto i segni di santità che si erano manifestati nella sua vita, iniziò ad invocare la sua intercessione presso il Signore, quale buon pastore che si prodigò instancabilmente per il bene del gregge lui affidato. Oggi le sue spoglie riposano in un sepolcro marmoreo presso l’altare della Madonna del Rosario, ove un busto, realizzato nel secondo centenario della sua morte, ne riproduce fedelmente le fattezze. Sul fronte della tomba egli è invece riprodotto, accompagnato dalla marchesa di Masserano, mentre offre al santo vescovo Gaudenzio il modellino della Collegiata. Ogni anno il 5 agosto, anniversario della nascita, a Fobello si svolge una particolare celebrazione in suo ricordo. La figura di questo sacerdote meriterebbe di essere ulteriormente studiata ed approfondita, attraverso le diverse fonti documentarie esistenti, al fine di giungere ad un riconoscimento ufficiale della venerazione che ancora oggi, a distanza di tre secoli dalla sua esistenza, circonda la sua figura.
Autore: Damiano Pomi
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