Casamari, Ravenna, 965/970 - Borgo San Donnino, Fidenza, Parma, 31 marzo 1046
Nativo di Casamari presso Ravenna, nella seconda metà del X secolo, da giovane si dedicò agli studi vivendo negli agi della vita di famiglia. La sua vita ebbe una svolta quando decise di donare i suoi abiti ai poveri e di ricoprirsi di un saio. Fece un pellegrinaggio a Roma e da lì in Terra Santa; ma una volta tornato a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida dell'eremita Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998. Sotto la sua guida il monastero conobbe un periodo florido, sia nell'ingrandimento edilizio, sia per il gran numero di monaci presenti. Collaborò con l'arcivescovo Gebeardo alla riforma ecclesiastica, favorì le nuove teorie sul campo musicale liturgico, ebbe fra i suoi monaci anche Guido d'Arezzo, inventore del pentagramma. Aderendo all'invito dell'imperatore Enrico III di recarsi a Piacenza, non poté raggiungere il luogo: malato dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì il 31 marzo 1046.
Etimologia: Guido = istruito, dall'antico tedesco
Martirologio Romano: A Borgo San Donnino presso Parma, san Guido, abate del monastero di Pomposa, che, dopo avere radunato molti discepoli e ricostruiti edifici sacri, si dedicò con fervore alla preghiera, alla contemplazione e al culto divino e nell’eremo volle avere la mente rivolta solo a Dio.
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La vita
Guido nacque da famiglia agiata, detta degli “Strambiati”, imparentata con la famiglia imperiale dei Salici, tra il 965 ed il 970, a Casamari, nei pressi di Ravenna. Compi studi di Diritto, Architettura e Musica.
Ma, anziché sposarsi, come desiderava per lui la famiglia, la sua vita ebbe una svolta quando decise di donare i suoi abiti ai poveri e di ricoprirsi di un saio. Fece un pellegrinaggio a Roma dove ricevette la tonsura e da lì in Terra Santa; ma una volta tornato a Ravenna si ritirò a vita eremitica sotto la guida dell'eremita Martino, abate di Pomposa, di cui fu successore nel 998.
Sotto la sua guida il monastero conobbe un periodo florido, sia nell'ingrandimento edilizio, sia per il gran numero di monaci presenti. Collaborò con l'arcivescovo Gebeardo alla riforma ecclesiastica, favorì le nuove teorie sul campo musicale liturgico, ebbe fra i suoi monaci anche Guido d'Arezzo, inventore del pentagramma. Aderendo all'invito dell'imperatore Enrico III di recarsi a Piacenza, non poté raggiungere il luogo: malato dovette fermarsi a Borgo San Donnino, dove morì il 31 marzo 1046.
Guido diede vita ad una disciplina monastica “originale”, definita Ordo Pomposianus: l’eremo, da sempre più alto grado di esercizio della vita monastica, non prevaleva sul cenobio; l’abate, eletto dagli eremiti, doveva risiedere nel cenobio e quest’ultimo aveva un ruolo proprio, nel quale al monaco era consentito di esercitare a pieno la sua vocazione spirituale, senza passare dall’eremo.
Pomposa è stato un importante centro di Riforma della vita monastica in Italia, della quale San Guido fu il principale ispiratore e artefice. Durante il suo abbaziato, l’osservanza monastica prese vigore, aumentando fortemente il numero delle vocazioni. Il numero dei monaci, durante il periodo di permanenza presso la comunità di San Pier Damiani, chiamato a istruirli, era superiore a cento. Si devono poi a San Guido le grandi opere di rifacimento del monastero e di ampliamento della chiesa.
Pomposa divenne il Monasterium in Italia primum: l’alta spiritualità raggiunta dal cenobio ed il forte carisma esercitato dall’Abate Guido, attirarono sul monastero l’ammirazione di imperatori, vescovi e signori, tar i quali si ricorda Bonifacio di Marchese di Toscana e padre di Matilde di Canossa, che in San Guido ebbe il suo confessore.
La traslazione
Il 31 marzo 1046 la morte sorprese l’abate Guido lontano da Pomposa, mentre era in viaggio verso Pavia, precisamente a Borgo san Donnino (attuale Fidenza), città dove Enrico III aveva convocato un Sinodo di vescovi e abati: i due monaci che lo avevano accompagnato si stavano preparando a riportare la salma a Pomposa, ma giunti a Parma, al verificarsi di alcuni miracoli, il corpo fu trattenuto fino all’intervento di Enrico III, il quale informato dell’accaduto, decise di trasferire il corpo in San Zeno a Verona. Enrico III, al rientro da Roma, dopo aver risolto una delicatissima questione (tre papi si contendevano il soglio pontificio), aver ridato unità alla Chiesa ed essere stato incoronato Imperatore, volle con sé il corpo del Santo per portarlo nella città di Spira. Il 4 maggio del 1047, giorno della Pentecoste, il corpo di San Guido fu deposto in un sarcofago di marmo sul quale fu scolpita la frase HID REQUIESCAT CORPUS S. GUIDONIS ABBATIS e trasferito nella Chiesa di San Giovanni, Patrono della città e divenuta Chiesa di San Guido.
Nel 1689, con la distruzione della città e anche della chiesa, le reliquie furono portate provvisoriamente in un luogo sicuro, all’interno del Duomo cittadino. Nel 1750 la Chiesa di San Giovanni venne ricostruita e le reliquie riportate e collocate sull’altare maggiore, ma poi nel 1794, con l’ingresso dei soldati francesi portati dalla Rivoluzione, la chiesa fu saccheggiata, e i resti del Santo furono dispersi “… tra l’avena ammucchiata sul pavimento …”. Grazie all’intervento notturno delle pietose e intrepide suore del vicino convento di santa Maria Maddalena, fu possibile recuperare parte dei resti e metterli in salvo nelle chiesa del loro monastero.
Nel 1930, parte delle reliquie recuperate (le due tibie), furono riportate nella chiesa di San Guido, diventata nel frattempo parte del Collegio missionario dei Padri Spiritani. Verso la fine del Novecento, a causa di una profonda crisi vocazionale, i Padri Spiritani dovettero abbandonare la loro missione, la chiesa di San Guido venne sconsacrata e le reliquie, in attesa di una nuova definitiva collocazione furono portate provvisoriamente nella cappella privata del Vescovo.
Il ricordo
Nel 1997 un gruppo di parroci tedeschi di Spira in visita a Pomposa, fu informato da una guida turistica della richiesta, mai esaudita, riguardante la restituzione delle spoglie di san Guido alla sua cara Abbazia. Il gruppo era guidato da Don Giuliano Gandini, sacerdote veronese, parroco della comunità italiana a Spira: i sacerdoti, ritornati nella città tedesca, informarono immediatamente del fatto il Vescovo della città, Dr. Anton Schlembach, il quale, avvertendo un antico e profondo legame con Pomposa, accolse entusiasticamente la richiesta.
Così il 19 novembre del 2000, la reliquia di San Guido, portata solennemente dal Vescovo Schlembach, dai parroci e da un numeroso gruppo di pellegrini spirensi, fece ingresso nell’Abbazia di Pomposa, dove ad accoglierli, nella chiesa gremita di fedeli, erano presenti l’allora Vescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa, Mons. Carlo Caffarra e il vescovo Emerito di Ravenna Mons. Luigi Amaducci.
Oggi una tibia si trova nella cappella di Santa Caterina nel Duomo di Spira e l’altra nella navata sinistra dell’Abbazia di Pomposa.
La reliquia
La reliquia di San Guido è contenuta in uno scrigno realizzato dall’orafo di Würzburg, Michael Amberg e dalla moglie Fides. Essa riposa su seta blu indiana, lavorata con fili e ricami d’oro, ornata con 12 grosse stelle a fiore, perle d’acqua dolce e di mare, sfere d’oro indiane con piastrine dorate e punzonate, incorniciata come nel giardino celeste. La stessa reliquia è ornata con piccoli fiori celesti e avvolta con una benda di pergamena con testo a inchiostro colorato. Il lato superiore e le parti laterali del reliquiario racchiudono con ghirlande di frutti, le chiese dedicate a Maria: la Cattedrale di Spira e l’Abbazia di Pomposa.
Il testo inciso recita: EX OSSIBUS SANCTI GUIDONIS ABBATIS A.D. 2000 DONUM DIOCESIS SPIRENSIS (Osso di tibia dello scheletro del Santo Abate Guido Anno del Signore 2000, dono della Diocesi di Spira).
Autore: Antonio Borrelli
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