I primi anni
Giustino Russolillo nacque a Pianura, oggi quartiere occidentale di Napoli, ma in quel tempo comune autonomo, il 18 gennaio 1891. Era il terzo dei dieci figli di Luigi Russolillo, muratore, e di Giuseppina Simpatia, casalinga. A causa di un’eccezionale nevicata, suo padre dovette spalare la neve fuori di casa per riuscire a portarlo, il giorno dopo la nascita, al fonte battesimale. Nei registri parrocchiali fu indicato solo col nome di Giustino, a cui, all’anagrafe civile, furono aggiunti quelli di Pietro e Orazio.
Da bambino mostrò una notevole intelligenza, condita a tratti da una certa curiosità. A cinque anni fece la Prima Comunione. Collaborarono alla formazione intellettuale le zie paterne, maestre elementari, aiutate, per l’insegnamento del latino, da don Orazio Guillaro, parroco di Pianura.
Sacerdote a tutti i costi
A 10 anni Giustino entrò nel Seminario della diocesi di Pozzuoli, nel cui territorio si trova tuttora Pianura, e dopo aver superato gli esami fu ammesso alla seconda ginnasiale. Tuttavia, prima di entrare ebbe bisogno di un notevole aiuto economico, dato che il padre, per un incidente sul lavoro, non poteva garantire altre entrate in famiglia.
Di fronte al rifiuto del barone Zampaglione, un notabile cittadino cui si era rivolta mamma Giuseppina, lei disse al figlio, ammutolito per la delusione: «Non temere: mamma ti farà prete anche a costo di impegnarsi gli occhi». Alla fine, però, il nobile cedette.
L’impegno del seminarista fu lodato dai superiori, i quali, per agevolare la sua salute cagionevole e impedirgli di essere rimandato a casa, gli diedero una stanza con vista sul mare e, quando possibile, gli fornivano razioni di cibo più consistenti.
L’ordinazione e gli inizi dell’opera per le vocazioni
Nel frattempo, il giovane cominciò a pensare alla realizzazione di una congregazione religiosa a carattere vocazionale, per la quale cominciò a stendere anche le Costituzioni. Fu ordinato sacerdote il 20 settembre 1913: quello stesso giorno, emise il voto di carità di terzo grado e promise solennemente a Dio che avrebbe fondato un’opera dedicata alla ricerca e alla promozione delle vocazioni.
Cominciò proprio dal suo paese, dedicandosi con generosità all’apostolato, specie all’insegnamento del catechismo ai bambini e ai ragazzi. Formò quindi due gruppi, i Volontari di Gesù e i Fedelissimi, coi quali organizzò qualcosa di simile a un oratorio.
Un’esperienza di vita comune
Un giorno, parlando ai Fedelissimi, don Giustino chiese se qualcuno di loro volesse diventare sacerdote. A nome di tutti, Salvatore Polverino rispose di no. Grazie alla zia Michelina, il giovane sacerdote scoprì il motivo: era lo stesso che aveva rischiato di bloccare il suo cammino, ossia la scarsità di mezzi finanziari.
Proprio per questo, don Giustino tentò un esperimento di vita comune con i ragazzi che più chiaramente erano orientati alla vita sacerdotale, a partire dal 30 aprile 1914. Tuttavia, l’iniziativa non venne accettata dal vescovo di Pozzuoli e venne momentaneamente sospesa.
Dopo aver partecipato nei reparti sanitari, alla Prima Guerra Mondiale, ritornato a Pianura, vide lentamente realizzarsi i suoi progetti. Non riuscendo a superare alcune difficoltà nella sua Diocesi di origine, si mise in contatto con il vescovo di Troia, monsignor Fortunato Maria Farina (Venerabile dal 2020), il quale si dichiarò disposto ad accettarlo nella sua diocesi, offrendogli una casa per le sue opere e la direzione spirituale del Seminario diocesano.
I primi passi della comunità femminile
Alla vigilia di quell’esperimento di vita comune, il 29 aprile 1914, la signorina Rachele Marrone, che dirigeva un laboratorio di cucito ed era seguita da don Giustino come direttore spirituale, gli mandò un messaggio tra il serio e l’ironico: «Solo i maschi devono farsi santi?». Lui accettò di seguire pure le ragazze, anche se non aveva ancora in mente di costituire un gruppo di suore.
Per il momento, guidò Rachele e altre giovani alla consacrazione come Schiave di Maria secondo lo schema di san Luigi Maria Grignion de Montfort, ricevendo il loro impegno il 15 agosto 1914, presso una statua della Madonna de La Salette sulla collina dei Camaldoli, a Napoli.
Il 1° febbraio 1919 venne riconosciuta la Pia Unione che accoglieva le fanciulle del paese che aspiravano alla vita religiosa, con la guida di Rachele Marrone. A esse spettò il compito dell’istruzione religiosa dei fanciulli, di animare l’apostolato missionario e di collaborare alla nascente e parallela Opera maschile.
Nel periodo bellico, infatti, don Giustino era diventato più convinto della necessità di un ramo femminile dopo aver osservato l’operato delle Suore di Maria Bambina nell’ospedale di Mestre. Come ripeté più volte, «Per far crescere il Bambino Gesù ci vogliono Maria e Giuseppe»: fuor di metafora, per coltivare le vocazioni ci voleva anche una mano femminile, con tutte le sue peculiarità.
Parroco a Pianura
Proprio mentre si ultimavano i preparativi per il passaggio dalla diocesi di Pozzuoli a quella di Troia, monsignor Michele Zezza, vescovo di Pozzuoli, venne nominato arcivescovo di Napoli. Monsignor Pasquale Ragosta, vescovo di Ischia, nominato amministratore apostolico di Pozzuoli, chiese a don Giustino di compiere in Diocesi ciò che avrebbe voluto fare altrove.
Per questo motivo, lo invitò a concorrere per il beneficio della parrocchia di San Giorgio Martire a Pianura, rimasta vacante per la morte improvvisa del parroco don Giosué Scotto Di Cesare. Don Giustino accettò: il 20 settembre 1920, settimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, prendeva ufficialmente possesso della parrocchia.
La nascita del Vocazionario
Il 18 ottobre 1920, nei locali della casa canonica di Pianura, riprese la vita comune dei suoi ragazzi: fu il primo Vocazionario, ossia un centro di aggregazione e promozione delle vocazioni. Il nome che aveva pensato di dare alla nascente congregazione era “Servi dei Santi”, intendendo per “santi” i membri del popolo di Dio, come nelle lettere di san Paolo.
Anche per le ragazze che seguiva ci furono cambiamenti: con l’autorizzazione del vescovo, la sera del 1° ottobre 1921 le prime sei aspiranti iniziarono a vivere insieme in un appartamento in affitto presso Villa Caleo (poi acquistata interamente). Quattro di loro, compresa Giovanna Russolillo, sorella di don Giustino, furono inviate quattro anni dopo a Marcianise in provincia di Caserta, per diplomarsi insegnanti nelle scuole materne.
L’erezione canonica della Società delle Divine Vocazioni
Il nuovo vescovo, monsignor Petrone, firmò il decreto di erezione canonica diocesana, il 26 maggio 1927. Il giorno del suo 40° compleanno, il 18 gennaio 1931, il fondatore emise i voti come primo religioso della nascente congregazione nelle mani di monsignor Francesco Cammarota, vescovo della diocesi di Capaccio – Vallo della Lucania, presso la cappella privata della Curia vescovile. In religione assunse i nomi di Giustino Maria della SS. Trinità.
Il 19 giugno 1931 arrivò il decreto che ratificava l’erezione canonica della Congregazione, specificando i nomi dei due rami: “Società delle Divine Vocazioni” per quello maschile e “Suore delle Divine Vocazioni” per quello femminile. Per brevità, sono detti Padri Vocazionisti e Suore Vocazioniste.
Il tempo della verifica
Nonostante gli ulteriori progressi e l’apertura di nuove Case, anche oltre Oceano, i due rami dei Vocazionisti dovettero affrontare numerose e serie difficoltà prima di ottenere l’approvazione pontificia.
Per cominciare, dovettero subire due severe visite canoniche, una nel 1941 dal padre Raffele Baldini dei Servi di Maria e l’altra nel 1945 dal padre Serafino Cuomo, francescano. Quando le ragioni delle indagini vennero meno, giunse il sospirato riconoscimento pontificio: 24 maggio 1947 per le suore e 3 gennaio 1948 per i padri.
La spiritualità vocazionista
Don Giustino guidò le sue Congregazioni infondendo nei suoi figli e figlie una spiritualità che mirava all’unione divina delle anime con la Santissima Trinità.
In tempi in cui la santità appariva ancora un traguardo riservato solo ad alcune categorie di persone, don Giustino si fece promotore e sostenitore convinto del movimento della santificazione universale, che allora nasceva in Europa. Il suo saluto abituale era «Fatti santo», completato a volte come «Fatti santo davvero, che tutto il resto è zero».
L’idea di un istituto secolare
Nel 1947, dopo aver letto sull’ «Osservatore Romano» la Costituzione apostolica «Provida Mater» sugli istituti secolari, esclamò: «Questo è proprio quello che noi aspettavamo!». In una lettera al Redentorista padre Michele Mazzei, suo direttore e consigliere spirituale, tornò sull’argomento, auspicando «di poter realizzare molte cose ad essa relative».
Una di queste è sorta solo dopo la sua morte: l’Istituto secolare delle “Apostole Vocazioniste della Santificazione Universale” che ha come scopo principale la santificazione dei suoi membri e di tutto il popolo di Dio. Le aderenti, in quanto Vocazioniste, collaborano con i padri e le suore nella pastorale vocazionale, estendendo da consacrate laiche la loro opera nel sociale, facendosi compagne di viaggio degli anziani, delle persone sole ed abbandonate, dei sofferenti.
Fondatore, ma pur sempre parroco
Don Giustino, comunque, non trascurò i suoi doveri di parroco: celebrava la prima Messa alle 4,30 del mattino, per dare ai contadini e agli impiegati la possibilità di ricevere la comunione prima di andare al lavoro. Inoltre si occupò della formazione dei catechisti, promosse l’Azione Cattolica e organizzò forme di carità parrocchiali nei confronti di ammalati e disoccupati. Problemi d’ordine finanziario misero le due Congregazioni in grave pericolo di scioglimento. I biografi raccontano che fu l’intervento di papa Pio XII a sbloccare la situazione: conosceva e apprezzava le attività di don Giustino, inclusa quella di accoglienza e aiuto ai sacerdoti in crisi.
Gli amici santi del “santo di Pianura”
La sua buona fama si era da tempo diffusa ben oltre i confini parrocchiali e cittadini e crebbero i suoi amici. Ad esempio, la carmelitana suor Giuseppina di Gesù Crocifisso (Beata dal 2008), che conobbe don Giustino quando fu invitato a predicare alle sue consorelle del convento dei Ponti Rossi a Napoli. Anche il fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei, l’avvocato Bartolo Longo (Beato dal 1980), fu in contatto con lui: inviò al Vocazionario di Pianura alcuni ragazzi ospitati nelle opere annesse al Santuario.
Don Giustino, comunque, rifuggì onori ed elogi. È indicativo in tal senso l’episodio di quando una donna, venuta da fuori, chiese d’incontrare “il santo di Pianura”. Lui immaginava che alludesse alla sua persona: la condusse di fronte all’immagine di san Giorgio esposta in chiesa e si allontanò.
La malattia
Nella primavera del 1955 la sua salute, sempre tenuta sotto controllo tra varie complicazioni, ebbe dei crolli imprevisti. Ciò nonostante non interruppe i suoi impegni, specie in Quaresima e nel mese di maggio.
Il giorno del Corpus Domini, 9 giugno, volle portare personalmente in processione il Santissimo Sacramento, nonostante il parere contrario del dottor De Simone, suo medico curante. Solo all’inizio di luglio accettò il suo suggerimento di farsi visitare da un collega.
Il 16 luglio il dottor Cataldi gli prescrisse riposo assoluto, ma lui portò a termine il suo ultimo impegno, la predicazione degli esercizi spirituali alle Suore della Provvidenza presso l’ospedale Monaldi di Napoli. Solo allora domandò al Vicario generale di poter trascorrere qualche giorno di riposo. Dal 20 al 27 luglio don Giustino, accompagnato da don Raffaele Castiglione, visitò i novizi e i professi, quasi per un congedo, poi tornò a Pianura.
La morte
Le sue condizioni si erano aggravate, tanto da far accorrere i dottori De Simone e Cataldi e suo fratello Michele, anche lui medico. Il risultato delle analisi del sangue confermò la loro ipotesi: aveva la leucemia.
Nel frattempo, arrivò da Roma anche madre Giovanna, sua sorella, Superiora generale delle Suore Vocazioniste. Il 1° agosto accettò di farsi ricoverare in ospedale, ma, come confermò il dottor Russolillo, era troppo tardi. Morì alle 21.10 dell’indomani, senza nessun lamento, dopo aver ricevuto l’Unzione degli infermi.
La sua salma venne subito esposta all’interno del Vocazionario, ma l’indomani venne trasferita nella chiesa di San Giorgio, dove rimase per tre giorni, continuamente visitata da moltissime persone. Dopo i funerali, venne sepolto nel cimitero di Pianura, ma già il 14 aprile del 1956 la sua salma venne traslata nella chiesa del Vocazionario.
La causa di beatificazione fino al riconoscimento delle virtù eroiche
Poco più di vent’anni dopo, in seguito al perdurare del suo ricordo e della sua fama di santità, i Vocazionisti chiesero di poter avviare la sua causa di beatificazione. Il processo informativo cominciò il 23 aprile 1978 in diocesi di Pozzuoli, ma fu trasferito il 7 luglio 1978 presso il tribunale ecclesiastico della diocesi di Napoli, dove proseguì dal 18 gennaio 1980 al 13 maggio 1985, quando i documenti furono trasmessi alla Congregazione delle Cause dei Santi; il decreto di convalida del processo diocesano sulle virtù eroiche fu firmato il 23 gennaio 1986.
Il 22 ottobre 1996 si svolse la ricognizione canonica dei resti mortali, mentre il 5 dicembre dello stesso anno la “Positio super virtutibus” venne consegnata a Roma. Sia il congresso dei consultori teologi, il 7 febbraio 1997, sia la riunione dei cardinali e vescovi membri della Congregazione, il 18 novembre dello stesso anno, diedero parere positivo circa l’esercizio delle virtù eroiche da parte del Servo di Dio. Il 18 dicembre 1997, infine, il Papa san Giovanni Paolo II firmò il decreto con cui don Giustino fu riconosciuto Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Come miracolo per la beatificazione fu preso in esame il caso di Gaetanina Meloro, nata a Newark nel New Jersey, affetta da un carcinoma papillare squamoso all’interno della vagina. Mentre i medici cercavano le terapie migliori, la donna e i suoi familiari chiedevano l’intercessione di don Giustino, che lei conosceva perché frequentava una parrocchia retta dai padri Vocazionisti.
Alla fine della radioterapia esterna, prima di procedere con le cure interne, i medici riscontrarono la completa sparizione della forma tumorale. Il fatto risaliva al febbraio 1998, poco meno di due mesi dopo il decreto sulle virtù eroiche.
Il processo sulla presunta guarigione miracolosa, completa e duratura (i successivi controlli mostrarono l’assenza di recidive) si svolse quindi dal 16 marzo al 14 novembre 2005 e fu convalidato il 9 marzo 2007.
La Consulta medica della Congregazione delle Cause dei Santi diede parere positivo il 18 giugno 2009, confermato dai consultori teologi il 12 dicembre 2009 e dai cardinali e vescovi membri il 1° giugno 2010. Il decreto sul miracolo, promulgato il 1° luglio 2010 da papa Benedetto XVI, aprì quindi la strada alla beatificazione.
La beatificazione
La celebrazione si svolse a Napoli nel quartiere di Pianura, in via Comunale Pallucci, il 7 maggio 2011. Presiedette il rito, in rappresentanza del Santo Padre, il Cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
La memoria liturgica fu fissata, per la diocesi di Pozzuoli e per la Famiglia Vocazionista, al 2 agosto, giorno della nascita al Cielo del novello Beato.
Il miracolo per la canonizzazione
Per ottenere la canonizzazione è stato preso in esame un secondo asserito miracolo. Come riferisce padre Giacomo Capraro, Postulatore della causa, sul sito Internet della Società Divine Vocazioni, si tratta del caso di Jean Emile Rasolofo, giovane religioso vocazionista.
Fu ricoverato d’urgenza il 16 aprile 2016 nell’ospedale di Pozzuoli, ma era ormai in coma. I medici dichiararono che, semmai fosse uscito dal coma, non avrebbe ripreso pienamente le sue funzioni vitali, dato che era trascorso troppo tempo fino all’effettivo ricovero.
In tutte le comunità vocazioniste furono indette novene di preghiera e solenni celebrazioni per chiedere la guarigione di Jean Emile mediante l’intercessione del Beato Giustino. Il 21 aprile 2016, nella parrocchia di Santa Maria a Quarto, dove il religioso risiedeva, fu celebrata la Messa. Alle 9.15, al momento della Consacrazione, un quadro con l’immagine del Beato, collocato in maniera stabile e decorosa a destra dell’altare, fu visto da molti sollevarsi e planare ai piedi della mensa. Alla stessa ora dello stesso giorno, Jean Emile riprese conoscenza. I successivi esami hanno dimostrato che non aveva subito danni o complicazioni.
L’inchiesta diocesana sull’asserita guarigione miracolosa è stata aperta il giorno 19 luglio 2017 presso la Curia Vescovile di Pozzuoli. Si è conclusa il 23 marzo 2018, presso la parrocchia della Sacra Famiglia a Pianura-Napoli.
La canonizzazione
Il 5 marzo 2020 la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi si è espressa a favore dell’inspiegabilità scientifica dell’accaduto. Il 16 giugno 2020, invece, i Consultori Teologi hanno confermato il nesso tra la guarigione del giovane e l’intercessione del suo fondatore. Il 6 ottobre 2020, quindi, la Plenaria dei cardinali e dei vescovi membri della stessa Congregazione ha riconosciuto il fatto come miracoloso.
Il 27 ottobre 2020, ricevendo in udienza monsignor Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto sul miracolo. Lo stesso Pontefice ha presieduto la Messa col Rito della canonizzazione sua e di altri nove Beati il 15 maggio 2022, in piazza San Pietro a Roma.
La Famiglia Vocazionista oggi
La missione peculiare del discernimento vocazionale, messa in atto da san Giustino Maria della SS. Trinità (il nome di devozione assunto da lui), prosegue oggi tramite l’operato dei Padri e delle Suore Vocazionisti, ma anche delle Apostole Vocazioniste della Santificazione Universale e di numerosi gruppi di laici che cercano di fare in modo che tutti gli uomini siano aiutati a rispondere alla divina vocazione alla vita, alla fede, alla santità.
Autore: Emilia Flocchini
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