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> Home > Sezione R > Santa Rosa Francesca Maria Addolorata (Maria Rosa) Molas Vallvé Condividi su Facebook

Santa Rosa Francesca Maria Addolorata (Maria Rosa) Molas Vallvé Vergine, Fondatrice

Festa: 11 giugno

Reus, Spagna, 24 marzo 1815 - Tortosa, Spagna, 11 giugno1876

Nasce a Reus il 24 marzo 1815. Entrata tra le Figlie della Carità, nel 1841 prende l'abito religioso e accetta qualunque incarico e lavoro le venga affidato: è superiora, dirige una scuola femminile di ricamo; lavora in ospedale. Ma le difficoltà sono infinite, sia per le vicende politiche del momento e soprattutto per le tensioni interne che turbano la convivenza. E' per questo che, appoggiata dal vescovo di Tortosa, decide di lasciare il suo istituto a Reus. Nasce così la nuova congregazione religiosa, denominata di Nostra Signora della Consolazione, dedita a ospedali e collegi, case di carità e insegnamento. Quando Suor M. Rosa muore, nel 1876, l'Istituto è ricco di energie spirituali e di vitalità. Giovanni Paolo II l'ha proclamata santa l'11 novembre 1988.

Martirologio Romano: A Tortosa in Spagna, santa Rosa Francesca Maria Addolorata (Maria Rosa) Molas Vallvé, vergine, che trasformò un sodalizio di pie donne nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Consolazione per il servizio ai bisognosi.


Il Signore non si spaventa delle “situazioni irregolari”, anzi, a volte se ne serve proprio per realizzare i suoi capolavori. E’ la cosa che è successa nella vita di Santa Maria Rosa Molas y Vallvé, una spagnola nata a Reus nel 1815, che un giorno si accorge di “non essere suora” e di cui il buon Dio si serve per fondare una nuova congregazione di suore. Andiamo con ordine, a cominciare dalla fatica che questa ragazza deve fare per entrare in convento. Sente chiaramente la vocazione alla vita religiosa a 16 anni, anche se è dal giorno della Prima Comunione che le sembra di sentirsi chiamata da Gesù e coltiva in silenzio questa intimità con Dio con tanta preghiera e tanti gesti di bontà, soprattutto in casa; ma è proprio in casa che incontra i maggiori ostacoli per realizzare la sua vocazione. Il più tenace oppositore è papà, che, pur essendo un uomo dalla messa quotidiana, proprio non riesce a capire e condividere la vocazione di quella figlia. Che, intanto, impara la fare la volontà di Dio e deve così aspettare dieci lunghi anni, ma che alla fine riesce a vincere la sua partita: nel 1841 si chiude la porta di casa alle spalle e va a bussare all’ospedale di Reus. Qui lavora la Corporazione delle “Sorelle della Carità”, una minuscola comunità di vita religiosa mai riconosciuta dalla Chiesa che tutti però considerano una congregazione di suore a tutti gli effetti. Diventa una di loro, me prende l’abito e cambia il suo nome (in famiglia tutti la chiamavano Dolores) in quello di suor Maria Rosa. Fin dal giorno successivo al suo ingresso in comunità si trova catapultata in corsia, a curare malati completamente abbandonati, dove porta una ventata di freschezza e di giovialità. Nulla di speciale in lei, se non un grande entusiasmo, tanta delicatezza, insieme ad occhi nuovi per vedere, oltre alle piaghe del corpo, anche quelle provocate nell’anima dalla mancanza di amore. Se ne accorgono i malati e pure le consorelle, entusiaste di quel “nuovo acquisto”. Dopo qualche anno la mandano nella non distante “Casa di Carità”, a farsi carico di un bel gruppo di bambini e a dirigere un collegio di ragazze. Anche qui porta una ventata d’allegria e si trasforma in consigliera e confidente delle adolescenti, che più che come direttrice, la sentono mamma dolce e premurosa. La sua presenza a Reus passa alla storia per un singolare atto di eroismo, quando nel 1844, durante l’assedio della città da parte delle truppe del Generale Zurbano e nel bel mezzo di un bombardamento che sta seminando distruzione e morte, con due consorelle scavalca le trincee e va ad inginocchiarsi ai piedi del generale per chiedere clemenza. Incredibile a dirsi, il generale senza cuore si lascia toccare dal coraggio e dalla generosità di quelle suore indifese e toglie l’assedio alla città senza altro spargimento di sangue. Lei è fatta così, generosa fino all’estremo e “pronta a sacrificare tutto a vantaggio dei nostri poveri fratelli”, nelle corsie di un lazzaretto come tra le macerie di un bombardamento. Insieme ad altre quattro consorelle, nel 1849 viene poi mandata a Tortosa e qui scopre…di non essere mai stata suora, o meglio che la comunità religiosa di cui fa parte non ha mai avuto l’approvazione ecclesiastica. Per superare questa situazione di irregolarità e per evitare di essere un’abusiva all’interno della Chiesa, che lei sempre ha considerato come madre, si fa in quattro per convincere le consorelle a fare i passi necessari per regolarizzare la situazione. Solo quando si accorge che il suo è fiato sprecato, sostenuta dal vescovado, prende la dolorosa decisione di staccare la comunità di Tortosa dalla “casa madre” di Reus. Nasce così, il 14 marzo 1857, una nuova congregazione che l’anno dopo lei battezza “Sorelle della Consolazione”: il carisma che suor Maria Rosa trasmette loro, infatti, è quello di “continuare sulla terra la missione del nostro dolcissimo Redentore Gesù, consolando gli afflitti”, educando e servendo l’uomo “in qualsiasi situazione di necessità”. Altro non è, in fondo, quello che lei ha sempre cercato di fare, con la tenerezza e la delicatezza che le è propria, ma anche con il suo “carattere vivace ed energico, intraprendente e deciso”, che certamente l’aiuta a superare difficoltà, evidenti ingiustizie e persecuzioni di vario tipo. E’ il suo fisico, però a risentirne e si spegne ad appena 61 anni, l’11 giugno 1876, festa della SS: Trinità. Paolo VI la beatifica nel 1977 e Giovanni Paolo II la canonizza nel 1988, mentre le sue 700 figlie sono sparse in un centinaio di case, in undici stati di quattro continenti.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2009-07-19

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