Villaverla, Vicenza, 14 maggio 1872 – Firenze, 22 dicembre 1961
Elia Dalla Costa nacque a Villaverla, in provincia e diocesi di Vicenza, il 14 maggio 1872. Studiò nel Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote il 25 luglio 1895. Nel 1910 divenne parroco di Schio, impegnandosi pienamente, nel periodo della prima guerra mondiale, nell’accoglienza dei profughi e di quanti tornavano dal fronte. Il 23 maggio 1923 fu nominato vescovo di Padova, occupandosi specialmente della ricostruzione delle chiese, della difesa dell’Azione Cattolica dalle leggi fasciste e del Seminario. Fece il suo ingresso a Firenze il 21 febbraio 1932, dopo la nomina ricevuta il 19 dicembre 1931. Creato cardinale il 16 marzo 1933, guidò la diocesi sostenendo l’operato del sindaco di Firenze Giorgio La Pira (anche per lui è in corso il processo di beatificazione) e attivandosi per salvare gli ebrei e i perseguitati politici in genere. Rassegnò le dimissioni nel 1951, ma papa Pio XII le respinse e lo tenne in carica fino al 31 gennaio 1958. Morì il 22 dicembre 1961, povero e compianto dai fiorentini. Il suo processo diocesano cognizionale iniziò il 26 gennaio 1981 e fu convalidato il 19 novembre 1993. Il 4 maggio 2017 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che lo dichiarava Venerabile. I resti mortali del cardinal Dalla Costa riposano nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze.
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Infanzia e vocazione
Figlio del segretario comunale Luigi Dalla Costa e di Teresa Del Canton, Elia nacque a Villaverla in provincia di Vicenza il 14 maggio 1872. Già a cinque anni rimase orfano della madre, ricevendo educazione, stimolo al lavoro e virtù dal padre.
Frequentò le classi elementari e le ginnasiali a Vicenza. A 14 anni, nel 1886, entrò nel Seminario vicentino, intraprendendo gli studi per accedere al sacerdozio. Mentre studiava Teologia, frequentava anche la facoltà di Lettere presso l’Università di Padova, dove si laureò nel 1897.
Fu ordinato sacerdote il 25 luglio 1895 nel duomo di Schio, sempre in provincia di Vicenza. Per più di un anno rimase a Villaverla, come cappellano (viceparroco) del suo parroco ammalato, poi passò ad insegnare lettere nel Seminario di Vicenza. In seguito fu cappellano a Pievebelvicino e, nel 1902, passò a Pozzoleone come parroco.
Parroco durante la prima guerra mondiale
Il 10 novembre 1910 fu nominato titolare della parrocchia di Schio. I suoi dodici anni lì furono di vita apostolica ammirabile. La sua predicazione era ascoltatissima; sempre presente al letto degli ammalati, si riservò le chiamate notturne.
Poiché si trovò con la sua parrocchia sulla linea del fronte della prima guerra mondiale, organizzò l’accoglienza dei feriti, dei profughi e dei soldati che tornavano dal vicino fronte. Asciugò le lacrime, condivise le preoccupazioni che la guerra portava, assistette gli orfani.
La sua continua e benefica opera, gli meritò la Croce di Cavaliere della Corona d’Italia e in seguito un diploma di benemerenza dal Ministero delle Terre liberate del Nord-Est italiano.
Vescovo di Padova
Tanta sollecitudine pastorale non passò inosservata: il 23 maggio 1923 fu nominato vescovo di Padova. In nove anni di episcopato, tenne due visite pastorali alle 400 parrocchie della diocesi. Fece riparare oltre 50 chiese parrocchiali e canoniche, distrutte o danneggiate dagli eventi bellici. Si interessò del decoro e della manutenzione dei vari cimiteri di guerra, sparsi sugli altopiani della provincia e sul Monte Grappa.
In campo spirituale ebbe come mete la dottrina cristiana e il culto eucaristico. Difese con tutte le sue forze l’Azione Cattolica, in particolare nel 1925 e nel 1931, contro le minacce del regime fascista, che era deciso allo scioglimento dei Circoli giovanili non governativi.
Il Seminario era la pupilla dei suoi occhi, come la cura per la santificazione del clero. Scrisse e disse fra l’altro ai suoi fedeli: «Quello che sarà mio sarà vostro: vostra la mia mente, vostro il mio cuore, vostra la mia salute e la mia vita, vostro tutto quello che è mio… mentre io vi chiedo solo ciò che può giovare a voi stessi»; «Nato e vissuto povero, morirò certo povero».
Arcivescovo di Firenze
Il 19 dicembre 1931 venne nominato arcivescovo di Firenze, dove fece il suo ingresso il 21 febbraio 1932. Il 16 marzo 1933 fu creato cardinale da papa Pio XI.
Anche a Firenze tenne personalmente quattro visite pastorali alle numerose parrocchie. Nel 1933 celebrò il 1° Concilio Plenario Etrusco e nel 1935 il suo 1° Sinodo Diocesano, seguito da un secondo nel 1946. Tenne due Congressi Catechistici (1933 e 1940) e due Congressi Eucaristici Diocesani (1937 e 1946).
Come a Padova, curò la santificazione del clero e l’educazione dei seminaristi. In tre anni, dal 1935, fece costruire il nuovo Seminario minore di Montughi, oggi non più attivo. Con queste parole espresse la sua speranza: “Per anni e per secoli dal seminario usciranno sacerdoti istruiti, confessori sapienti, pastori zelanti di anime, benefattori dei poveri, degli umili, dei derelitti”.
Guidò la diocesi fiorentina con saggezza, ponendosi come fermento di nuove spinte pastorali e culturali, a cui presero parte uomini di vasta cultura e di operoso apostolato laico. Uno fra tutti, Giorgio La Pira, sindaco di Firenze, per il quale è in corso il processo di beatificazione.
La sua carità nel tempo della seconda guerra mondiale
La carità del cardinal Dalla Costa non ebbe limiti nel periodo della seconda guerra mondiale: si oppose alle violenze, da qualunque parte provenissero. Accorse nei luoghi delle incursioni e dei bombardamenti, per soccorrere i feriti e per piangere i morti. Richiese alle parti in guerra, con tenacia e insistenza, che Firenze fosse dichiarata “città aperta”. Nel periodo dell’emergenza, fu quasi l’unica autorità rimasta in difesa dei cittadini.
Si prodigò nei momenti dei bombardamenti della città, personalmente, e attraverso i parroci, per soccorrere i feriti e per piangere e seppellire i morti. Si attivò con ogni mezzo per salvare la vita ai condannati politici. Dopo la Liberazione, intervenne contro ogni violenza e ingiustizia, a favore di tutti coloro che furono oggetto dell’epurazione antifascista.
Organizzò anche l’assistenza e la protezione degli ebrei vittime delle violenze nazifasciste: per questa sua azione a favore del popolo ebraico, è stato riconosciuto “Giusto fra le Nazioni” il 27 novembre 2012 dal Museo di Yad Vashem a Gerusalemme.
Passata la bufera, si ritrovò, come a Padova, a dover ricostruire chiese e canoniche distrutte o danneggiate, ma provvide anche alla costruzione di nuove chiese nelle nuove zone periferiche. Nel contempo intensificò la sua attività pastorale per rinsaldare la comunità ecclesiale, scossa da tanti lutti e sofferenze.
Gli ultimi anni e la morte
Nel 1951, dopo 20 anni di episcopato fiorentino ed a quasi 80 anni, presentò personalmente le sue dimissioni a papa Pio XII, il quale le respinse; tre anni dopo, nel 1954 gli fu dato come coadiutore monsignor Ermenegildo Florit.
Il cardinal Dalla Costa, nonostante l’età e le malferme condizioni di salute, rimase in carica fino al 31 gennaio 1958. Visse appartato, sempre immerso nella preghiera e nella meditazione, i suoi ultimi tre anni di vita.
Morì poverissimo, come aveva predetto, la mattina del 22 dicembre 1961; fu sepolto nella cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze. Lasciò vari scritti e un grande rimpianto per la sua gigantesca figura morale, faro luminoso in periodi così bui per la città di Firenze e per l’Italia tutta.
Il processo di beatificazione
La diocesi di Firenze ha avviato il processo di beatificazione del cardinal Dalla Costa il 21 dicembre 1981, in occasione del ventennale della sua morte; la fase diocesana ha ottenuto la convalida il 19 novembre 1993.
La sua “Positio super virtutibus” è stata consegnata nel 2007 ed è stata esaminata il 22 dicembre 2016 dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi. Il 4 maggio 2017, infine, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui il cardinal Dalla Costa è stato dichiarato Venerabile.
Autore: Antonio Borrelli
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