I primi anni
Giovanni Battista Pinardi nacque il 15 agosto 1880, festa dell’Assunzione di Maria, a Castagnole Piemonte (Torino). I suoi genitori, Sebastiano e Maria Margherita Pinardi (cugini tra loro, di secondo grado), ebbero in tutto sei figli, dei quali due morirono in tenera età; Battistino, come lo chiamavano in casa, era il penultimo. Fu battezzato nella chiesa parrocchiale di San Rocco il giorno dopo, nella festa del santo.
Dai genitori, di ceto piccolo-borghese, fu educato secondo i principi cristiani. Crebbe all’ombra della sua parrocchia: ogni mattina serviva Messa al parroco don Antonio Bues, oppure al viceparroco don Giacomo Galfione, che, nonostante la giovane età, già godeva della fama di un “altro Curato d’Ars”.
Vocazione sacerdotale
Battistino frequentò i primi tre anni delle elementari al suo paese. Risulta poi che nel 1889 fu allievo di una scuola non altrimenti specificata, a Carmagnola. Il 30 aprile 1888 ricevette la Cresima.
Per le quattro classi del ginnasio, fu inserito nel Collegio Salesiano di Borgo San Martino (Alessandria). Lo lasciò nel 1896, quando ormai aveva capito di dover diventare sacerdote diocesano.
Nel 1897 vestì l’abito ecclesiastico e studiò filosofia per due anni nel Seminario di Chieri, poi, dal 1899, fece gli studi superiori nel Seminario di Torino. Infine, il 28 giugno 1903, fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Torino, il cardinal Agostino Richelmy, insieme ad altri 51 compagni di studio.
Completò gli studi di Teologia presso il Convitto Ecclesiastico di Torino, sotto la guida del canonico Giuseppe Allamano e di don Luigi Boccardo (Beati rispettivamente dal 1990 e dal 2007).
Viceparroco a Carignano, parroco a Torino – San Secondo
Per sette anni, dal 1905 al 1912, fu viceparroco a Carignano. Sulle orme di don Bosco, si dedicò all’oratorio dei ragazzi, ai malati, al coro per la liturgia.
Il 15 dicembre 1912 assunse l’incarico di parroco della chiesa di San Secondo di Torino. Lì profuse tutti i tesori del suo animo pastorale, adattandoli alle esigenze di un mondo in crescita, mentre la prima guerra mondiale sconvolgeva l’Europa e le singole comunità locali. Il parroco Pinardi si fece stimare e voler bene dai suoi parrocchiani, partecipando in prima persona a risolvere i problemi dei singoli e della comunità.
Vescovo per obbedienza
Verso la fine del 1915, il cardinal Richelmy lo chiamò e gli chiese se fosse disposto a collaborare più intensamente con lui. Don Pinardi gli assicurò totale disponibilità, senza capire cosa volesse precisamente. Appena il cardinale gli disse che voleva proporlo per l’episcopato e come suo ausiliare, don Pinardi rimase sconvolto: si alzò e scappò via senza salutare nessuno.
Il cardinal Richelmy, che lo conosceva a fondo, propose comunque il suo nome a Roma. Il 3 gennaio 1916 giunse al parroco, incredulo, la nomina vescovile da parte della Congregazione Concistoriale. Seguirono le sue proteste, perché si riteneva indegno, presso l’arcivescovo. Scrisse allo stesso papa Benedetto XV, il quale, il 21 gennaio 1916, gli rispose, pregandolo di accettare. A quel punto, seppur tra le lacrime, don Pinardi ubbidì.
Vescovo ausiliare e parroco al tempo stesso
Così, a soli 36 anni, il 5 marzo 1916 venne consacrato vescovo nella sua chiesa di San Secondo, la sua amata parrocchia. Per i suoi fedeli, rimase sempre “il curato di San Secondo”, perché mantenne il compito di parroco pur ricoprendo svariati incarichi nella diocesi. Il suo è un caso forse unico nella storia della Chiesa italiana.
Nel 1917, infatti, venne nominato Presidente della Società della Buona Stampa. Nel 1919 diventò Presidente della Società per l’Assistenza al Clero bisognoso e, nel 1920, del Comitato per l’emigrazione. Soprattutto, fu Direttore dell’Azione Cattolica in tutte le sue molteplici espressioni.
Altri incarichi
Nel 1924 alla guida dell’arcidiocesi torinese arrivò monsignor Giuseppe Gamba, che due anni dopo fu creato cardinale. Nominato pro-vicario generale, monsignor Pinardi fu impegnato nella diffusione della stampa cattolica, fondando il quotidiano «Il Corriere».
Il 26 dicembre 1929 morì il cardinal Gamba; il suo successore fu il cardinal Maurilio Fossati. Monsignor Pinardi, pur rimanendo in prima linea con le attività pastorali, non venne confermato come vescovo ausiliare. Papa Pio XI spiegò al cardinal Fossati: «A Torino avete un vescovo santo, ma occorre lasciarlo nell’ombra per non avere problemi con il regime».
Negli anni della seconda guerra mondiale
Con l’avvento del fascismo, infatti, i tempi si erano resi difficili, specie per lui, di cui era nota la sua posizione avversa ai soprusi del regime. Nel 1931, quando i circoli cattolici vennero sciolti, monsignor Pinardi si ribellò: i circoli vennero ricostituiti, in un clima tutt’altro che facile.
Poi arrivò il disastro della seconda guerra mondiale, accrescendo la povertà a dismisura. Torino, nel novembre 1942 e nel luglio 1943, fu percossa da terribili bombardamenti, con danni incalcolabili e centinaia di morti.
Monsignor Pinardi fu in prima linea a soccorrere chi soffriva. Si oppose anche alle vendette seguite alla Liberazione del 1945: predicava contro l’odio e andava per le strade a comporre e benedire le salme degli uccisi.
Consolazioni in tempo di pace
Ritornata la pace, si cominciò la ricostruzione di Torino e dell’Italia. Anche sul campo pastorale, monsignor Pinardi cominciò ad avere soddisfazioni. Molti giovani della sua Azione Cattolica entrarono in Seminario: trentasette di essi diventarono sacerdoti. Altri invece diventarono testimoni di Cristo nelle famiglie, nel lavoro e nella società. Nel 1953 rimise a nuovo la chiesa di San Secondo e celebrò il 50° di sacerdozio con la partecipazione di vescovi, clero e fedeli.
Gli ultimi anni e la morte
Nel 1960 partecipò al pellegrinaggio aziendale della FIAT a Lourdes: fu quasi un’offerta della sua vita alla Madonna. Aveva 80 anni e, seppure si muovesse a fatica, continuò ad essere il pastore buono della sua parrocchia e un collaboratore prezioso dell’arcivescovo.
Il 2 agosto 1962, stringendo al cuore la sua croce, si spense. Dal 1964 riposa presso l’altare del Sacro Cuore nel suo “bel San Secondo”, che aveva guidato per ben cinquant’anni.
La causa di beatificazione fino al decreto sulle virtù eroiche
A fronte della sua perdurante fama di santità, il cardinal Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino, promulgò il 26 maggio 1994 l’editto con cui ordinava la raccolta di scritti e testimonianze su monsignor Pinardi. Il nulla osta dalla Santa Sede giunse il 16 aprile 1999.
L’inchiesta diocesana si svolse quindi dal 30 gennaio 1999 al 15 dicembre 2003 e ottenne il decreto di convalida il 27 febbraio 2004. La sua “Positio super virtutibus” è stata consegnata nel 2008.
Il 13 maggio 2019, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Giovanni Angelo Becciu, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui monsignor Giovanni Battista Pinardi veniva dichiarato Venerabile.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
Continuano a chiamarlo il “curato di San Secondo”, perché ha una certa allergia per l’“eccellenza” e sopporta a malapena che qualche volta lo chiamino monsignore, ripetendo che è diventato parroco per scelta e vescovo di Torino per obbedienza.
Figlio di contadini, venuto alla luce il 15 agosto 1880 a Castagnole Piemonte, al “ciabot dél luv” (casolare del lupo) nella campagna torinese, la sua vocazione è sbocciata in casa, dove si vive di fede, e in parrocchia, dove c’è il giovane curato don Galfione che già profuma di santità ed ha qualcosa che lo accomuna al Curato d’Ars. È probabilmente lui ad ispirare il ragazzino, familiarmente chiamato Battistino, ed a fargli venir voglia di guardare al sacerdozio come scelta di vita.
Ordinato nel 1903 e poi avviato all’attività pastorale nella parrocchia di Carignano, a fine 1912 lo mandano parroco di San Secondo, la parrocchia torinese a ridosso di Porta Nuova, già allora crocevia di una multiforme povertà.
Per il vescovo che l’ha ordinato, il cardinale Richelmy, bastano davvero pochi anni per capire che perla di prete sia: già nel 1915 gli comunica la sua volontà di proporlo per l’episcopato e di volerlo suo ausiliare, terrorizzando il diretto interessato, che quel giorno fugge via dal vescovado senza salutare nessuno.
L’ufficialità arriva a gennaio 1916 con una lettera da Roma, davanti alla quale si ferma la sua fuga, ma non le sue lacrime. Chiede che l’ordinazione episcopale avvenga nella “sua” chiesa di San Secondo e soprattutto di continuare ad esserne parroco, il che lo porterà – forse caso unico nella realtà diocesana italiana – a dividersi tra le due mansioni con autentici equilibrismi e soprattutto con un grande dispendio di forze.
Il 5 marzo 1916 diventa così il più giovane vescovo d’Italia, accorgendosi quasi subito quanto pesi l’episcopato. «Tu sai quanto ero lontano dal pensiero di essere fatto Vescovo, ma ora ti posso dire che questa croce pesa, pesa moltissimo!», confida ad un amico prete.
Fin dall’inizio ha tessuto in parrocchia una fittissima rete di solidarietà: i suoi biografi raccontano che ogni giorno, dopo essersi spogliato dei distintivi della sua dignità episcopale, fa quattro piani di scale per raggiungere le soffitte e portare un pasto caldo ai malati più bisognosi; una volta al mese si ferma a mangiare con i poveri della mensa parrocchiale e li serve a tavola, tanto da meritarsi il titolo di “Padre dei Poveri”.
Tutti i mercoledì, poi, provvede alla distribuzione di denaro a chiunque bussa alla sua porta. "Anche se c'imbrogliano, amateli i poveri, Dio non ha dato loro quello che ha dato a noi", continua a raccomandare.
È schierato a favore degli emigranti, a fianco dei lavoratori trascurati nei loro diritti (e per questo i facchini di Porta Nuova lo hanno sopranominato “il santo del borgo”) e contro lo sfruttamento del lavoro minorile, con un occhio di particolare riguardo per gli “spaciafornel”.
«Ho due mani, una serve per ricevere e l’altra per donare a chi ne ha bisogno», dice sempre. Intanto elargisce un consiglio che sarebbe valido ancora oggi: «Per cercare chi soffre, bisogna conoscere i portieri delle grandi case. Così si scovano i poveri!».
Con l’avvento del fascismo iniziano i guai maggiori per lui, che «non era anti-fascista, ma anti-fascismo», perché la sua non è opposizione partitica ma morale, fondata sul ripudio di ogni discriminazione e odio razziale.
Di qui, oltre la difesa dei più deboli, anche il suo sostegno alle istituzioni cattoliche, ai circoli giovanili e all’Azione Cattolica, avversate dal fascismo, al punto che il ministro dell’Interno Federzoni ammette che «c’è quel monsignore a Torino, che dà noia… Sarebbe bene farlo trasferire».
Pio XI non può ignorare questa palese ostilità nei confronti del parroco-vescovo e la posizione delicata in cui viene a trovarsi: «A Torino avete un vescovo santo, ma bisogna lasciarlo nell’ombra per non avere problemi con il regime».
Così, nel 1931, il cardinal Fossati non lo conferma più suo ausiliare, e forse è un bene, perché gli lascia le mani maggiormente libere durante il secondo conflitto, specialmente nel dopo Liberazione, quando è l’unico a scendere nelle strade per raccogliere e dare sepoltura ai morti ammazzati, sfidando i cecchini appostati alle finestre, e si sfianca per soccorrere le vittime dei bombardamenti e la povera gente ridotta alla fame dal razionamento dei viveri.
Monsignor Giovanni Battista Pinardi muore il 2 agosto 1962, dopo aver servito per 50 anni la parrocchia di San Secondo. L’inchiesta diocesana della sua causa di beatificazione si è svolta nella diocesi di Torino dal 30 gennaio 1999 al 15 dicembre 2003 e ha ottenuto il decreto di convalida il 27 febbraio 2004. La sua “Positio super virtutibus” è stata consegnata nel 2008.
Il 13 maggio 2019, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Giovanni Angelo Becciu, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui monsignor Pinardi veniva dichiarato Venerabile.
Autore: Gianpiero Pettiti
|