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Venerabile Maria Apollonia di Savoia Principessa, Terziaria Francescana

Festa: .

Torino, 9 febbraio 1594 - Roma, 13 luglio 1656

La principessa Maria Apollonia di Savoia nacque nel 1594 dal duca Carlo Emanuele I, figlio di Emanuele Filiberto, e da Caterina d’Asburgo, figlia del re Filippo II di Spagna. Fu, terziaria francescana come la sorella Venerabile Francesca Caterina di Savoia, poi monaca cappuccina e dal 1650 monaca oblata nella Congregazione di Santa Francesca Romana a Tor de’ Specchi. Le due sorelle vennero proclamate "Venerabili" con Bolla Pontificia del 1° settembre 1838.


La storia delle monarchie europee è densa di figure dispotiche e a volte crudeli e tiranne, fautori di guerre di conquista, condottieri di eserciti o adagiati nella vita a volte fatua di corte e poco curanti delle necessità dei sudditi.
Ma sarebbe grave errore storico e di valutazione, considerare tutti negativi i sovrani che nei secoli si sono succeduti sui troni europei; perché tra essi e non sono pochi, spiccano grandi figure di eminenti politici, sostenitori della Chiesa, della cultura, dell’arte, del progresso, delle scoperte geografiche e scientifiche; costruttori d’alleanze per il bene dei loro Stati e della futura Europa; baluardo contro le invasioni barbariche, musulmane e asiatiche.
Ma non solo, fra le Famiglie reali d’Europa, magari anche fra quelle convertite, il Cristianesimo e più segnatamente il Cattolicesimo, ha avuto figure di Santi, Beati, Venerabili e Servi di Dio, che unitamente ai tanti Testimoni della Fede del loro tempo, hanno costituito la scia luminosa della Santità cristiana, affiancati ai tanti di umili origini, perché Cristo si segue e si serve in ogni condizione sociale.
È opportuno una considerazione, il povero, l’umile, il sofferente, il perseguitato, raggiunge le vette della santità accettando e valorizzando la sua condizione che purtroppo ha; il ricco, il nobile, il governante, ha invece la prerogativa di una vita agiata e piena di soddisfazioni, ma se egli rinuncia a tutto ciò e si immedesima nel povero e sofferente, condividendone i disagi per amore di Cristo, allora si può dire che la sua santità sia ancora più lodevole e questo devono aver ben compreso re, regine, principi, principesse e nobili, i cui nomi riempiono l’Albo della Santità cristiana.
Non si può in questa scheda andare oltre, che tanto ci sarebbe da dire e approfondire, soprattutto segnalando almeno una parte dei loro nomi, ma si preferisce ritornare al tema della presente scheda, illustrare brevemente le figure delle venerabili Maria e Caterina di Savoia, Terziarie Francescane del XVII secolo.
Settima figlia del Duca di Piemonte Carlo Emanuele I di Savoia (Rivoli, 1562 - Savigliano, 1630) e di Caterina d’Asburgo (1567-1597) figlia del re Filippo II di Spagna, Maria Francesca Apollonia nacque a Torino il 9 febbraio 1594; dopo poco più di un anno, il 5 ottobre 1595, nacque l’ottava dei dieci figli dei duchi, Caterina Francesca.
Secondo gli accordi di Corte che prevedevano l’educazione dei figli maschi all’italiana, mentre per le femmine era prevista alla spagnola, anche le due principesse Maria e Caterina, come già le altre due sorelle maggiori Margherita e Isabella, ebbero come governante una dama venuta da Madrid, la contessa donna Marianna moglie dell’ambasciatore di Spagna a Torino.
La duchessa loro madre desiderava tanto esserle vicino, ma quando ciò cominciava ad essere possibile, ebbe nel 1597 l’interruzione della decima gravidanza e dopo pochi giorni morì a soli 30 anni.
Fu la prima delle sventure che si abbatterono sul piccolo Stato piemontese, seguita da un’epidemia di peste, flagello frequente in quei tempi, con un gran numero di vittime e con tutto lo strascico di credenze, untori, ecc. Nel 1605 un altro lutto colpiva la Famiglia ducale, il primogenito Filippo Emanuele morì a Madrid a soli 19 anni, certo che la vita allora non aveva grande durata.
Intanto le due principesse crescevano impegnate fra gli studi, i lavori di cucito, le visite ai poveri e infermi, le pratiche religiose, con direttori prima due gesuiti, poi il barnabita padre Giusto Guérin futuro vescovo di Ginevra dal 1639.
Con i matrimoni delle due sorelle maggiori Margherita e Isabella, che avevano di conseguenza lasciata la Corte, le due sorelle minori Maria e Caterina ormai adolescenti, si trovarono in primo piano nella vita della Corte sabauda.
I caratteri delle due erano diversi, Caterina riservata nel parlare, ritirata nel frequentare, pratica nel trattare e di carnagione molto bruna; Maria di carnagione chiara e capelli biondo cenere, di temperamento vivace, grande prontezza, grazia straordinaria, briosa; ambedue partecipavano ai balli in costume, alle cavalcate, al correre sulla neve con slitte veloci e non erano insensibili, specie Caterina, agli omaggi dei cavalieri e del cugino il duca di Nemours.
Gli anni della prima giovinezza sono contrassegnati dai tanti tentativi, accordi, alleanze, trattative, ambascerie, diplomazie, rottura di patti, delusioni, che il padre Carlo Emanuele I intraprese con le corti di Spagna e Francia, volendo dare un buon matrimonio, ma più politico che d’amore, alla figlia Caterina e per la figlia Maria eguali tentativi furono fatti con la Corte inglese.
Per ambedue le figlie, che a volte erano arrivate fino alla soglia di un trono europeo, per cause politiche e di opportune alleanze, come si faceva allora nelle Corti europee, tutto sfumò senza che loro fossero sempre coscienti di quanto si cercava di concordare per il loro futuro.
Il tempo ormai trascorreva e alla Corte di Torino le cose cambiavano; proveniente da Parigi si era stabilita a palazzo Maria Cristina, che nel 1619 aveva sposato il principe ereditario sabaudo Vittorio Amedeo I, fratello delle principesse.
Ciò portò molto astio a Corte, i modi sciolti e aperti di Maria Cristina furono sempre più in contrasto con i modi conservatori di Maria e Caterina, le quali visto che anche il duca loro padre si era un po’ raffreddato nei loro confronti, cominciarono sempre più a chiudersi alla vita di Corte.
Alle due Infante era giunta notizia che l’amica della Famiglia ducale, la marchesa di Ceva, stava per entrare nell’Ordine delle Suore Cappuccine di Milano e di Pavia, attratta dalla loro santità e perfetta osservanza; quindi chiesero al duca di poter fondare un monastero di Cappuccine anche a Torino.
Il padre acconsentì e il 24 ottobre 1627 le prime tre suore provenienti dal convento di Pavia, poterono entrare insieme a tre novizie, nella nuova Casa presso la Chiesa del Suffragio di Torino; alla cerimonia della vestizione delle novizie torinesi fu presente anche la Corte.
Le due sorelle ormai trentenni, continuarono la loro vita di Corte interessandosi anche di politica, per quanto allora era permesso; ma nel loro animo si faceva sempre più strada il desiderio di dedicarsi completamente al Signore, la crisi spirituale era particolarmente avvertita da Maria, finché sull’esempio di una zia materna allora governatrice dei Paesi Bassi, che essendo rimasta vedova era entrata nel Terz’Ordine di S. Francesco, alternando le cure dello Stato alle opere di carità, anche Maria l’8 febbraio 1629 a 35 anni, fece il voto di verginità nella sua Cappella privata.
Qualche giorno dopo lo confidava all’amata sorella Caterina, che sorpresa e gioiosa nello stesso tempo, confessò che un voto simile era stato fatto anche da lei qualche anno prima; la conclusione fu che insieme decisero di consacrarsi a Dio.
Da allora si moltiplicarono le iniziative di carità, visitando ospizi ed ospedali, aiutando i poveri ed i prigionieri, donando parte dei loro gioielli per la devozione verso il miracoloso simulacro della Madonna col Bambino, venerata nella Chiesa dei cappuccini al Monte.
Nel contempo aumentarono gli atti di penitenza e umiliazione personale, come cilici e cordicelle nodose sul corpo, tutto ciò suscitò l’ammirazione di confessori e monache, che intorno ad esse tesserono leggende, rasentando l’esaltazione.
Esse chiesero infine al padre l’autorizzazione di entrare in un chiostro, il quale esitando sulla reale vocazione di quelle figlie che nonostante tutti gli sforzi fatti non era riuscito a maritare, pertanto volle che si chiedesse consiglio all’arcivescovo di Milano il cardinale Federico Borromeo (1564-1631); il quale consigliò invece del chiostro, che l’avrebbe bloccate nelle opere di carità, di entrare nel Terz’Ordine Francescano.
La mattina del 4 ottobre 1629, presente tutta la Corte, si svolse la cerimonia della vestizione del saio nella Cappella della Ss. Sindone, officiata dal Padre Provinciale dei Cappuccini; nel pomeriggio nel Monastero delle Cappuccine, furono tagliate dalla Madre Superiora le splendide chiome delle due Infante; iniziava così una nuova vita austera sì, ma densa di dolcezze spirituali.
La parte del palazzo ducale che le ospitava, fu adattato al nuovo stile di vita austero e senza vanità, come pure dovettero adeguarsi nell’abbigliamento, coloro che le servivano.
Ma un’altra grave epidemia di peste, infierì sui popoli occidentali europei, provocando 25.000 morti a Mantova, 94.000 a Venezia, 165.000 a Milano (descritta magistralmente nei “Promessi Sposi” del Manzoni), anche in Francia il morbo imperversava e alla fine anche il Piemonte, stretto fra due fuochi ne fu contagiato.
La Corte seguita dai nobili e dai magistrati, lasciò Torino, in città la popolazione si ridusse dei tre quarti e su diecimila uomini rimasti, solo tremila sfuggirono alla morte.
Anche le due principesse, per obbedienza al Duca, si rifugiarono prima ad Asti poi a Castigliole e Chieri, da lì mandavano a Torino aiuti ricavati dalla vendita dei loro gioielli.
Intanto il 26 luglio 1630 moriva il Duca Carlo Emanuele I, a cui successe il figlio Vittorio Amedeo I (1587-1637) ereditando un Ducato scosso da guerre e occupazioni francesi e messo in ginocchio dalla peste; per giunta anche Caterina fu contagiata, ma fortunatamente guarì, rimanendo però sempre più debole in salute e sofferente d’asma.
Alla fine del 1631 l’epidemia cessò e i Piemontesi ripresero le loro occupazioni, anche Maria e Caterina di Savoia tornarono a Torino e alla vista miserevole della città, presero a chiedere al Duca loro fratello, di impegnarsi a sollevare il popolo dalla grande indigenza in cui versava, mandando qualche frecciata verso la cognata Maria Cristina la francese, affinché si limitasse il lusso e sfarzo del tutto fuori luogo in quella situazione.
Con l’appannaggio di 24.000 scudi, già fissato dal padre e aumentato di altri 9.000 scudi dati dal fratello, le due Infante poterono dedicarsi alle loro desiderate opere di carità e al sostegno delle Cappuccine.
Consigliate da padre Ruga e incoraggiate dall’arcivescovo di Torino, ripresero un’ iniziativa già sperimentata nel passato, di istituire un ricovero per le ragazze che per disperazione, per bisogno o altro, fossero finite sulla cattiva strada anche della prostituzione, esse si chiamarono ‘Convertite’; dei loro bambini, ritenuti figli della colpa, s’interessò particolarmente Caterina.
Le ricoverate, alloggiate nella casa comprata dalle Principesse nella Strada Nuova (odierna via Roma), salirono ben presto a 40 Convertite, le quali quasi tutte nel 1634 ricevettero l’abito di Terziarie Francescane dalle mani di Maria e Caterina, la cerimonia si concluse vestite di saio, con una processione per le vie della città e con il canto del ‘Te Deum’ in Duomo. Quest’opera, che fu sempre cara al cuore delle due principesse, fu conosciuta in tutto il Piemonte e in breve il numero delle Convertite salì a 60.
Nel 1634 Maria e Caterina si recarono al Santuario della Madonna ad Oropa, che godeva già allora di un grande culto e afflusso di pellegrini e qui sostarono per un certo tempo alla ricerca del consolidamento della loro fede e serenità per le loro anime, cui la Corte torinese non risparmiava amarezze e contrarietà.
Costituirono un gruppo di donne che l’aiutavano nei lavori di cucito e ricamo per i paramenti sacri del Santuario e per pregare insieme, questo gruppo, dopo che le principesse necessariamente si dovettero allontanare da Oropa, continuò l’opera da cui nacque la caratteristica istituzione di Oropa delle ‘Figlie di Maria’, dette inizialmente “zitelle d’Oropa”.
Le Infante furono promotrici in campo ecclesiastico, della Riforma dei Religiosi, nei quali la rilassatezza e l’indegnità di alcuni membri aveva preso il sopravvento, così i Conventuali, i Carmelitani e le Monache di Santa Chiara, poterono rifiorire in santità e osservanza delle Regole.
Il 13 dicembre 1643 le due sorelle fecero la loro professione religiosa nelle mani del Provinciale dei Cappuccini, nella loro Cappella privata. Erano monache, ma anche donne strettamente orgogliose del loro Casato, pertanto vissero con ansia e sofferenza tutte le vicende che coinvolsero ininterrottamente il Ducato di Piemonte, sballottolato fra le due grandi potenze di allora, la Spagna e la Francia, a cui la Corte per l’intreccio delle parentele era strettamente legata ad entrambe, con tutte le guerre che ne conseguivano.
Assistettero con dolore alle discordie fra i loro tre fratelli, il duca Vittorio Amedeo, Tommaso e Maurizio; il 22 settembre 1635 morì anche il barnabita padre Amatore Ruga loro direttore spirituale, consigliere nelle opere di carità e primo ad incoraggiare la loro vocazione religiosa, fu sostituito dai padri Furno e Guérin.
Durante una fase delle ricorrenti guerre, il duca Vittorio Amedeo si ammalò e nonostante ogni sforzo, morì l’8 ottobre 1637, sostituito poi con la reggenza della moglie ‘Madame’ Maria Cristina di Francia; seguì tutta una fase storica che coinvolse la reggente, legata alla Francia e i due cognati, i principi Tommaso legato alla Spagna e il principe cardinale Maurizio; la morte dell’erede al trono il piccolo Francesco Giacinto, l’intromissione del Primo Ministro francese card. Richelieu, l’assedio di Torino del 1640 e la capitolazione della città ai francesi, l’esilio del principe Tommaso e quello volontario delle due Infante.
Purtroppo gli eventi storici del Piemonte e della Casa Savoia sono lunghi e particolareggiati ed è impossibile poterli narrare esaurientemente in questa scheda, pertanto è necessario per concludere, andare alle fasi finali della vita delle due principesse, alle quali in effetti è dedicata questa scheda.
Dopo un periodo trascorso ad Ivrea presso il fratello Tommaso, Maria e Caterina si stabilirono in un palazzo di un nobile di Biella, città tranquilla e fedele ai duchi; dopo essersi riprese dal viaggio e dalle tensioni accumulate, le due sorelle religiose vollero andare ancora al santuario di Oropa e sebbene sconsigliate per la stagione fredda e inclemente, il 10 ottobre 1640 vi si recarono.
L’aria pungente e gli abiti non adeguati, provocarono in Caterina una febbre che fra alti e bassi, una volta tornate a Biella, si rivelò come polmonite che nel giro di pochi giorni, il 20 ottobre 1640 portò alla morte la principessa, la quale ebbe il tempo necessario per prepararsi serenamente alla fine, ricevendo i Sacramenti e il Viatico, chiedendo perdono a tutti in particolare all’afflitta sorella Maria, disponendo dei suoi beni e esprimendo il desiderio di essere sepolta nel Santuario di Oropa, aveva 45 anni.
La sorella Maria distrutta dal dolore rimase ad Oropa per due mesi, vicino alla tomba, finché ripresasi prese a peregrinare da una città all’altra, soggiornandovi per periodi più o meno lunghi, beneficando e ricevendo accoglienze dai signori locali e dal popolo che la considerava come una santa.
Nell’Anno Santo 1650 andò anche a Roma, ricevuta con tutti gli onori da papa Innocenzo X; fu ad Assisi, Loreto, Bologna, Vigevano, Foligno, ecc. ad Assisi incontrò anche il santo francescano Giuseppe da Copertino, noto per le sue estasi ed elevazioni da terra; Maria era da tutti designata come “real pellegrina”, si fermava ad ogni santuario incontrato al suo passaggio.
A dicembre 1653 Maria era di nuovo a Roma, alloggiata in un palazzo di Borgo in piazza Scossacavalli, riprendendo una certa forma di vita un po’ più aperta, ricevendo e rendendo visita ai nobili romani e della Corte pontificia di Innocenzo X e del successore papa Alessandro VII; cominciò a soffrire di un male che la rendeva febbricitante, i medici consigliarono il cambiamento d’aria e fu varie volte ospite delle belle ville della provincia romana, a Frascati e Zagarolo; ma al ritorno a Roma si ammalò sempre più e nel luglio 1656 messosi ormai definitivamente a letto, dettò il suo testamento, scrisse al nipote il duca Carlo Emanuele II, a Madama Reale e al fratello Maurizio, l’unico rimasto, non più cardinale ma sposato con una nipote e poi alle suore Cappuccine di Torino.
In pace con Dio, circondata dalla sua piccola Corte, Maria di Savoia morì il 13 luglio 1656, rivestita del suo primo consunto saio francescano.
Aveva espresso il desiderio di essere sepolta ad Assisi, ma a causa della peste che ancora serpeggiava a Roma, fu sepolta nella Chiesa dei Ss. Apostoli; solo nel 1662 il suo corpo fu traslato ad Assisi e tumulato nella Basilica di S. Francesco; l’anno successivo il papa fece arrivare da Roma le lapidi scolpite apposta per il suo sepolcro.
Sempre unite nella vita, le due sorelle, defunte con sedici anni di distanza, furono separate in morte; le unisce la fama di santità che le aveva sempre distinte; e dal popolo come dai sovrani sabaudi, esse sono state sempre considerate degne di venerazione, in attesa di un riconoscimento ufficiale della Chiesa.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2004-12-09

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