Home . Onomastico . Emerologico . Patronati . Diz.Nomi . Ricerca . Ultimi . Più visitati



Newsletter
Per ricevere i Santi di oggi
inserisci la tua mail:


E-Mail: info@santiebeati.it


> Home > Sezione M > San Melezio di Antiochia Condividi su Facebook

San Melezio di Antiochia Vescovo

Festa: 12 febbraio

† Antiochia, 381

San Melezio, vescovo di Antiochia, ripetutamente cacciato in esilio per la fede nicena e morto mentre presiedeva il Primo Concilio Ecumenico di Costantinopoli. Ricevette gli elogi di San Gregorio di Nissa e san Giovanni Crisostomo.

Martirologio Romano: Commemorazione di san Melezio, vescovo di Antiochia, che per la sua fede nicena fu ripetutamente mandato dall’esilio e poi, mentre presiedeva il Concilio Ecumenico Costantinopolitano I, passò al Signore; di lui san Gregorio di Nissa e san Giovanni Crisostomo celebrarono le virtù con somme lodi.

Ascolta da RadioRai:   
  

Per meglio comprendere la drammatica situazione che Melezio dovette affrontare al suo arrivo ad Antiochia, nel 360, occorrerebbe riprendere la movimentata storia della Chiesa di questa città dal momento in cui, nel 330, ad appena cinque anni dal concilio di Nicea, gli Ariani ottennero dall'imperatore Costantino la deposizione dell'arcivescovo ortodosso sant'Eustazio.
Un tale panorama storico, tuttavia, esce dal quadro di questa trattazione; sarà pertanto sufficiente rimandare il lettore alla fondamentale opera di F. Cavallera, Le schiume d’Antioche, Parigi 1905. É. Amann fornisce un chiaro riassunto di tutta la questione, mettendo in evidente rilievo la personalità di Melezio. Quest’ultimo studio sarà utilizzato piuttosto largamente in questa sede, unitamente al precedente, e si potrà far riferimento ad entrambi per le fonti utilizzate.
Melezio nacque in data sconosciuta a Melitene nell’Armenia II e compare nella storia della Chiesa solo nel 358, quando fu eletto vescovo di Sebaste, dopo la deposizione di Eustazio (da non confondere con l’omonimo arcivescovo di Antiochia di cui si è parlato e si parlerà ancora). Ma le difficoltà furono per lui tali da costringerlo ad abbandonare subito la sua città episcopale per rifugiarsi a Berea (Aleppo).

È questione controversa se Melezio partecipò o meno al concilio di Seleucia (359) e se firmò la formula omeiana (dal nome della frazione ariana che opponendosi al consustanziale, di Nicea, si limitava a dire che il Verbo è simile al Padre). Ad ogni modo, Epifanio non cita Melezio tra i firmatari di Seleucia, pur considerandolo come un omeiano strettamente legato ad Acacio di Cesarea, ed opposto alla fazione semi-ariana degli omeusiani i cui principali esponenti erano Basilio di Ancira, Giorgio di Laodicea ed Eustazio di Sebaste.
Nel 360, infatti, l’elezione di Eudossio, ariano, alla sede, ancora soltanto episcopale, di Costantinopoli, aveva reso vacante quella di Antiochia, ed Acacio di Cesarea vi aveva fatto eleggere Melezio allo scopo di ristabilire l’unità e la pace religiosa. Questa aperta protezione di un personaggio fortemente impegnato nella linea ariana non doveva essere utile al nuovo vescovo presso il gruppo rimasto fedele, dopo trent’anni, alla memoria di Eustazio e legato alla formula di fede di Nicea. Un discorso da lui pronunciato dopo il suo insediamento, a commento del testo dei Proverbi,  fu per lui occasione di affermare ufficialmente la sua dottrina sulla «generazione del Verbo» e di dichiararsi in favore della fede tradizionale. Senza agitare alcuno dei problemi che opponevano i teologi delle diverse correnti, Melezio dimostrò di aderire in effetti al Credo di Nicea, respingendo ogni formula ambigua.
Gli ariani colsero l’occasione per chiedere all’imperatore Costanzo, che assisteva al discorso, di allontanare immediatamente il nuovo arcivescovo. Melezio riprese la strada di Melitene sua patria e l’ariano Euzoio fu installato al suo posto. I fedeli di Melezio si guardarono bene dall’entrare in comunione con quest’ultimo, rifiutando anche di unirsi al gruppo degli eustaziani che avevano a capo il prete Paolino; essi costituirono così quello che fu impropriamente chiamato «lo scisma di Melezio», mentre il vero «scisma di Antiochia» durava già dal 330.

All’avvento di Giuliano l’Apostata, i vescovi esiliati furono richiamati e nel 362 Melezio poté ritornare alla sede di Antiochia. Atanasio di Alessandria, rientrato anch’egli dall’esilio, tentò di ricostituire ad Antiochia l’unione tra meleziani ed eustaziani, ma l’accordo fu reso impossibile da un grave errore di Lucifero di Cagliari il quale, di passaggio per la città, consacrò vescovo Paolino, il capo degli eustaziani. Venivano così a coesistere tre vescovi: Melezio, Paolino ed Euzoio.
Nel 363 Atanasio, convocato ad Antiochia dall’imperatore, cercò di attirare Melezio e farlo entrare in comunione con lui, ma questi, mal consigliato, secondo san Basilio, rifiutò di rispondere all’appello dell’arcivescovo di Alessandria. E fece male, poiché fu Paolino ad entrare in comunione con Atanasio ed a profittare dell’influenza che costui godeva a Roma.
Se Atanasio (morto nel 373) trattò sempre Melezio abbastanza nobilmente, non altrettanto può dirsi del suo successore e ciò spiega le grandi riserve che su di lui ebbe più tardi il papa Damaso (366-386) al quale Melezio era stato denunciato come eretico.

Tuttavia, mentre Atanasio era ancora ad Antiochia, nel 363, Melezio vi convocò un concilio per tentare di promuovere una riconciliazione. Purtroppo la formula di fede che ne uscì, pur volendo contentare tutte le tendenze, non soddisfece né gli eustaziani né gli omeiani. Questi ultimi, anzi, ottennero, nel 365, un nuovo mandato d’esilio contro Melezio (esilio che durerà per lui sino al 367). La situazione in cui Melezio si trovava nel 366, gli impedì dunque di unirsi al gruppo dei vescovi orientali che si riconciliarono con il papa Liberio.
L’azione di Melezio durante questo periodo è piuttosto oscura, tanto più che nel 371, prenderà per la terza volta la via dell’esilio. A partire da questo momento, tuttavia, san Basilio, vescovo di Cesarea di Cappadocia dal 370, divenne il maggior protettore di Melezio in cui vedeva — e la posizione dottrinale di Basilio, ortodossa sino allo scrupolo, non può essere messa in dubbio — un fermo sostegno della fede di Nicea ed il solo capace di ricostituire intorno a sé l’unità nella capitale d’Oriente.
Così Basilio, e ne fa fede la sua corrispondenza, moltiplicò gli interventi a favore di Melezio presso Atanasio prima, e presso papa Damaso poi. Ma, come si è detto prima, quest’ultimo era informato in senso contrario da Pietro di Alessandria, il successore di Atanasio. I ripetuti passi di Basilio non ebbero quindi alcun effetto sino al giorno in cui, dopo la morte di Valente (378), Graziano, appena giunto al potere imperiale, mise definitivamente termine alla persecuzione ariana.

Alla fine del 378 Melezio ritornò ad Antiochia, dove la situazione migliorò per lui nettamente poiché il delegato imperiale incaricato di far restituire agli ortodossi le chiese e gli altri beni confiscati dagli ariani, si pronunciò in suo favore a scapito di Paolino che, d’altronde, aveva qualche tempo prima rifiutato la riconciliazione che questi gli aveva proposto. Non rimaneva quindi a Melezio che ottenere la comunione con papa Damaso. Nel 379 riunì quindi un concilio che redasse una professione di fede conforme a quella di Nicea e che teneva anche conto delle decisioni del recente sinodo romano. La formula antiochena di fede del 379 doveva anche essere approvata dal concilio di Costantinopoli II ecumenico, del 381.
Teodosio, infatti, volendo risolvere diverse questioni, ed in particolare quella del trasferimento a Costantinopoli di Gregorio di Nazianzo, riunì in questa città un concilio (maggio 381) affidandone la presidenza allo stesso Melezio; infatti il papa Damaso l’aveva finalmente ammesso alla sua comunione.
Dopo tante avversità e lotte, Melezio poteva finalmente vedere riconosciuti tutti i suoi diritti. Ma questo periodo di calma non doveva durare poiché, ancor prima della fine del concilio, morì improvvisamente a Costantinopoli poco dopo aver intronizzato alla sede di questa città Gregorio. La sua morte non doveva tuttavia mettere fine alle divisioni in seno alla Chiesa di Antiochia perché, non tenendo conto delle istanze di Gregorio di Nazianzo a che non gli si nominasse un successore, riconoscendo Paolino alla sede di Antiochia, i vescovi nominarono Flaviano, e la divisione doveva continuare fino al 415, dopo un lungo scisma durato ottantacinque anni.

A Costantinopoli si fecero a Melezio funerali grandiosi e fu incaricato Gregorio di Nissa di pronunciarne l’orazione funebre. Poi, per ordine di Teodosio, le sue spoglie furono trasportate ad Antiochia, dove riposarono presso quelle di san Babila. Circa sei anni dopo la morte di Melezio, Giovanni Crisostomo pronunciò l’elogio del vescovo che lo aveva battezzato e poi ordinato lettore e diacono. Gregorio di Nazianzo nel Carmen de Vita sua lo ricorda in termini commossi ed elogiativi.
Queste testimonianze di personaggi celebri quali Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo e Gregorio di Nazianzo, pur opponendosi a certe incertezze nel pensiero di Melezio prima del suo episcopato, danno una ben ferma garanzia della sua ortodossia dal momento in cui fu rivestito di una carica ufficiale nella Chiesa.
Non fa inoltre meraviglia che il suo culto si sia imposto nella Chiesa bizantina. I sinassari lo commemorano al 12 febbraio e al 23 o 24 agosto. Queste due ultime date, conservate in particolare dai sinassari H, P e N, corrispondono più del 12 febbraio al dies natali, giorno conservato anche dal Calendario Palestino-georgiano del Sinaiticus 34.
Sebbene ciò possa sorprendere, il culto di Melezio passò anche nella Chiesa giacobita e alcuni dei calendari siriaci pubblicati da F. Nau lo commemorano in date diverse: 22 o 23 settembre e 11 dicembre. Quest’ultima data è attestata anche dal Martirologio di Rabban Sliba. Il Sinassario Alessandrino di Michele, vescovo di Atrib e Malig, non ha una memoria speciale per Melezio, ma ne fa menzione al 1° amsir (= 26 gennaio) nella commemorazione del concilio di Costantinopoli del 381.
Sconosciuto ai martirologi medievali occidentali, Melezio fu tuttavia introdotto da C. Baronio quale si riferisce alle fonti eortologiche bizantine) nel Martirologio Romano al 12 febbraio come, d’altra parte, aveva fatto già P. Galesini, alla stessa data nel suo Martirologio.
 


Autore:
Joseph-Marie Sauget


Fonte:
Bibliotheca Sanctorum

______________________________
Aggiunto/modificato il 2018-04-19

___________________________________________
Translate this page (italian > english) with Google

Album Immagini


Home . Onomastico . Emerologico . Patronati . Diz.Nomi . Ricerca . Ultimi . Più visitati