† Bulgaria, 30 gennaio 970
Fu un sovrano che seppe coniugare la politica con la religione, la diplomazia con la forza militare. All'inizio del suo regno, Pietro volle dimostrare di essere degno successore di suo padre Simeone I, intraprendendo una campagna militare in Tracia. Tuttavia, ben presto si rese conto che la pace era più vantaggiosa per entrambi i paesi e, grazie ai negoziati, riuscì a ottenere il riconoscimento dell'indipendenza della Chiesa bulgara da Costantinopoli. Durante il suo lungo regno, Pietro dovette affrontare numerose difficoltà, tra cui le ribellioni dei fratelli, le incursioni dei magiari e l'alleanza tra Bizantini e Kievani. Nonostante ciò, la Bulgaria prosperò sotto il suo governo e la società bulgara godette di un periodo di pace interna. Pietro I è stato tradizionalmente considerato un sovrano debole, che perse non solo le terre ma anche il prestigio. Tuttavia, la critica più recente tende a rivalutare il suo regno, sottolineando la pace interna goduta dalla società bulgara e il rapporto positivo con i vicini ancora semi-nomadi.
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Pietro I (in bulgaro Петър I, Petăr I), zar dei bulgari, fu il terzo esponente della real casa bulgara ad ascendere agli onori degli altari, per dirla con un espressione tipicamente occidentale. Prima di lui infatti furono riconosciuti santi il principe Bojan, martire, ed il sovrano Boris I, che aveva dato grande impulso all’introduzione del cristianesimo in terra bulgara.
Nato verso l’inizio del X secolo dal secondo matrimonio di Simeone I con la sorella di Giorgio Sursuvul, fu proprio lo zio materno ad esercitare un notevole influsso durante il periodo iniziale del suo regno. Nel 913 Pietro ebbe modo di visitare il palazzo imperiale di Costantinopoli, insieme al suo fratello Maggiore Michele. Per motivi a noi ignoti, però, Simeone destinò il primogenito al chiostro, designando Pietro quale suo successore. Eredita dunque il trono di Bulgaria il 27 maggio 927, questi volle innaugurare il suo regno con un’offensiva militare in Tracia, regione sotto il controllo bizantino, onde ostentare in patria ed all’estero di essere degno e valoroso successore di suo padre.
Per fortuna, però, ben presto si verificò un’inversione di rotta ed iniziarono i negoziati di pace tra le due potenze balcaniche. Nell’ottobre 927 Pietro giunse nei pressi di Costantinopoli e poté incontrare l’imperatore Romano I Lecapeno: fu finalmente siglata la tregua e quale sigillò di pace fu siglata l’unione sponsare fra lo zar bulgaro e la nipote dell’imperatore Maria, al quale fu mutato il nome in Irene, che etimologicamente in greco significa proprio “pace”. Le nozze si celebrarono l’8 novembre. Questa felice conclusione non fu che il frutto della politica già intrapresa da Simeone I ed egregiamente portata a compimento dal figlio: furono confermati i confini della Bulgaria ed il titolo di “zar” al sovrano bulgaro, inoltre venne sancita l’indipendenza di tale Chiesa nazionale rispetto al Patriarcato di Costantinopoli. L’autocefalia della Chiesa nazionale bulgara era stata unilateralmente proclamata già dieci anni prima da Simeone, ma ancora infatti mancava il riconoscimento delle due maggiori sedi episcopali dell’epoca: Roma e Costantinopoli. Il Patriarcato di Bulgaria ebbe sede a Preslav, ma la sua breve esperienza si concluse nel 971 con l’invasione bizantina.
Ai successi iniziali del regno di Pietro, si contrapposero però anche alcune defezioni. Intorno al 930 infatti il sovrano dovette fronteggiare una sommossa condotta dal suo fratello minore, Ivan, e questi venne dunque esiliato a Bisanzio. Anche il fratello maggiore, Michele, uscito dal monastero intraprese una ribellione ancor più ardua, ma cadde in battaglia. Il fratello più giovane, Bojan, fu accusato di essere un licantropo in mano al vescovo italiano Liutprando di Cremona, ma effettivamente non costituì una reale minaccia per l’autorità regia di Pietro. Approfittando del clima particolarmente acceso, il principe serbo Časlav Klonimirović riuscì nel 931 a riottenere l’indipendenza per quei territori serbi caduti sotto il dominio bulgaro, con il tacito assenso bizantino. Pietro, dal canto suo, dovette affrontare anche le incursioni dei magiari, che suo padre aveva sconfitti e confinati in Pannonia nel 896. Forse dopo un’iniziale sconfitta, Pietro giunse a patti col nemico per farne un alleato contro la Serbia, concedendo loro di transitare in territorio bulgaro per raggiungere la Tracia e la Macedonia.
In definitiva, il lungo regno di Pietro fu tutto sommato relativamente pacifico e, nonostante le non poche difficoltà incontrate, la Bulgaria divenne sempre più prospera ed ben amministrata. Fu un sovrano particolarmente generoso verso la Chiesa, tanto che le sue ingenti donazioni furono talvolta maliziosamente percepite quali fattore di corruzione nei confronti del clero. In realtà l’attenzione del monarca fu rivolta anche a coloro che avevano scelto una vita lontana dalle tentazioni del mondo secolare, come il celeberrimo asceta San Giovanni di Rila. Pietro si trovò anche a dover combattere le eresie diffuse da Bogomilo, consultandosi al riguardo anche con famosi eremiti e con il patriarca di Costantinopoli Teofilatto.
I rapporti con l’impero bizantino si deteriorarono alla morte dell’amata moglie Irene, verso l’anno 960. Vittorioso contro gli arabi, nel 966 l’imperatore Niceforo II Foca rifiutò di pagare il tributo annuale alla Bulgaria, lamentandosi dell’alleanza con i magiari, ed intraprese azioni militari sul confine. L’imperatore inviò inoltre un messaggero dal principe Sviatoslav Igorevich di Kiev per organizzare un attacco contro la Bulgaria dal nord. Sviatoslav nel 968 lanciò prontamente una campagna per arginare i bulgario oltre il Danubio, ma Niceforo II, stupito dal successo del suo alleato e sospettoso delle sue reali intenzioni, volle accelerare il processo di pace con la Bulgaria, nuovamente mediante matrimoni combinati. Due figli di Pietro furono inviati a Costantinopoli quali negoziatori ed ostaggi onorari. Nel frattempo Pietrò era riuscito ad ottenere la ritirata delle forze kievane. Nonostante questo momentaneo successo, la Bulgaria dovette affrontare una nuova invasione da parte Sviatoslav nel 969: i bulgari furono sconfitti ancora ed al sovrano non restò che abdicare e ritirarsi a vita monacale. Gli succedette al trono il primogenito Boris II ed in seguito il figlio minore Romano. Pietro morì infine l’anno seguente il 30 gennaio.
A confronto con i successi militari conseguiti da suo padre, Pietro è stato tradizionalmente considerato un sovrano debole, che perse non solo le terre ma anche il prestigio, sotto il cui regno si indebolì la forza militare della nazione, cosicchè il paese cadde in mano agli invasori stranieri e divenne un satellite bizantino. Questa visione è però stata messa in discussione dalla critica più recente, che tende piuttosto a porre in risalto la pace interna goduta dalla società bulgara durante questo lungo periodo ed a rivalutare il rapporto fra la Bulgaria ed i suoi vicini ancora semi-nomadi. La Chiesa indigena, come era prassi comune a quel tempo, canonizzò lo zar Pietro I, il cui cultò fu assai popolare nel Medioevo. Il suo nome fu sovente chiamato in causa dai fautori dell’indipendenza della nazione in ambito sia politico che religioso. L’assenza del nome del santo zar Pietro I di Bulgaria nel Martyrologium Romanum non significa che questi non sia venerato dalla Chiesa Cattolica, ma semplicemente non è commemorato nel rito latino, principale ma non unico rito adottato dal cattolicesimo. Essendo infatti vissuto prima di un effettivo scisma con Roma, questo santo come l’imperatore Costantino compare talvolta nei calendari delle Chiese Cattoliche Orientali, cioè quelle talvolta impropriamente soprannominate “greco-cattoliche”. Naturalmente il culto del santo è perticolarmente vivo nella Chiesa Ortodossa Bulgara, che oggi comprende la quasi totalità dei cristiani di tale nazione.
Autore: Fabio Arduino
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