Adesso lo chiamano il “santo di Urakami” e si sono aperte le cause di beatificazione in solido per lui e per sua moglie, ma almeno metà della sua vita trascorre nel più radicale ateismo, rafforzato dallo studio della Medicina, che lo convince nell’idea che “con la morte si decompone tutto e ogni elemento ritorna al suo stato primitivo”. Convinzione che inizia a traballare a 22 anni, nel 1930, alla morte della mamma, colpita da emorragia cerebrale: nel suo ultimo sguardo legge chiaramente un “arrivederci”, che nei mesi e negli anni successivi si tramuta nella percezione che mamma continua a vivere, con una presenza che egli sente accanto a sè. La conversione e l’avvicinamento alla fede cattolica, tuttavia, arrivano più tardi e sono la “paga” per aver salvato da morte certa una giovane ragazza. Nel periodo in cui è studente affitta una camera da una famiglia di contadini cristiani che abitano a Urakami, periferia di Nagasaki, e che si prendono amorevolmente cura di lui quando viene colpito da meningite.
Insieme a loro, per puro dovere di cortesia, partecipa alla messa di mezzanotte, nel Natale 1932, ma in quell’occasione Gesù comincia a far breccia nel suo cuore. Il giorno successivo salva da morte certa la figlia di quella famiglia, diagnosticando velocemente la sua crisi di appendicite acuta e trasportandola in ospedale, dove partecipa all’operazione d’urgenza che le salva la vita. La riconoscente Midori, insieme al maglione di lana che gli regala, inizia da quel giorno a pregare per la conversione del giovane medico. Al quale, però, la meningite ha lasciato in eredità la sordità ad un orecchio a causa della quale è inabile alla professione medica; si specializza così in radiologia, unica branca in cui il suo handicap non è di pregiudizio. Legge con avidità il catechismo che Midori gli ha regalato, ma è soprattutto continuando la lettura dei “Pensieri” di Pascal che si avvicina al cattolicesimo, sciogliendo i suoi ultimi dubbi in lunghi dialoghi con un sacerdote.
A 26 anni, il 9 giugno 1934, riceve il battesimo e due mesi dopo sposa Midori, perché l’amicizia si è trasformata in amore e dalla felice unione nascono quattro figli. Cosciente di essere, per lavoro, continuamente esposto al pericolo di radiazioni nocive alla salute, continua il suo servizio, ora con la motivazione in più che gli deriva dalla fede: “il compito del medico è quello di soffrire e di rallegrarsi con i suoi pazienti, di sforzarsi di diminuire le loro sofferenze, come se fossero le sue proprie”, scrive, sottolineando tuttavia che “non è il medico che guarisce l’ammalato, è la volontà di Dio. Una volta che si è capito questo, la diagnosi medica ingenera la preghiera”.
A giugno 1945 si autodiagnostica una forma di leucemia, proprio mentre la situazione giapponese sta precipitando: una prima bomba atomica, viene sganciata il 6 agosto su Hiroshima, una seconda tre giorni dopo su Nagasaki. Tornando a quella che era la sua casa, dell’amata moglie (in quel momento sola nell’abitazione) non trova che un mucchietto di cenere e poche ossa, insieme a ciò che resta del crocifisso in metallo della corona del rosario, il che fa supporre che Midori sia morta pregando. Raccogliendo i poveri resti in un secchio, promette alla sua donna di dedicare agli altri ciò che gli resta da vivere: “in ricordo di te, per amore di te... che mi hai portato all'amore di Cristo". Mentre la malattia avanza inesorabile, peggiorata anzi dalle radiazioni dell’atomica, si esercita in un perdono eroico verso gli autori della strage, dedicandosi corpo e anima a far risorgere Nagasaki e curando gratuitamente i malati nel piccolo dispensario che i suoi pazienti gli hanno realizzato sulle macerie della sua casa.
Diventa il simbolo del Giappone che vuol risorgere e continuare a vivere, come i mille ciliegi che fa piantare per lanciare un segnale di vita e di speranza. Costretto a letto in completa immobilità, si dedica alla preghiera, alla contemplazione e alla scrittura. Dalla sua penna escono numerosi volumi tra cui “Le campane di Nagasaki”, che nel 1950 ispirano l’omonimo film, mentre fioccano riconoscimenti, anche se continua a ripetere che “la luna sarebbe buia senza la luce del sole. Il sole è Gesù; io rifletto soltanto un po' della sua luce. Senza Dio, io sarei soltanto un servo inutile". Si spegne, pregando, il 1° maggio 1951, ad appena 43 anni: un finale, per Takashi Paolo Nagai, assolutamente non previsto nel copione originario della sua vita, grazie a Gesù che vi ha fatto irruzione e lo ha aiutato a trasformare le malefiche radiazioni dell’atomica in altrettante radiazioni d’amore.
Autore: Gianpiero Pettiti
Note:
Per approfondire: www.amicinagai.com
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