I primi anni
Guillermo Muzzio nacque a Morón, località presso San Isidro in Argentina, il 25 febbraio 1972. Era il terzo dei sei figli (prima di lui venivano Juan Carlos e Carola, dopo di lui Maria Clara, Rosario e Teresita) di Carlos Muzzio e Carola Diehl.
Fu battezzato il 22 aprile 1972 nella parrocchia dello Spirito Santo a San Isidro. Sul finire del 1976 si trasferì con la famiglia a Bella Vista, nel dipartimento di San Miguel. Un anno dopo cominciò la scuola presso l’Istituto Don Jaime, dal quale uscì nel 1989 dopo aver conseguito il diploma.
Adolescente impegnato nei movimenti e in parrocchia
Sin da piccolo, fu incoraggiato dai suoi genitori a far parte della Chiesa: ricevette la Prima Comunione nel 1979 e la Cresima nel 1985. Dal 1986 seguì i campi per i giovani della parrocchia di San Francesco Solano a Bella Vista.
Nel 1987 partecipò a un ritiro spirituale di Aventuras, movimento che insegnava ai ragazzi a essere giovani, santi e apostoli. Rimase legato a quella realtà fino al 1990, distinguendosi per introspezione, gioia e umiltà. Successivamente aderì al Movimento Giovanile Parrocchiale (Movimento Juvenil Parroquial), per altri tre anni, partecipando a incontri per giovani della zona di Bella Vista e di Muñiz.
Un giovane che aspirava alla santità
La madre lo chiamava Guille, mentre gli amici lo avevano soprannominato Willy: ne aveva davvero parecchi, ma soprattutto era fedele nell’amicizia. Nel 1992, in una lettera a suo padre, rivelò il suo anelito profondo, concludendola con queste parole: «Hai un figlio che vuole essere Santo».
Al momento di cominciare gli studi universitari, s’iscrisse alla facoltà d’Ingegneria Alimentare e iniziò un corso di fotografia, il suo passatempo preferito. Nel 1992 cambiò facoltà e iniziò a frequentare Scienze dell’Educazione nell’Università Cattolica Argentina.
Una “curva” nella sua vita
La sua vita cambiò il 28 gennaio 1994. Stava viaggiando in automobile con alcuni amici: nella località di Balcarce presso Buenos Aires, più precisamente all’altezza della cosiddetta Curva di Sant’Agostino, il gruppo ebbe un incidente. L’auto si ribaltò: Guillermo fu scaraventato fuori dall’auto ed ebbe una lesione al midollo spinale.
Trascorse vari mesi senza camminare né sapendo se avrebbe potuto tornare a farlo, ma a volte lasciava degli insegnamenti. Durante la riabilitazione nella Clinica Belgrano di Mar de Plata, un sacerdote che era andato a trovarlo uscì dalla sua camera commentando: «Guillermo è un santo».
Nei mesi seguenti cercò sempre di essere allegro e di sostenere gli altri pazienti. Tutti erano meravigliati per il suo comportamento e per la letizia che mostrava anche in mezzo al dolore e all’incertezza circa la sua salute. Dell’incidente parlava spesso come di «una curva», ovvero una svolta, «nella mia vita».
Altrettanto di frequente ripeteva: «Non si può sfuggire al dolore, perché sant’Ignazio fu operato senz’anestesia». Era infatti abituato a fare riferimento alle vite dei Santi, per inquadrare in modo corretto le situazioni ordinarie della propria vita.
Missionario e amico degli indios
Appena si fu ripreso del tutto, nel 1995, cominciò a compiere delle missioni a El Impenetrabile, nella regione di Salta, in mezzo agli indios del popolo Wichi: era insieme ad altri giovani del gruppo Kalai, parola che, nella lingua Wichi, significa “amico”.
Quell’esperienza lo segnò tantissimo: fu lì che imparò cosa fosse la misericordia, a cui affiancò un amore per i più poveri che non l’avrebbe più abbandonato.
In Seminario
Alla fine del 1995 annunciò ai suoi genitori la sua scelta vocazionale. Regalò loro una biografia di san Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars, sul cui frontespizio scrisse: «Mamma e papà, con questo libro della vita di san Giovanni Maria Vianney voglio raccontarvi che sto per entrare in Seminario».
Nel febbraio 1996, quindi, Guglielmo cominciò a frequentare il Seminario Maggiore «San Michele Arcangelo» di San Miguel. Fu subito chiaro che lui era profondamente convinto e che provava gioia nella decisione di consacrarsi a Dio come sacerdote.
Anche in Seminario si guadagnò molti amici, grazie alla sua attenzione per tutti. Lavorò anche con i poveri e per loro, con grandissimo affetto: in particolare, chiese di essere avvisato se qualche povero bussava alla porta del Seminario.
«Era il migliore di tutti noi», hanno dichiarato alcuni compagni, i quali hanno poi ricordato che rispettava pienamente i pilastri della vita seminaristica. Anzitutto, la preghiera: arrivava in cappella molto presto, per stare da solo col Signore. Poi lo studio, per prepararsi a servire bene il popolo di Dio. Infine, la vita comunitaria, che riconosceva come esercizio concreto dell’amore.
Serio nella sua formazione
Prese davvero sul serio la formazione sacerdotale, tanto da commentare solitamente: «Qui tutto passa per la vita interiore». Diceva anche: «Ogni mattina compio la promessa di viverlo in santità» e che rinnovava questa stessa intenzione ogni mezzogiorno, «perché rischio di commettere qualche disastro».
Il 9 febbraio 1998, concludeva così una meditazione sul Prologo del Vangelo di Giovanni: «Quanto più preghi per sapere ciò che Dio ha pensato e voluto per te da sempre, e quanto più umilmente accetti, facendolo di tua libertà, ciò che Dio vuole, sarai più Santo e felice in tutto, e sarà più santa e felice la creazione».
Un cuore da innamorato di Dio
In un altro scritto, trovato in un floppy disk e risalente al 1999, intitolato «Gli innamorati», Guillermo paragonava il suo rapporto col Signore a quello che hanno le persone innamorate con l’oggetto del loro amore. Con amarezza, constatava che nel suo cuore c’era solo una piccola parte di quel desiderio di stare da solo con il suo Amato che hanno gli innamorati autentici:
«Non è stato difficile arrivare a una conclusione tanto triste: facendo memoria dei momenti in cui si sono avvenuti questi incontri col mio Amore, non trovo altro che contatti sporadici e superficiali con la sua Parola, partecipazioni liturgiche e sacramentali abitudinarie, fugaci “visite al Santissimo” incorniciate tra il pranzo e il tempo di riposo, nelle quali sono appena capace di concentrarmi per compiere un atto di Fede».
Nello stesso testo, però, annota poco dopo: «Mi piacerebbe essere uno di quegli amanti che portano nascosto un flaconcino col profumo della persona che amano, per poter evocare la sua presenza in qualsiasi momento o in qualsiasi luogo. Sarebbe bello anche avere la follia di questi innamorati che sono capaci di passare la notte parlando di tutto e di niente, mossi dal solo desiderio di trascorrerla insieme».
La malattia
A metà del 1998, Guillermo ricevette la diagnosi di linfoma non Hodgkin. Visse la malattia senza farne un dramma, senza mettersi al centro dell’attenzione e senza vittimizzarsi. Non rimase mai fuori dalla vita del Seminario, senza chiedere eccezioni.
In tre anni di terapie, continuò le esperienze pastorali presso la cappella di San Gaetano della parrocchia di Sant’Antonio a José C. Paz e la parrocchia della Madonna de La Salette, a Pablo Nogués. In tutte quelle occasioni, s’impegnò a lasciare un’impronta di gioia e di amore per il prossimo.
Nel dicembre 2001 lasciò un bigliettino a ciascuno dei suoi compagni di Seminario, che diceva così: «Per favore, annota su questo foglio qualunque cosa, difetto, forma di comportamento o attitudine su cui ti sembra che io debba lavorare nella mia formazione».
La sua preghiera al Cura Brochero
I suoi Santi preferiti erano santa Teresa di Gesù Bambino, san Giovanni Maria Vianney e il “Cura Brochero”, ossia don José Gabriel del Rosario Brochero; aveva imparato a conoscere quest’ultimo durante un campo estivo parrocchiale.
Il 16 marzo 2002, giorno della nascita di quel sacerdote argentino (canonizzato nel 2016), scrisse una preghiera: «Cura Brochero, oggi sei nato. Come regalo di compleanno, ti chiedo la guarigione di Tomás. Accompagna Carlos e Jorge in questo giorno e nella loro vita sacerdotale. Insegnami a chinare il capo e a sopportare le umiliazioni. Insegnami a essere sempre libero, a dire ciò che penso... E il dominio del mio temperamento di fronte a quel che mi pare cattivo. Concedimi anche il tuo buonsenso, il tuo zelo apostolico e che possa essere anch’io un santo come te. Insisto, insegnami ad accettare e ad abbracciare le croci di ogni momento e, di nuovo, non scordarti di Tomás. Grazie di tutto e, se ti ricordi, prega anche per la mia salute».
La recidiva
All’amica Luli Duacastella, nell’aprile 2002, scrisse dal Seminario riflettendo sul mistero della morte: «È da poco mancata mia nonna, era già molto anziana e malata e, in mezzo al dolore, ho sentito una gioia profonda, perché le era toccato di vivere questa grazia. Un sentimento del genere può apparire strano, ma penso che questo faccia parte del buono che abbiamo noi cristiani. A volte che penso che sarebbe di noi senza questo Amore immenso, che ci circonda da ogni parte, fino al punto di fare della morte questo momento ambiguo di gioiosa tristezza».
Nello stesso 2002, la sua malattia ebbe una recidiva. I suoi parenti decisero di tentare, come ultima possibilità per ottenere la guarigione, il trapianto di midollo osseo. A un’amica, Guillermo confidò le prospettive che l’attendevano: «Se va tutto bene, festeggeremo tanto, ma se il trapianto non funziona, il Papà mi aspetta con amore».
«Fondazione Favaloro, luogo d’incontro con Dio»
Venne quindi ricoverato alla Fondazione Favaloro di Buenos Aires, un centro specializzato in cardiologia e malattie del sangue, il 2 settembre, dichiarando che andava «a fare un ritiro». Portò con sé un quaderno sul quale scrisse, nei giorni della degenza, intitolandolo: «Fondazione Favaloro, luogo d’incontro con Dio».
Portò anche la registrazione degli Esercizi Spirituali che il gesuita padre José Luis Lazzarini aveva predicato in Seminario e una cassetta con dei canti religiosi. Chiese poi a una parrocchia vicina che gli venisse portata tutti i giorni la Comunione.
Il rendimento di grazie per il trapianto
Il trapianto, effettuato l’11 settembre 2002, ebbe buon esito. Guillermo era entusiasta, felice, si sentiva tornare in vita. Nel suo quaderno, quel giorno, innalzò la sua lode al Signore:
«Grazie, Gesù, per avermi preso per mano quando ho toccato il fondo.
Grazie, Gesù, perché mi sostieni con la tua presenza tanto percepibile e consolatrice in questi momenti.
Grazie, Gesù, perché mi fai sperimentare che in definitiva, quando tutto sfugge, sei l’unico che rimane.
Grazie, Gesù, perché stai al mio fianco in modo così umano.
Grazie, Gesù, per avermi sollevato quando nessuno ormai poteva sollevarmi.
Grazie, Gesù, grazie Maria per questo incontro. Gesù. Maria.
Grazie, Gesù, perché tutto è così semplice. Com’è semplice Gesù! Tutto quello che è complicato si riduce a qualcosa di semplice e definitivo: Gesù».
La sua ultima offerta
Tuttavia, alla fine di settembre, un virus raggiunse i polmoni, non lasciandogli più alcuna speranza di vita. Per questa ragione, fu deciso di aprire le porte della sua stanza d’isolamento, per gli ultimi saluti. A due sacerdoti che vennero a trovarlo, Guillermo ripeteva: «Offro per la Diocesi e per le vocazioni».
Non diversamente, nelle prime righe del suo quaderno, quindi il 2 settembre, aveva affermato: «Offro questo: per le anime del Purgatorio, affinché siano presto alla presenza di Dio e diffondano il suo profumo su tutti gli uomini. Per l’evangelizzazione che la Chiesa porta avanti per condurre tutti a Dio. Per la rapida canonizzazione del Cura Brochero e affinché per intercessione sua e della Vergine Maria si riversino molte grazie su tutti i malati, soprattutto pazienza e forza».
La morte
Guillermo morì la mattina del 1° novembre 2002, nella solennità di Tutti i Santi. Aveva trent’anni compiuti ed era studente al terzo anno di Teologia. La camera ardente fu allestita in casa dei suoi genitori a Bella Vista. Le sue esequie furono affollatissime; molti vollero dirgli addio e lasciare testimonianze su di lui.
Il corpo di Guillermo riposò nel cimitero di Bella Vista fino al 4 novembre 2007, quando fu traslato nel Cimitero Sacerdotale del Seminario di San Miguel, inaugurato proprio con la sua sepoltura. La tomba cominciò a essere visitata dai seminaristi e anche da persone esterne.
La fama di santità
Un anno dopo la morte di Guillermo, alcuni amici e conoscenti realizzarono il libro «Con la sonrisa por la vida», pubblicato in proprio e disponibile in digitale su My Special Book: conteneva i loro ricordi e alcuni suoi scritti.
Monsignor Sergio Alfredo Fenoy, quinto vescovo di San Miguel, appena arrivato in diocesi nel 2005, s’interessò subito di Guillermo e ascoltò con interesse le testimonianze su di lui. Dopo la traslazione dei suoi resti, chiese ai familiari del giovane di consegnargli i suoi effetti personali, in modo da costituire un primo archivio presso la Curia diocesana.
Nel 2014, per iniziativa di alcuni sacerdoti e di seminaristi, fu realizzato un pieghevole con la fotografia di Guillermo, una sintesi della sua vita e una preghiera per le vocazioni. Disponibile in Vescovado e in Seminario, ebbe larghissima diffusione nelle parrocchie e in altre realtà.
Le fasi preliminari della causa
Due anni dopo, si cominciò a parlare della possibilità d’intraprendere la causa di beatificazione e canonizzazione. Nel 2017 si tenne una consultazione dei consigli presbiterali e dei consultori della diocesi, che si estese poi a tutto il presbiterio diocesano: la risposta fu unanimemente affermativa. Nel dicembre dello stesso anno, i genitori di Guillermo diedero il proprio benestare.
Nel marzo 2018 monsignor Fenoy stabilì la diocesi di San Miguel come attore della causa e designò come postulatore, con decreto del 9 aprile 2018, don Francisco José Occhiuzzi. Dal 2018 al 2019 il postulatore interrogò vescovi, sacerdoti, seminaristi, ex seminaristi, professori e formatori del Seminario, amici, conoscenti e tutti i familiari di Guillermo.
In quel modo, andava compiendo gli atti preliminari per raccogliere testimonianze su vita, fama di santità e di segni, prestando particolare attenzione a domandare se si fosse a conoscenza di qualunque fatto avesse potuto costituire un impedimento all’avanzamento della causa. In quel periodo apparve molto più chiaro che il seminarista possedeva le virtù cristiane sin dalla giovinezza e le aveva conservate fino alla morte.
Il 1° novembre 2018 si tenne una conferenza su vita e messaggio di Guillermo, trasmessa in streaming dall’auditorium della parrocchia cattedrale di San Michele a San Miguel, gremito di persone.
L’avvio della causa
Il 21 novembre 2019 il postulatore presentò il Supplice Libello per l’introduzione della causa a monsignor Damián Gustavo Nannini, vescovo di San Miguel, il quale promulgò l’Editto per l’avvio effettivo il 24 giugno 2020.
Ricevuto il parere positivo dalla Conferenza Episcopale Argentina e il nulla osta dalla Santa Sede, nonché ottenuto il trasferimento di competenza dal Tribunale ecclesiastico di Buenos Aires, poté essere avviata l’inchiesta diocesana a San Miguel a partire dal 1° novembre 2020, diciottesimo anniversario della morte di Guillermo.
Preghiera (con approvazione ecclesiastica, tradotta dall’originale spagnolo)
Padre Buono, nel tuo servo Guillermo Muzzio, giovane seminarista, ci hai regalato un vero amico che ci ha lasciato la testimonianza di una vita lieta e dedita all’amore di Dio e al prossimo. Tu gli hai concesso d’incontrare Gesù nella preghiera e nel quotidiano, perciò ci ha lasciato l’esempio di una santità semplice e profonda. Tu gli hai concesso di comprendere che “fare la tua volontà ed essere felice è lo stesso”; e perciò ha camminato sempre lungo la vita con un sorriso, anche nei momenti di croce.
Ti chiediamo, Signore, che, per intercessione di Guillermo e di nostra Madre, tu ci conceda la grazia di cui abbiamo tanto bisogno (esporre la richiesta).
Ti supplichiamo di compiere la tua opera glorificando il tuo Servo con la corona dei tuoi Santi.
Per Cristo, nostro Signore. Amen.
(Padre nostro, Ave Maria, Gloria)
Autore: Emilia Flocchini
Note:
Per informazioni: www.guillermomuzzio.org
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