Sabato santo, 11 aprile 1903. Vicino a Gemma Galgani che sta per andarsene in paradiso, c’è anche una giovane diciannovenne. Si chiama Eufemia Giannini. Le tiene la mano mentre il cuore le batte forte forte. Prega e piange: “Gesù non ce la prendere, lasciala ancora con noi”. Intanto si scolpisce nell’anima le ultime parole e gli ultimi palpiti della santa che poco fa le ha detto: “Impara, Eufemia, come si ama Gesù”. Appena muore, lei le pone sul cuore il distintivo passionista, le lava devotamente i piedi baciandone le stigmate.
Affranta comunica subito la dolorosa la notizia a padre Germano Ruoppolo, loro direttore spirituale: “Padre mio, come potremo consolarci di una perdita così grande? Come faremo senza Gemma?”. Eufemia è vissuta con lei quattro anni godendone la limpida amicizia. Con emozione e stupore ne ha stenografato la maggior parte dei dialoghi con Gesù durante le estasi.
Passionista ad ogni costo
Eufemia è nata a Lucca il 27 ottobre 1884, terzogenita di 12 figli, da Matteo e Giustina Bastiani. E’ stata cresimata a sette anni. Ha ricevuto la prima comunione a undici. In questa circostanza padre Germano le ha detto: “Tu non ti accorgi ma Gesù, quando viene nel tuo cuore, lavora a colpi di martello e di scalpello”. Ha frequentato le elementari presso le suore Dorotee ed ha conseguito il diploma di maestra. E’ cresciuta vivace, intraprendente, piena di comunicativa. La famiglia Giannini, tra le più note in città, è benestante e molto religiosa. Il papà, laureato in farmaceutica, è titolare di una farmacia e di una cereria. In casa si respira santità e si vive una fede cristallina. Cinque figlie diventeranno religiose. I Passionisti sono ospiti graditissimi e frequenti. Nel 1899 vi è stata accolta Gemma Galgani dopo il dissesto finanziario della sua famiglia. E’ proprio l’ambiente esemplare e discreto che si richiede per lei, già stigmatizzata e favorita di doni mistici straordinari. E con Gemma vi è arrivato un forte profumo di cielo.
Gemma ha venerazione per Matteo. Chiama confidenzialmente “mammina” la signora Giustina. Entra subito in sintonia con Eufemia appena quindicenne; nasce tra loro una intesa profonda. Eufemia ne diventa la confidente più intima e ne raccoglie i segreti più belli. Cresce spettatrice stupefatta dell’eroismo e del soprannaturale che colorano i giorni di Gemma. D’ora in poi la vita di Eufemia dovrà essere letta alla luce di questa singolare esperienza.
Lei sarà prezioso scrigno vivente dell’incalcolabile eredità spirituale lasciata dalla santa. Nel 1905 a Lucca arrivano le monache passioniste che trovano nella famiglia Giannini un valido aiuto ed un appoggio sicuro. Vincendo le iniziali resistenze del padre, che ne vuole provare la vocazione, l’8 gennaio 1906, Eufemia entra definitivamente in monastero dopo periodi di riflessione vissuti con le religiose. Il 25 marzo veste l’abito passionista; la cerimonia è presieduta da padre Germano. Eufemia assume il nome di Gemma Maddalena, espressione di umiltà e di devozione a Gemma Galgani. Un giorno padre Germano, confermando quanto Eufemia ha osato solo augurarsi in cuor suo, le ha detto: “Sì, sì, tu ti chiamerai Gemma Maddalena”.
L’11 aprile 1907, quarto anniversario della morte di Gemma Galgani, emette la professione religiosa. Le viene subito affidato il compito di maestra delle novizie, archivista e maestra di dottrina cristiana. Nel 1919 a 35 anni è inviata ad Itri (Latina) per guidare un nuovo monastero aperto da appena tre mesi. Madre Gemma, scriverà la superiora di Lucca, “dette un grand’esempio di obbedienza cieca, perché andava incontro a fatiche e responsabilità grandissime”. Non mancano gioie, ma neppure sofferenze.
Attorno al monastero cresce l’entusiasmo e nascono vocazioni. La comunità raggiunge presto le 20 religiose. Gemma non si risparmia: cura l’educazione delle ragazze, presiede la formazione delle novizie e postulanti, pensa all’amministrazione. Ma il sereno, purtroppo, dura poco; il monastero verrà chiuso dopo un quinquennio ricco di frutti e più ancora di promesse. Dentro e fuori della comunità infatti cominciano a serpeggiare forti contrasti, sottili invidie, laceranti dissapori. Infondati sospetti scivolano su madre Gemma. Solo un alto grado di vita spirituale le permette di non essere travolta dagli eventi e di non perdere la pace del cuore.
Per motivi di salute trascorre circa tre mesi in famiglia e poi passa al monastero di Vignanello (Viterbo). Qui scrive il Diario, preziosa fonte per conoscere il suo cammino interiore. Dopo sette anni di paradiso ritorna a Lucca dove la sua presenza è richiesta soprattutto per propagare la devozione a Gemma Galgani ormai prossima alla beatificazione. Nel viaggio di trasferimento partecipa a Roma alla cerimonia in cui Gemma viene dichiarata venerabile.
A Lucca la sua vita diventa difficile e problematica. Ricorrenti malattie la costringono a ripetuti andirivieni tra famiglia e monastero. “Dopo qualche mese, scriverà lei stessa, caddi ammalata. Le cause le sa il Signore. La più dolorosa fu l’insonnia; ebbi fortissime emorragie, rimasi quasi senza sangue. Per ordine del medico e su richiesta di papà, dovetti uscire con mio grandissimo dispiacere. Dopo alcuni mesi, stando bene, chiesi di rientrare.
Poco dopo ricaddi di nuovo e fui costretta a tornare in famiglia. Per più volte rientrai e dovetti uscire”. Durante una delle soste in famiglia può andare a Roma per assistere alla beatificazione di Gemma. A causa delle malattie le suggeriscono di chiedere il ritorno definitivo in famiglia. “Sono passionista, risponde decisa, e passionista resterò fino alla morte”. Sarà passionista e fino alla morte. Il come si vedrà.
Attraverso il tortuoso percorso della malattia il Signore la sta dirottando su una strada che lei ancora non riesce a decifrare. L’esperienza del monastero le sarà utile per assimilare e poi trasmettere lo spirito passionista. Intanto avviene qualcosa di importante che lei stessa racconta. “Stando davanti a Gesù sacramentato vidi con gli occhi dello spirito ciò che voleva il Signore: che i luoghi dove santa Gemma era nata, vissuta e morta fossero custoditi da anime consacrate a Dio, sotto la diretta protezione di santa Gemma e dedicate ad opere di carità.
Tutto ciò sarebbe avvenuto attraverso grandi difficoltà, umiliazioni, disprezzi. Andai dalla madre presidente Maddalena Marcucci. Ad essa dissi tutto con semplicità. Mi rispose che il Signore tutto permette per un maggior bene e che si è dato già di altre suore, uscite dall’istituto per formare altri istituti. Io nell’incertezza e nel timore di sbagliare, pregavo e soffrivo”.
Sostegno le arriva ed arriverà anche da altre autorevoli personalità cui chiede consiglio: il servo di Dio don Stefano Antoni che raccolse l’ultima confessione di Gemma Galgani, don Alberione, il cardinale Ildefonso Schuster, padre Pio da Pietrelcina.
Gemma seconda
Gemma Giannini è lo strumento scelto da Dio per dare vita ad una nuova famiglia di anime consacrate a Gesù crocifisso. Scrive al prefetto della congregazione dei religiosi comunicando l’ispirazione di fondare un istituto con la regola di san Paolo della Croce. Le suore saranno passioniste di vita attiva. “Se per causa indipendente dalla mia volontà, riflette, non posso più vivere in clausura, mi darò alla vita di apostolato. Voglio farmi santa ad ogni costo. All’austerità supplirò con la carità e davanti a Dio avrò lo stesso merito”.
Dal monastero di Lucca le arrivano le prime due probande che per motivi di salute sono costrette a lasciare la clausura; sono le giovani Dorotea Prelovsek ed Elisa Piazzi. Il 4 maggio 1939 affitta alcune stanze nella Villa Guerra di Borgonuovo, presso Lucca, ed inizia la nuova esperienza. Nel 1940 c’è la canonizzazione di Gemma Galgani. La Giannini, presente a Roma, è ammessa all’udienza pontificia. Al papa Pio XII regala un orologio usato anche dalla santa e sottopone l’ispirazione circa la nuova famiglia religiosa. Il papa le dice: “Vada avanti; dalle circostanze capirà la volontà di Dio”. “Questa frase, annoterà la Giannini, mi bastò per tranquillizarmi. Non ebbi più dubbi e rimasi in pace, seguendo giorno per giorno le vie del Signore”.
Per la sua opera si fa mendicante e non le mancano munifici benefattori. Nel 1942 il vescovo di Chiavari (Genova) approva l’istituto come “Pia unione”. Nel 1943, con un provvidenziale ed insperato aiuto, può acquistare la casa natale di Gemma Galgani. Vi andrà ad abitare nel 1944, e qui morirà. Nei 1946 ottiene un’altra approvazione dal vescovo di La Spezia.
Nel 1948 l’istituto entra nella diocesi di Milano dove nel 1951 il cardinale Ildefonso Schuster lo riconosce come “Pia Associazione”. La congregazione intanto si espande: ottiene ulteriori approvazioni, si aprono nuove case, arrivano buone vocazioni. Le suore sono impegnate in asili, orfanotrofi, seminari offrendo anche gratuitamente la propria opera. Nel 1966 andranno nello Zaire per collaborare con i missionari saveriani.
Nel 1954 c’è la nomina dell’assistente ecclesiastico nella persona del vescovo di Bobbio (Piacenza), monsignor Pietro Zuccarino che nel 1964 erige l’istituto come congregazione religiosa di diritto diocesano con il titolo di “Congregazione missionaria delle sorelle di santa Gemma”.
Nel 1960 il superiore generale dei Passionisti padre Malcolm La Velle concede alle sorelle di santa Gemma la facoltà di portare il distintivo passionista, e nel 1973 il suo successore padre Teodoro Foley concederà l’affiliazione alla congregazione passionista. Le suore vivono la spiritualità di san Paolo della Croce ed emettono il voto speciale di fare memoria della Passione di Gesù. Nel 1982 la congregazione verrà riconosciuta come istituto di diritto pontificio e le costituzioni saranno approvate dal papa Giovanni Paolo II. Un nuovo germoglio, auspice Gemma Galgani, fiorisce sull’albero piantato da Paolo della Croce.
Il programma di Gemma Giannini: “Amare Gesù! Consumarmi per Lui”. Vivere, trasmettere la spiritualità di Gemma Galgani. Di lei essere specchio nitido, eco fedele. E’ la sua vocazione. Ed è l’impegno del suo istituto. E’ ancora novizia quando padre Germano le ha scritto parole che hanno il sapore di profezia: “Cara figlia, non le dirò che faccia in modo che la sua oblazione sia completa, perché so che Gesù glielo ha fatto intendere.
Lei poi ha davanti quei grandi esempi di Gemma. Faccia Gemma seconda quel che faceva Gemma prima, pensando che Gesù l’ha chiamata ad essere erede dello spirito di essa. Che grande vocazione! Che sublime missione! Badi però, figlia mia, che Gemma prima fu vittima non solo di amore, ma di dolore per Gesù. Lei lo sa meglio di me e di ogni altro”.
Lei per umiltà si stima “Gemma falsa”. Non accetta neppure il titolo di fondatrice ma definisce la Galgani “madre e maestra, nostra cara fondatrice”. Da lei mutua le coordinate della spiritualità del nascente istituto. Le sorelle di santa Gemma sono “figlie della passione, piccoli frutti della passione di Gesù”. Nello spirito di Gemma, appunto. E nello spirito san Paolo della Croce che lei chiama “nostro padre”.
“La congregazione delle sorelle di santa Gemma, scrive, accoglie tutte quelle anime generose che desiderano continuare la vita di sacrificio, di semplicità e carità di santa Gemma, la sua vita di amore al crocifisso”. Indica anche il luogo privilegiato della loro attività. “Cura speciale avranno dei piccoli derelitti, degli orfani, dei malati più poveri, di tutti quelli che non dispongono di beni materiali; l’infermità, la povertà, l’abbandono degli uomini saranno titoli di preferenza”.
Raccomanda illimitato amore a Gesù crocifisso. “Noi dobbiamo essere le prime nel ricordare la passione di Gesù. Questo deve essere lo scopo principale della nostra vita. Questo istituto andrà avanti se avremo questi sentimenti; Gesù lo vuole perché vi si continui la vita di santa Gemma che visse meditando la passione di Gesù”.
In linea con questa spiritualità, ritorna continuamente l’esortazione a vivere quell’atteggiamento della riparazione e della immolazione così caro a santa Gemma. “Come lei siamo passioniste col cuore e se ci sarà da soffrire, uniamoci a Gesù e soffriamo con Lui per la redenzione delle anime e per i sacerdoti. Noi dobbiamo considerarci come la Croce Rossa dell’umanità, pronte a sollevare le miserie delle povere anime; per questo siamo state chiamate”. Da sempre la Giannini si è incamminata su questa strada.
Lei si è consacrata al Signore con una radicalità che non ammette equivoci o ripensamenti. Con gioia si è offerta vittima per i sacerdoti. Ha emesso l’atto eroico di carità in favore dei defunti. Si è impegnata con il voto di carità a rispondere con il bene a chi la fa soffrire. Gemma Galgani l’ha premurosamente sostenuta in questa quotidiana immolazione. Della Giannini si può dire quello che lei ha scritto della Galgani: “Gesù era tutto per Gemma e Gemma era tutta di Gesù”.
Nel 1960 viene colpita da paralisi progressiva che la ridurrà alla totale immobilità. Restano vivaci ed espressivi solo gli occhi, che abitano un volto sofferente ma sereno. Il resto è una piaga dolorosa e profonda. Soprattutto ora sono vere le parole che un giorno le ha detto Gemma, riferendosi alla loro vocazione: “Tu prenderai il mio posto sul Calvario”. Laici, sacerdoti, anime consacrate, vanno da lei per chiedere consiglio e conforto. Lei non si lamenta mai. Ha proposto già da tempo: “Prendo tutto dalle mani del buon Dio e non oso chiamare croce quello che mi viene da Lui”. Sente la continua e rassicurante presenza di Gemma Galgani.
Confida alla consorella che l’assiste: “Sai è venuta qui santa Gemma e mi ha detto che per ora non morirò; devo soffrire ancora con Gesù per la salvezza delle anime”. Il 26 agosto 1971, padre Adalberto Cerusico passionista, avverte un forte e misterioso impulso di correre dall’ammalata. La benedice dicendole che per lei le porte del paradiso si stanno ormai spalancando. Partito il religioso, riceve l’Eucarestia. Reclina placidamente il capo subito dopo aver risposto Amen. Così Sia. E’ l’ultima sua parola. Sintesi di una vita protrattasi per 87 anni. Una vita segnata e trafitta fin dall’adolescenza dall’incontro con la dolcissima e angelica Gemma Galgani.
Autore: Pierluigi Di Eugenio
Fonte:
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Sotto la Croce appassionatamente, la santità nella Famiglia Passionista
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