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San Cirillo d'Alessandria Vescovo e dottore della Chiesa

Festa: 27 giugno - Memoria Facoltativa

370-444

Cirillo (370-444), che succedette allo zio Teofilo, vescovo di Alessandria d’Egitto tra il 385 e il 412, fu protagonista assoluto nella Chiesa della prima metà del V secolo. Fronteggiò gli avversari della Cristianesimo con la stessa determinazione con cui combatté le derive teologiche dentro la Chiesa stessa. Scrittore prolifico e polemico, non si sottrasse nelle dispute contro i pagani e contro i giudei e divenne punto di riferimento nelle dispute teologiche che precedettero e seguirono il III Concilio Ecumenico, celebrato ad Efeso nel 431. In quegli anni particolarmente difficili per la Chiesa, Cirillo, nonostante alcune situazioni ancora oscure sotto un profilo storico, governò la Chiesa di Alessandria d’Egitto difendendo strenuamente l’ortodossia.

 

Etimologia: Cirillo = che ha forza, signore, dal greco

Emblema: Bastone pastorale

Martirologio Romano: San Cirillo, vescovo e dottore della Chiesa, che, eletto alla sede di Alessandria d’Egitto, mosso da singolare sollecitudine per l’integrità della fede cattolica, sostenne nel Concilio di Efeso i dogmi dell’unità e unicità della persona in Cristo e della divina maternità della Vergine Maria.

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Un “instancabile e fermo” testimone di Gesù Cristo, “Verbo di Dio incarnato”. È San Cirillo di Alessandria nelle parole di Benedetto XVI che il 3 ottobre 2007 dedica alla “grande figura” di uno dei Padri della Chiesa un’intera udienza generale.

Vescovo della Chiesa d’Alessandria
Nipote di Teofilo, che dal 385 come vescovo resse la diocesi d’Alessandria in Egitto, Cirillo nasce probabilmente nella medesima città tra il 370 e il 380. Viene presto avviato alla vita ecclesiastica e riceve perciò una buona educazione, sia culturale sia teologica. Nel 403 è a Costantinopoli al seguito dello zio, e qui partecipa al Sinodo detto della Quercia, che ha come esito la deposizione del vescovo della città, Giovanni (detto più tardi Crisostomo), e segna così il trionfo della sede alessandrina su quella, tradizionalmente rivale, di Costantinopoli, dove risiede l’imperatore. Alla morte dello zio Teofilo, l’ancora giovane Cirillo nel 412 viene eletto vescovo dell’influente Chiesa di Alessandria, che governa con grande energia per 32 anni, mirando sempre ad affermarne il primato in tutto l’Oriente, forte anche dei tradizionali legami con Roma.

Fede cristologica
Qualche anno dopo, nel 417 o nel 418, Cirillo ricompone la rottura della comunione con Costantinopoli, ma i contrasti si riaccendono quando, nel 428, vi viene eletto Nestorio. Il nuovo vescovo di Costantinopoli, nella sua predicazione, preferisce per Maria il titolo di «Madre di Cristo» (Christotókos), in luogo di quella - già molto cara alla devozione popolare - di «Madre di Dio» (Theotókos). Prima e durante il Concilio di Efeso, la reazione di Cirillo - allora massimo esponente della cristologia alessandrina, che intendeva invece sottolineare fortemente l’unità della persona di Cristo - è quasi immediata, riproponendo il dovere dei Pastori di preservare la fede del Popolo di Dio. Il suo criterio era che la fede del Popolo di Dio è espressione della tradizione e garanzia della sana dottrina. In una lettera a Nestorio, Cirillo descrive con chiarezza la sua fede cristologica: «Affermiamo così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato un solo Cristo e Figlio» perché «divinità e umanità, riunite in unione indicibile e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio». Perciò, sottolinea il vescovo di Alessandria, «professeremo un solo Cristo e Signore». Ottiene che Nestorio venga ripetutamente condannato, ma riesce giungere, già nel 433, a una formula teologica di riconciliazione con gli antiocheni. Muore il 27 giugno del 444.

(Vatican News)

 


 

Nell’evidente declino dell’impero romano, la Chiesa cristiana divenne nel V secolo sempre più struttura capace di affrontare e reggere lo scontro con gli avversari dentro e fuori l’impero stesso. Cirillo, successore dello zio Teofilo, Patriarca di Alessandria d’Egitto, conosceva bene il suo ruolo e i compiti che gli spettavano. Nato nel 370, lo troviamo già a Costantinopoli in qualità di giovane lettore al fianco dello zio Teofilo nel sinodo della Quercia (403) che depose Giovanni Crisostomo, Patriarca di Costantinopoli. Morto Teofilo, nel 412 Cirillo mantenne da Patriarca lo stile dello zio volto a consolidare ed aumentare il ruolo della Chiesa di Alessandria d’Egitto: alcuni definirono Cirillo “il faraone cristiano”. Ma la sua preoccupazione principale fu sempre rivolta alle controversie religiose. Affermata la fede cristiana nei confronti del paganesimo (è ancora da chiarire il suo ruolo preciso nella morte della filosofa Ipazia) e del giudaismo (l’importante e fiorente comunità giudaica fu praticamente azzerata nella città di Alessandria d’Egitto), Cirillo fu molto impegnato nei conflitti emersi dall’interno della Chiesa cristiana.
Debellata l’eresia novaziana, l’attenzione teologica e pastorale dell’Alessandrino si rivolse contro alcuni protagonisti della Chiesa di Costantinopoli. Dal 428 e fino alla morte del 444, fu punto di riferimento assoluto nella dura controversia contro Nestorio, Patriarca di Costantinopoli e contro quanti, difendendo la dottrina difisita (duofisita) sulle nature di Gesù Cristo, privilegiavano la presenza in Gesù della natura umana al punto da relegare in secondo piano quella divina. Ne seguì un’aspra lotta, ben documentata dai testi composti dai principali attori, che gettano luce su Cirillo autore di importanti testi di esegesi biblica, di Omelie e di Lettere e di opere polemiche contro Nestorio. Non mancarono imprecisioni (Cirillo, che amava citare i Padri della Chiesa, diede voce ad Apollinare di Laodicea, un eretico, pensando di rifarsi al grande Atanasio di Alessandria che considerava suo maestro), ma prima Roma ed infine il III Concilio Ecumenico (Efeso 431), affermarono, dopo fasi molto convulse dove l’impero romano esercitò violenza nelle dispute teologiche, la corretta lettura teologica di Cirillo e di quanti si riconoscevano nel pensiero del Patriarca Alessandrino.
Affermando le due nature complete e non confuse nell’unico soggetto del Logos, Cirillo, prima e durante il Concilio di Efeso, contro Nestorio e i difisiti, difese l’attribuzione del titolo a Maria di “Madre di Dio”, Theotokos, largamente acquisito nella Chiesa d’Oriente. Nestorio, marcando la natura umana di Gesù, preferiva invece quello di “Madre dell’uomo” o di “Madre di Cristo”, perché nella sua insufficiente cristologia temeva che Maria e Cristo risultassero troppo sganciati dalla realtà terrena. Cirillo sbaragliò il campo avverso, ma fu anche uomo di pace e vescovo che cercò di ricucire e non solo dividere. Dopo soli due anni fu steso un Patto d’unione nel 433 con gli antiocheni nel tentativo, purtroppo inutile, di ricomporre le lacerazioni ormai già troppo profonde nel tessuto della Chiesa. I tempi non erano maturi. Il IV Concilio Ecumenico, celebrato nel 451 a Calcedonia, con papa Leone I che fornì le coordinate teologiche nel dibattito tra monofisismo e difisismo, riconoscerà a Cirillo il merito della sua teologia e della sua pastorale. La liturgia siriaca e maronita lo ricorda come “una torre di verità e interprete del Verbo di Dio fatto carne”. Papa Leone XIII nel 1882 lo proclamò Dottore della Chiesa.

 


Autore:
Massimo Salani

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Aggiunto/modificato il 2011-03-11

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