Corleone, Palermo, 16 febbraio 1605 - Palermo, 12 gennaio 1667
Nato nel 1605 nel centro siciliano da cui prende il nome, era un ragazzo sanguigno, cresciuto però da un padre calzolaio con il cuore generoso. Un giorno la rabbia ebbe il sopravvento e, sfidato a duello, Bernardo ferì gravemente un uomo con la spada. L'episodio segnò l'inizio della conversione: a 19 anni entrò in un convento di Cappuccini e da lì la sua vita divenne piano piano tutta dedita ai servizi e alla preghiera. Solo a 27 anni i frati gli permisero di indossare il saio e continuare così da frate il suo cammino di penitenza. Ormai era un uomo nuovo e l'errore di gioventù era stato ripagato: per la gente divenne esempio di santità. Morì nel 1667. Fu beatificato da Clemente XII il 15 maggio 1768. È stato canonizzato da Papa Giovanni Paolo II, il 10 giugno 2001.
Etimologia: Bernardo = ardito come orso, dal tedesco
Martirologio Romano: A Palermo, san Bernardo da Corleone, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, insigne per la mirabile carità e lo spirito di penitenza.
|
Forse esagerano un po’ i contemporanei a definirlo “la prima spada di Sicilia”, ma certo è che chiunque viene a duello con lui ne esce irrimediabilmente sconfitto. O anche peggio, come quel tal Vito Canino, che resta ferito ad un braccio e sarà permanentemente invalido. Non è, però, un attaccabrighe e un litigioso; semplicemente, un po’ troppo spesso viene presso dalla “caldizza”, cioè gli ribolle il sangue davanti a ingiustizie e soprusi e così mette mano un po’ troppo facilmente alla spada. Viene da un paese, Corleone, che per noi oggi è più famoso per l’ex primula rossa mafiosa ora assicurata alla giustizia che per aver dato i natali a lui nel 1605. La sua casa viene comunemente definita “casa di santi” per la bontà dei suoi fratelli e soprattutto per la carità di papà, calzolaio e bravo artigiano in pelletteria, che è abituato a portarsi a casa gli straccioni e i poveracci incontrati per strada, per ripulirli, rivestirli e sfamarli. L’unica “testa calda” è lui, giovanottone dalla costituzione forte ed imponente, che impara a fare il ciabattino nella bottega di papà fino al giorno famoso in cui ferisce quel tal Canino che lo aveva sfidato a duello. La vista del sangue e, soprattutto, il timore della vendetta e delle conseguenze di quel gesto, lo consigliano di cercare rifugio nel convento dei cappuccini, dove pian piano matura la sua vocazione religiosa. Ha appena 19 anni e i superiori fanno fare anticamera alla “prima spada di Sicilia”, tanto che solo a 27 anni può indossare il saio nel convento di Caltanissetta. I suoi bollenti spiriti si stemperano lentamente con l’esercizio continuo della preghiera, della penitenza e della meditazione, e alla fine viene fuori un uomo nuovo. Analfabeta e pertanto destinato ad essere un frate laico, svolge in convento i lavori più umili, in cucina e in lavanderia. Superiori e confratelli sembrano esercitarsi a farlo bersaglio di incomprensioni, malignità e umiliazioni attraverso le quali lui, adesso, passa imperturbato. Anche il demonio non lo lascia tranquillo, apparendogli sotto forma di animale e bastonandolo così rumorosamente da impaurire tutto il convento, ed egli lo tiene a bada soltanto con la preghiera, perchè, dice, “l’orazione è il flagello del demonio ed egli teme più l’orazione che i flagelli e i digiuni”. Anche se lui non fa economia né di questi né di quelli, sottoponendosi a penitenze che hanno dell’incredibile, soprattutto per un uomo della sua stazza e dall’appetito robusto, che si accontenta di qualche tozzo di pane duro ed a volte si priva anche di quello. Da stupirsi che, come dice la gente, attorno a questo frate fioriscano cose prodigiose che fanno gridare al miracolo? Consumato dalle penitenze e dalla fatica, trova il suo posto accanto al tabernacolo, dove prega in continuazione, e qui si ammala il giorno dell’Epifania del 1667. Muore il 12 gennaio, ad appena 62 anni e prima di seppellirlo devono cambiare per ben 9 volte la sua tonaca, perché tutte erano state fatte a pezzettini dai fedeli che volevano avere una reliquia. Beatificato nel 1768 e proclamato santo nel 2001, Bernardo da Corleone, dopo 400 anni, diventa oggi un simbolo per la sua città, che vuole riscattarsi dalla fama di coppole e padrini che fanno ormai parte dell’immaginario collettivo. Per questo hanno realizzato un musical per raccontare di quel giovane, che ad un certo punto della sua vita ha ripudiato le armi per scegliere la legalità. Più chiaro di così!
Autore: Gianpiero Pettiti
Filippo nasce nel 1605 a Corleone (Palermo). Il padre, calzolaio, uomo buono, religioso e caritatevole, si chiama Leonardo Latini e la madre Francesca Sciascia. Filippo ha sei fratelli ed è ancora bambino quando il padre gli insegna il suo mestiere. A Filippo non piace aggiustare le scarpe e confezionarne di nuove. Lui è molto abile con la spada e sogna una vita eroica come difensore degli oppressi. È un ragazzone alto e robusto quando a diciotto anni diventa il più bravo e rispettato spadaccino della Sicilia. Un giorno, per difendere una ragazza, affronta alcuni soldati disarmandoli in poco tempo. La sua fama di spadaccino imbattibile si diffonde e Filippo deve vedersela con chi gli contende il primato. Purtroppo in uno di questi duelli Filippo ferisce gravemente il rivale. Scappa e si rifugia in un convento poiché i familiari della vittima lo cercano per vendicarsi.
Filippo riflette sulla sua vita e capisce di aver percorso una strada sbagliata. Nel 1631 indossa il saio e con l’umile mansione di cuoco diventa frate francescano dell’Ordine dei Minori Cappuccini. Il famoso spadaccino cambia il suo nome in Bernardo; prega, lavora e fa tante rinunce per espiare le sue colpe: mangia pochissimo, anche solo un tozzo di pane. Così l’ex spadaccino pentito ottiene da Dio il perdono e la facoltà di fare miracoli.
Durante un’epidemia il buon frate sarebbe rimasto l’unico sano ad assistere i confratelli. Quando sente il contagio su di sé, Bernardo prende una statuetta di San Francesco e se la nasconde dentro la manica, chiedendo al “Poverello d’Assisi” di farlo guarire, altrimenti non l’avrebbe rimessa al suo posto in chiesa. Le sue preghiere vengono ascoltate: Bernardo guarisce all’istante per assistere gli ammalati. Fra Bernardo è molto richiesto dalla gente che accorre a lui per chiedere la guarigione del fisico e dell’anima, oppure di una mucca o di un asino, animali importantissimi per la sopravvivenza della famiglia. Per questo Fra Bernardo viene invidiato dai confratelli, ma il santo risponde con la pazienza e la mitezza anche quando lo accusano di essere un impostore. San Bernardo da Corleone muore a Palermo nel 1667.
Autore: Mariella Lentini
Leggendo di lui si pensa subito al personaggio creato dal Manzoni nei Promessi sposi: fra Cristoforo, che prima era l’arrogante spadaccino Ludovico, sempre pronto alla lite anche mortale. Bernardo di Corleone è invece un personaggio reale, battezzato alla nascita con i nomi di Filippo Latino, quinto figlio di un calzolaio che forse è anche conciatore di pelli. Una famiglia molto religiosa la sua, con un fratello sacerdote. E lui, invece, che perde i giorni e la testa a osservare le esercitazioni di scherma tra ufficiali e soldati del locale presidio spagnolo. Infine si scopre “una delle migliori lame”, come si dice nell’ambiente. Non è esattamente quello che vorrebbero i suoi; ma le ragioni a favore della spada – in quest’epoca – hanno pure qualche peso. Per dirla in breve, al buon spadaccino si porta rispetto, anche se è figlio di un calzolaio.
Poi arriva a sfidarlo il palermitano Vito Canino, temibilissimo con l’arma in mano. Semplice sfida per il primato o regolamento di qualche conto? La causa non è certa, ma l’effetto sì: nello scontro il palermitano si trova con un braccio in meno. Ed ecco Filippo in convento. Per sfuggire alla giustizia? La prima motivazione sarà pure stata questa, dopo un certo periodo di latitanza.
Ma nel 1631 lo troviamo nel noviziato cappuccino di Caltanissetta, dove a 26 anni indossa il saio con il nome di frate Bernardo. Sono passati sette anni dal duello sciagurato con don Vito Canino. Lui è un altro uomo, ma il cambiamento non è stato gratuito o facile. E nemmeno rapido. Ha chiesto tempo e sacrificio, e qui è venuto fuori per gradi l’uomo nuovo, con la mitezza e con le penitenze durissime. Ordinari rimedi sono poi la preghiera e il lavoro continuo, il servizio ai confratelli, specialmente se ammalati.
C’è un racconto bellissimo di questa sua generosità. Trovandosi con i frati di Bivona durante un’epidemia, si prodiga a curarli in ogni necessità, perché l’unico rimasto sano in comunità è lui. Ma poi viene colto anch’egli dal male: allora, prende da una chiesa una statuetta di san Francesco e se l’infila in una manica dicendo: "Adesso tu rimani lì dentro finché non mi fai guarire, perché possa aiutare i confratelli".
La sua opera di infermiere si estende anche agli animali, in un tempo in cui la morte di un mulo o di un bovino può significare rovina per una famiglia. Si fa a suo modo esortatore e predicatore con certi suoi mini-sermoni in rima, ancora ricordati, come: "Momentaneo è il patire / sempre eterno è il partire".
Frate Bernardo “parte” da questa vita all’età di 62 anni, accompagnato subito dalla fama di santità, che sarà suggellata con la sua beatificazione nel 1768 e la canonizzazione nel 2001.
Autore: Domenico Agasso
Fonte:
|
|
|
|