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Cheongsan, Corea del Sud, 1808 – Seoul, Corea del Sud, 23 gennaio 1840
Andrea Chong (o Tsieng) Hwa-gyŏng, partito dalla sua città natale in Corea per essere più libero di praticare la fede cattolica, si occupò di trovare un rifugio a monsignor Laurent-Joseph-Marius Imbert, Vicario apostolico di Corea. A causa della sua semplicità d’animo, credette alle parole di un delatore e gli rivelò il nascondiglio del vescovo. A sua volta scoperto e arrestato più volte, morì per strangolamento a Seul il 23 gennaio 1840. È stato beatificato il 5 maggio 1925 e canonizzato il 6 maggio 1984, incluso nei 102 Martiri Coreani.
Martirologio Romano: A Seul in Corea, sant’Andrea Chong (Tyong) Hwa-gyǒng, catechista e martire: mentre prestava aiuto al santo vescovo Lorenzo Imbert, fece della sua casa un rifugio per i cristiani; per questo fu crudelmente colpito e ferito, infine strangolato in carcere.
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Andrea Chong (o Tsieng) Hwa-gyŏng nacque intorno al 1808 nel distretto del Cheongsan, nella provincia del Chungcheong, in Corea del Sud. Dovette tuttavia lasciare la sua città natale per essere più libero di vivere la sua fede nel cattolicesimo, ma perse i suoi pochi beni.
Oltre ad avere l’incarico di catechista, si adoperò per trovare un rifugio sicuro a monsignor Laurent Imbert, terzo Vicario apostolico di Corea, e lo trovò nell’abitazione dell’amico Andrea Son Kieng-sie.
Un giorno, venne raggiunto da un uomo, Kim Yo-sang, che gli diede una felice notizia: i funzionari governativi avevano deciso di terminare le persecuzioni anticristiane e volevano ricevere il Battesimo per mano del vescovo Imbert, quindi avevano bisogno di sapere dove si trovasse. Ne fu molto felice, ma, dopo averci pensato tutta la notte, disse che sarebbe andato ad avvisarlo da solo. Costretto tuttavia ad essere seguito dalle guardie, acconsentì, a condizione che restassero a metà strada e che non si spingessero oltre.
Così, all’una di notte tra il 10 e l’11 agosto 1839, seguito dal solo Kim Yo-sang, che si fermò a una certa distanza dalla casa di Andrea Son, si diresse dal vescovo e gli riferì quello che gli era stato raccontato. Monsignor Imbert capì che si trattava di un tranello, ma non scappò: per evitare problemi alla sua gente, si consegnò a coloro che vennero ad arrestarlo, l’11 agosto 1839.
Andrea Chong, rilasciato dietro richiesta del vescovo, venne però nuovamente ingannato da spie che volevano sapere dove si fossero nascosti i missionari Jacques Chastan e Pierre Maubant, i quali nel giro di pochi giorni dovettero fuggire più a sud. «Lui ha la metà di ciò che serve per fare un cristiano buono e utile in questo paese: la semplicità della colomba», commentò, citando il Vangelo secondo Matteo, padre Maubant.
Il pover’uomo, compreso il suo errore, volle consegnarsi alle autorità, ma i missionari gli ordinarono di andare a nascondersi e di non credere più a nessuno, a meno che non fosse uno dei loro aiutanti evaso di prigione. Ciò nonostante, venne scoperto.
Per due volte Andrea era già stato arrestato e poco dopo rilasciato, poiché la sua semplicità d’animo non sembrava costituire un grande pericolo. La terza, tuttavia, né la sua indole né l’involontario servizio prestato al governo gli valsero la liberazione. Benché venisse più volte sottoposto alla tortura della curvatura delle ossa, rimase saldo nella fede.
Dopo cinque mesi di prigionia, subì l’esecuzione per strangolamento a Seul il 23 gennaio 1840. Monsignor Imbert e i padri Chastan e Maubant, invece, erano stati decapitati il 21 settembre 1839, mentre Andrea Son apostatò, ma si pentì e venne anche lui strangolato.
La causa di Andrea Chong Hwa-gyŏng venne unita a quella di altri martiri coreani, la cui effettiva morte in odio alla fede venne sancita con decreto reso pubblico il 9 maggio 1925, che aprì la via alla beatificazione, celebrata il 5 luglio 1925.
Il gruppo di cui facevano parte venne unito a un altro, per un totale di centodue Beati. Vennero canonizzati tutti insieme da papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, in piazza Youido a Seul, nel corso del viaggio apostolico in Corea, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Thailandia.
Autore: Emilia Flocchini
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