Prato Piano, Parma, 13 agosto 1850 - Milano, 2 febbraio 1921
Cardinale arcivescovo di Milano dal 1894 alla morte avvenuta nel 1921, Andrea Ferrari nacque a Lalatta (Parma) nel 1850, fu ordinato sacerdote nel 1873 e nominato vescovo nel 1890: quattro anni dopo Leone XIII lo volle pastore a Milano. Qui Ferrari si spese per dare corso ai cammini indicati dal pontefice nella Rerum novarum attraverso numerose iniziative pastorali e sociali. Fondò un giornale, L'Unione, che poi divenne L'Italia, una delle due testate dalle quali nel 1968 nacque Avvenire. Tra i suoi ultimi atti vi fu l'approvazione degli statuti dell'Università Cattolica.
Etimologia: Andrea = virile, gagliardo, dal greco
Martirologio Romano: A Milano, beato Andrea Carlo Ferrari, vescovo, che valorizzò la tradizione religiosa del suo popolo e aprì nuove vie per far conoscere nel mondo Cristo e la carità della Chiesa.
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Nato a Lalatta, frazione del comune di Prato Piano (Parma) nell'agosto 1850, Andrea Ferrari percorse la normale "carriera" ecclesiastica del tempo. Accolto presso il seminario di Parma, nel '73 venne ordinato sacerdote; l'anno dopo venne nominato parroco, successivamente vicerettore al seminario di Parma e professore di fisica e matematica; in seguito divenne rettore dello stesso istituto. Nel 1890 venne eletto vescovo di Guastalla, e fu trasferito poi a Como; successivamente Leone XIII lo nominò cardinale destinandolo, nel 1894, alla diocesi di Milano dove Andrea Ferrari rimase fino alla morte (1921).
Fu un pastore molto attivo; ma talvolta la sua opera e i suoi scritti suscitarono contrasti e richiami. Nel 1911 dovette affrontare prima una visita canonica e poi anche la sospensione della parola perché, in alcuni ambienti più conservatori, era ritenuto vicino alle idee moderniste. Tale posizione in seguito venne chiarita: il santo vescovo era infatti attento alla parola del papa e rispettoso della Chiesa. Ebbe a scrivere: "Nessun altro magistero al mondo può essere paragonato a quello del Romano Pontefice, a cui fu promessa la speciale assistenza dello Spirito Santo, che è Spirito di Verità. Si dice: Ma il papa è un uomo! Ma una cosa io veggo e sento, ed è la mano di Dio che a mostrare la sua potenza elegge le cose ignobili e spregevoli e che dalle pietre istesse può suscitare figliuoli di Abramo".
Svolse, nella sua diocesi, una intensissima vita pastorale visitando tutti gli ambienti, gruppi e associazioni, classi e strati sociali.
La sua era una presenza instancabile, con la parola, con le lettere pastorali, con le direttive. "Portiamo agli Esercizi con noi tutto il nostro buon volere, grande generosità di cuore, ferma risoluzione di mantenere assoluto e rigoroso silenzio senza del quale gli Esercizi sarebbero un perditempo e un controsenso. Però nessuno creda che per mantenere raccoglimento e silenzio occorra recarsi qua o là a fare gli Esercizi da solo. Anzi, il più delle volte (come lo mostra l'esperienza) è allora che più facilmente manca il valido sussidio alla parola viva assai più efficace di quella che leggiamo sui libri".
Sapeva cogliere e valorizzare nei suoi sacerdoti gli aspetti umani, ma era anche inflessibile, perché dava un giusto valore alla disciplina. Inoltre teneva molto alla loro preparazione culturale.
Di lui si conservano moltissimi documenti scritti; si calcola che abbia tenuto circa 20 mila discorsi. Dotato di forte intelligenza, affrontava i problemi con immediatezza ma con calma e con serenità.
Un posto di rilievo nella sua spiritualità lo ebbero l'Eucaristia e la Vergine Maria.
Fu tra i primi vescovi che si interessarono ai problemi sociali nella scia della enciclica Rerum Novarum di Leone XIII; istituì, nel seminario, una cattedra di economia sociale affidandola al professor Giuseppe Toniolo, reputato uno dei più preparati studiosi. Narra un suo biografo: "Proprio per venire incontro ai nuovi problemi creati dall'industria, aveva istituito i "Cappellani del lavoro". Venuto dal popolo, seppe alzare ripetutamente e fieramente la voce di pastore vigile contro i latifondisti e i padroni delle officine a difesa dei diritti dei lavoratori e del rispetto dovuto alla persona umana. I padroni (diceva con accenti che, dopo molti secoli, echeggiavano ancora le parole di sant'Ambrogio) non abbiano gli operai in conto di schiavi, ma li riguardino come fratelli, rispettando pur in loro l'immagine del Salvatore Divino. Retribuiscano l'operaio con giusta mercede".
Non si limitava soltanto a esprimere idee, ma, nella sua diocesi, per affrontare i momenti difficili in cui l'ltalia cercava un suo assestamento economico, diede il suo patrocinio e aiutò la fondazione di leghe operaie, agricole, industriali, società di mutuo soccorso, casse rurali. Ebbe molto a cuore anche la stampa: avviò la fondazione di un giornale, "L'Unione", che in seguito divenne un diffuso quotidiano con il nome "L'Italia".
Durante la campagna antimodernista, avviata con dura intransigenza dai periodici "La Riscossa" di Vicenza e "La Liguria" di Genova, subì una forte contestazione: anche in queste difficili circostanze difese chiaramente, nella sua diocesi, la posizione del suo clero e dei fedeli.
In quel periodo, dato che Pio X era "blindato" da una segreteria che non permetteva contatti e tanto meno dialogo, si chiuse in silenzio e in preghiera. "Tra lui e il papa san Pio X era venuta a formarsi una cortina fumogena di malintesi, di dubbi, di sospetti, che altri, all'insaputa dei due santi, in nome di una miope intransigenza e con disinvoltura poco scrupolosa, avevano reso più densa e più cupa. Così avvenne che il santo cardinale ebbe molto da soffrire non solo per la Chiesa, ma dalla Chiesa e precisamente dal papa san Pio X. Al papa pareva non solo che l'arcivescovo di Milano fosse troppo tiepido nella lotta contro il modernismo e troppo remissivo verso i modernisti, ma che talvolta rasentasse la slealtà. Il peggio si è che i sentimenti del papa trapelavano e di bocca in bocca giungevano a Milano, e taluni del clero e del laicato, per dimostrarsi amanti del papa, ritiravano il cuore e la stima dal loro arcivescovo".
In seguito il nuovo papa, Benedetto XV, ebbe parole di attenzione e di forte ammirazione per questo cardinale che nella realtà del lavoro quotidiano sapeva esprimersi con il carisma di una fede indiscussa e di una grande spiritualità.
Andrea Ferrari volle lavorare fino allo stremo delle forze: la malattia cominciò con i sintomi di una raucedine.
Morì il 2 febbraio del 1921. Uno degli ultimi atti ufficiali, già sul letto di morte, fu l'approvazione degli statuti dell'Università Cattolica di Milano. Questo vescovo e cardinale è annoverato tra i grandi santi del nostro secolo: spiriti di Dio che conobbero la sofferenza, le difficoltà ma che, abbracciati a Cristo, contribuirono a esprimere concretamente la ricerca della perfezione umana e cristiana.
E' stato beatificato il 10 maggio 1987. Il martirologio romano lo celebra il 2 febbraio, mentre la Chiesa Ambrosiana e la diocesi di Como lo celebrano il 1° febbraio.
Autore: Giuseppe Gottardo, da 'Santi verso il Giubileo' - Ediz. Messaggero Padova
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