V sec.
Vescovo di Napoli dal 439 al 452 o 465, fu un pastore zelante e un difensore della fede cattolica. Dopo aver accolto a Napoli i profughi cristiani fuggiti dalla Cartagine saccheggiata dai Vandali, smascherò la propaganda pelagiana del vescovo Floro, che predicava illecitamente a Miseno. Nostriano si rese inoltre benemerito della città per aver costruito le terme ad uso del clero e dei fedeli. Morì dopo diciassette anni di episcopato e i suoi resti furono trasferiti dalla catacomba di San Gaudioso alla chiesa di San Gennaro all'Olmo, dove sono venerati ancora oggi.
Martirologio Romano: Commemorazione di san Nostriano, vescovo di Napoli.
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È il quindicesimo nella lista episcopale di Giovanni diacono. Si distinse nel difendere il suo gregge dall'insidia dell'eresia serpeggiante alle porte di Napoli. Nell'ott. del 439, caduta Cartagine in mano ai Vandali di Genserico, una grandissima moltitudine di ecclesiastici — maxima turba cleri-corum, scrisse lo storico di quelle vicende, Vittore di Vita (Hist. persec. Afric. prov.) — fu costretta a lasciare la terra natale.
Spogliati di tutto, furono posti su imbarcazioni assai precarie, ma alcuni riuscirono a salvarsi miracolosamente e ad approdare sulla costa napoletana, accolti con premurosa sollecitudine dal vescovo Nostriano. Tra i profughi furono i ss. vescovi Gaudioso di Abitine e Quodvultdeus di Cartagine. Quest'ultimo, dimorando in Napoli, smascherò la propaganda che del pelagianesimo faceva « non lontano da Napoli » Floro, imbevuto anche di manicheismo. Quasi certamente Floro è lo stesso vescovo pelagiano, condannato nel concilio di Efeso (431) assieme a Celestio, Pelagio e Giuliano d'Eclano e che rivolse premure allo stesso Giuliano perché riprendesse la penna contro s. Agostino per confutare il II libro del De Nuptiis et concupi-scentia. Pare che si fosse stabilito a Miseno, giacché predicava e praticava cose illecite attribuendosi il merito e la virtù di s. Sosso, un martire venerato appunto in quella cittadina flegrea.
Nel 1. V del De promissionibus et praedictioni-bus Dei, che si attribuisce ormai a Quodvultdeus, si narra che il vescovo di Napoli mandò il proprio « germano » — evidentemente magistrato della città — il prete Herio ed altri chierici ad arrestare ed espellere il predicatore eretico.
Nostriano si rese, inoltre, benemerito verso la propria città per un'opera di pubblica utilità: le terme ad uso del clero e dei fedeli, costruite nella regione augustale, nelle immediate adiacenze del Foro, nella via che documenti dei secc. X-XIII chiamano vicus Nostrianus e platea Nostriana, e altri, di epoca posteriore, S. Ianuarii ad diaconiam. In questa chiesa, detta pure di S. Gennaro all'Olmo, i suoi resti furono trasferiti dalla catacomba di S. Gaudioso, ove ebbero sepoltura almeno fino al sec. X.
Nostriano sarebbe morto tra il 452 e il 465, dopo diciassette anni di episcopato: tanti gliene attribuisce la Cronaca dei vescovi. Il 16 ag. 1612, venne in luce, sotto l'altare maggiore della chiesa di S. Gennaro all'Olmo, un'antica urna di marmo, sul cui bordo erano incise le parole: Corpus S. Nostria-ni Episcopi. Nel lugl, del 1945 l'urna fu trasferita e sistemata nella chiesa dei SS. Filippo e Giacomo. Sconosciuto agli antichi calendari napoletani, Nostriano ebbe culto ufficiale dopo l'invenzione delle reliquie. Il Calendario del card. arcivescovo Decio Carafa, del 1619, ne fissava la festa al 16 ag., ma nel 1633 il nome di Nostriano era già scomparso dal calendario diocesano. La festa fu ripristinata al 14 febb. per la sola diocesi di Napoli, con decreto della S. Congregazione dei Riti del 2 magg. 1878. In quest'ultima data Nostriano figura nel Martirologio Romano, iscrittovi in epoca recente.
Autore: Domenico Ambrasi
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