Da una famiglia ricca di beni e di fede
Luigi Maria Palazzolo nacque il 10 dicembre 1827 a Bergamo, ultimo degli otto figli, quasi tutti morti prematuramente, di Ottavio Palazzolo e Teresa Antoine, entrambi di famiglie benestanti. Fu battezzato il giorno dopo la nascita, nella vicina chiesa di Sant’Alessandro in Colonna.
L’8 agosto 1837 Luigi rimase orfano di padre. Ricevette dalla madre, molto religiosa al pari del marito, un’educazione improntata alla carità verso i poveri e gli ammalati. Un giorno, tornando da scuola, Luigi svenne e fu portato in un caffè perché si riprendesse, ma non aveva i soldi per il pagamento: li aveva dati tutti a un mendicante.
All’età di 13 anni, il 15 aprile 1841, ricevette il Sacramento della Cresima, quando era Vescovo di Bergamo Mons. Carlo Gritti Morlacchi. Ebbe la fortuna di avere un ottimo Direttore spirituale nella persona di don Pietro Sironi, il quale, insieme a don Alessandro Valsecchi, lo indirizzò al Sacerdozio.
In cammino verso il Sacerdozio
Nel novembre 1839 Luigi iniziò il ginnasio e, cinque anni dopo, cominciò gli studi di filosofia come studente esterno del Seminario di Bergamo: vi si applicò con impegno, pur definendosi «un ignorante» perché non molto attratto dai ragionamenti teorici. Nel 1846 passò in Teologia, indossando la veste talare e ricevendo la tonsura.
Fu ordinato Sacerdote il 23 giugno 1850 dal Vescovo di Bergamo, Monsignor Carlo Gritti Morlacchi. Nella Diocesi in quel tempo i Sacerdoti erano molti e don Luigi poté facilmente scegliere il contesto in cui esplicare il suo servizio sacerdotale: tra i più poveri, nel rione più povero della sua Parrocchia di nascita, Sant’Alessandro in Colonna.
Tra i ragazzi dell’Oratorio di via della Foppa
Attento e sensibile com’era ai bisogni degli altri, ancor più se ragazzi, non esitò ad orientarsi verso la zona di via della Foppa, un quartiere povero e disagiato di Bergamo. Nel 1855 fu nominato Rettore della vicina chiesa di San Bernardino, diventando un abile organizzatore del tempo libero dei suoi ragazzi: inventò canovacci di commedie coi burattini e si dimostrò particolarmente abile nel manovrare e dar voce al “Gioppino”, personaggio simpatico e tipica maschera bergamasca.
Istituì anche delle scuole serali per giovani e adulti, sul modello di quelle già esistenti in città: l’opera educativa e la formazione religiosa da lui offerte furono tanto efficaci che una quarantina di giovani dell’Oratorio scelsero di diventare Sacerdoti.
Oltre ogni difficoltà
Nel 1859, alla scadenza del contratto d’affitto di una delle due case dell’Oratorio con annesso cortile, don Luigi fu costretto a chiudere l’Oratorio. Egli non si arrese comunque e per la domenica successiva diede appuntamento. a chi lo frequentava. in un boschetto poco fuori città, nella zona del “Polaresco”. Purtroppo con il passare del tempo il gruppo di ragazzi si assottigliò e don Luigi cadde in una forte crisi: perse l’appetito e, con esso, il suo abituale buonumore.
Sua madre, intuendo l’origine di tanta difficoltà, riuscì a farsi raccontare il perché di quella profonda tristezza: senza i ragazzi, don Luigi sembrava aver perso la sua ragione di vita. Monsignor Alessandro Valsecchi, Direttore spirituale del giovane Sacerdote, consigliò alla mamma di dargli la possibilità di aprire un altro Oratorio.
La signora Teresa diede infatti fondo a quanto rimaneva del patrimonio di famiglia, permettendo a don Luigi l’acquisto di due case nel vicolo dei Genovesi, non molto lontano da via della Foppa. Purtroppo il 10 settembre 1862 la stessa mamma di don Luigi morì.
L’Oratorio dedicato a San Filippo Neri e l’apostolato tra le ragazze
Poco tempo dopo don Luigi, anche per condividere maggiormente la vita dei poveri, scelse di abbandonare la casa dove fino allora aveva abitato e inaugurò la sede del nuovo Oratorio, ponendolo sotto la protezione di San Filippo Neri, suo modello di educatore.
Consigliato in seguito da Monsignor Valsecchi, vinse la propria riservatezza nei confronti delle donne, estendendo il suo apostolato anche alle ragazze, iniziando ad ascoltare le loro confessioni nella chiesa di San Bernardino. Gradualmente prese coscienza che, come aveva contribuito all’educazione dei ragazzi, così doveva occuparsi anche delle bambine e ragazze abbandonate.
Fu favorito in ciò quando gli venne proposto di iniziare nel quartiere la Pia Opera di Santa Dorotea, in quegli anni avviata in gran parte del Nord d’Italia dai fratelli don Marco e don Luca Passi (quest’ultimo beato dal 2013). Il giorno dell’Epifania del 1864 l’iniziativa era già funzionante e fu completata dalla fondazione di un Oratorio femminile nella vecchia casa di via della Foppa.
Una presenza continua anche tra le ragazze?
L’Oratorio femminile era aperto solo la domenica, mentre quello maschile tutti i giorni della settimana. Don Luigi era preoccupato per le ragazze, che nei giorni feriali non avevano alcun sostegno educativo e correvano anche rischi di tipo morale.
Soffriva tra l’altro per una forma grave di malattia ad una gamba, e proprio in tale sosta forzata per le necessarie cure, iniziò a pensare che fosse necessaria una comunità femminile, che si prendesse cura in modo costante delle ragazze.
Teresa Gabrieli, la persona adatta allo scopo
Don Luigi, per il quale le cure conseguirono un buon risultato, individuò in Teresa Gabrieli la persona che cercava. Maestra diplomata, pur di umili origini, era stata eletta da poco Vice-superiora della Pia Opera di Santa Dorotea; stava inoltre meditando di entrare in una Congregazione religiosa. Don Luigi parlò, oltre che con la diretta interessata, con il suo Direttore spirituale don Alessandro Alessandri, ed in breve tempo giunse ad ottenere il consenso di entrambi.
Teresa, in compagnia di due compagne, trascorse la notte tra il 21 e il 22 maggio 1869 vegliando e pregando. Alle 3 di notte don Luigi celebrò la Messa e al termine si recarono tutti nella casetta di via della Foppa: dinanzi ad un quadro dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, Teresa pronunciò i tre voti religiosi, cui aggiunse altre due promesse speciali: quella di fedeltà al Papa (erano gli anni della “questione romana”) e di incondizionata dedizione ai poveri, specialmente tra la gioventù.
A Roma folgorato dal “Cristo ignudo sulla croce”
Nel giugno dello stesso 1869, don Luigi accompagnò a Roma Monsignor Valsecchi, scelto per essere Vescovo ausiliare di Bergamo, e colse l’occasione per vivere gli Esercizi spirituali presso i padri Gesuiti nel Convento di Sant’Eusebio.
Il 1° luglio ebbe un’intuizione profonda, che non lo lasciò più. Scrisse: «Ho sentito desiderio di non allontanarmi più dall’amorosissimo Iddio. In questo giorno ho celebrato la Santa Messa, vorrei sperare con devozione. Non so se nella Santa Messa o nella meditazione prima, mi si presentò alla mente che Gesù morì ignudo sulla croce, e perciò sentii desiderio di povertà, di abbandonare tutto».
Le prime Suore delle Poverelle
Entro breve tempo a Suor Teresa si aggiunsero altre compagne, condividendone la vita: Giuditta Broletti il 21 novembre 1869, giorno in cui entrambe vestirono per la prima volta l’abito scuro, che divenne la loro divisa, ed il 1° marzo 1870 Maria Esposita Flutti. Don Luigi nel frattempo si era già attivato per stendere le Prime Costituzioni.
Quanto al nome, per qualche tempo continuò a chiamarle Dorotee, visto il rapporto pre-esistente con la Pia Opera di Santa Dorotea, ma dopo poco le chiamò «Benedette Figlie e Madri delle Poverelle», nome ben presto semplificato in «Suore delle Poverelle». Significative le parole da lui stesso usate per caratterizzarle: «Le Suore delle Poverelle siano persuase che per questa vita dovranno avvolgersi continuamente tra i poveri, adoperarsi per i poveri, amare i poveri. Ogni Suora delle Poverelle preghi Dio che le conceda spirito di madre verso i poveri».
Negli anni successivi, pur tra difficoltà e grandi sacrifici, sempre con il sostegno della fede e la forza del Signore, furono aperte varie case nelle province di Bergamo, Vicenza, Brescia.
I Fratelli della Sacra Famiglia
Un altro forte interesse di don Luigi era per i figli dei contadini poveri. Dalla madre aveva ereditato una tenuta a Torre Boldone, in provincia di Bergamo: l’affidò a Battista Leidi, il suo giovane tuttofare, che dopo un viaggio a Roma nel giugno 1870 accettò di porsi a capo di quella famiglia di orfanelli, vivendo con loro.
Per lui e per i compagni che si aggiunsero, don Luigi si ispirò alla Regola dei Fratelli della Sacra Famiglia, fondati nel 1856 da Suor Paola Elisabetta Cerioli (al secolo Costanza, canonizzata nel 2004) oltre alla Congregazione femminile che porta lo stesso nome. Aveva in effetti preso contatti con lei, ma riconobbe che le finalità erano diverse. Il 4 ottobre 1872 Battista Leidi e due compagni emisero i voti religiosi a Martinengo; la loro opera caritativa continuò per alcuni decenni, fino ad estinguersi nel 1928.
Umile, fiducioso, per «giungere dove altri non può»
Don Luigi aveva un fisico esile, che gli valse il soprannome di “Palazzolino”. A una corporatura magra faceva da contraltare un carattere tenace, capace di piegarsi solo quando era necessario chiedere personalmente l’elemosina per i suoi ragazzi e poveri. Spesso si sottoponeva ad aspre penitenze corporali, come il digiuno a pane e acqua.
Non voleva essere considerato il Fondatore, per umiltà, ma di fatto lo era; consigliava in continuità le Suore sia di persona sia per iscritto, anche se a volte con espressioni dialettali o sgrammaticate, e infondeva sempre una grande fiducia nella Provvidenza, oltre che sperare e sollecitare con ottimismo la collaborazione e solidarietà degli uomini.
«Non dobbiamo aspettare gli gnocchi dalla luna», ripeteva ad esempio, continuando: «S. Ignazio ci insegna a fare di tutto noi per riparare le traversie come se toccasse solo a noi fare tutto, e poi, quando abbiamo fatto tutto quello che possiamo, aspettare da Dio tutto, come se non avessimo fatto niente e solo a Lui spettasse il cavarci da ogni angustia, come è di fatto. In breve fare tutto ciò che possiamo dal canto nostro, e poi confidare tutto in Dio».
La sua missione è stata chiaramente espressa da lui stesso in questi termini: «Io cerco e raccolgo il rifiuto degli altri, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quello che faccio io, ma dove altri non può giungere cerco di fare qualcosa io come posso».
Gli ultimi giorni e la morte
All’inizio del 1886, don Luigi fu costretto a letto: l’asma non gli dava tregua e, insieme ad essa, un’erisipela migrante gli intaccò prima le gambe, poi tutto il corpo. Fu inoltre assalito da una forte depressione, motivata dai reali problemi economici e dalla paura di non riuscire a salvarsi l’anima.
Ricevette una grande consolazione da Monsignor Camillo Guindani, che il 12 maggio 1886 gli portò approvate le Regole delle Suore. Trascorse gli ultimi giorni ricevendo frequenti visite, mentre un senso di pace andava subentrando alla precedente angoscia.
Nella prima metà di giugno gli fu amministrata l’Unzione degli Infermi ed il giorno 15 dello stesso mese, all’1.20 del mattino, don Luigi morì. Fu dapprima sepolto nel cimitero di San Giorgio a Bergamo; il 4 gennaio 1904 i suoi resti mortali furono traslati nella Casa Madre delle Suore delle Poverelle.
La Causa di beatificazione
Il 31 gennaio 1913 fu iniziato il Processo informativo per dimostrare l’eroicità delle virtù cristiane di don Luigi. Lo scoppio della prima guerra mondiale ne comportò la sospensione. Fu quindi ripreso nel 1916, e gli Atti dell’Inchiesta furono consegnati a Roma nel 1921.
Nel 1929 venne approvato il decreto sull’introduzione della Causa, che, secondo la legislazione dell’epoca, segnava l’inizio della fase romana, ripresa effettivamente solo nel 1952, per ordine del S. Padre Pio XII. Essa continuò sotto il Pontificato di Giovanni XXIII, che fin da bambino e poi sempre nella vita aveva avuto profonda ammirazione e devozione per il Palazzolo.
Il decreto d’introduzione della Causa porta la data del 20 novembre 1958; il 7 luglio 1962 fu promulgato il decreto sull’eroicità delle virtù, con il quale don Luigi Maria Palazzolo riceveva il titolo di Venerabile.
I miracoli e la beatificazione
I due miracoli richiesti per la Beatificazione avvennero tra il 1956 e il 1959.
Nel 1956 una giovane sarda, affetta negli anni precedenti da peritonite e tubercolosi polmonare, ricoverata in diversi ospedali, approdò in condizioni gravi e costanti all’Ospedale Marino di Cagliari, dove prestava servizio anche una comunità di Suore delle Poverelle. Dopo aver conosciuto il Servo di Dio don Luigi Palazzolo, ogni giorno si rivolgeva più volte a lui con la preghiera della novena. La stessa giovane testimonia che il 21 luglio 1956, nel primo pomeriggio, vide accanto a sé un Sacerdote che la invitò ad alzarsi dal letto e recarsi in chiesa a ringraziare: era improvvisamente guarita.
Nel 1959 una signora di 65 anni sposa e madre che risiedeva nella provincia di Bergamo, mentre estraeva da una cassapanca un libro di preghiere, fu colpita al capo dal pesante coperchio: perse la conoscenza e le fu amministrata l’Unzione degli Infermi. Ripresasi poi senza ricordare nulla, dopo una settimana cadde di nuovo a terra, priva di sensi, e fu ricoverata nel reparto di medicina dell’Ospedale nell’Istituto Palazzolo in Bergamo per trauma cranico, sospetta emorragia sottoaracnoidea e condizioni che andavano aggravandosi sempre più. Era seguita costantemente dalla Suora infermiera, che invitò i parenti a pregare il Servo di Dio don Luigi Maria Palazzolo e pose contemporaneamente una immaginetta di lui con reliquia sotto il capo della paziente, pregando con le malate vicine. Il quinto giorno successivo al ricovero, al mattino presto verso le cinque, la paziente seduta sul letto e in condizioni di salute normale, da rigida e immobile che era, guardava verso la finestra dicendo alla Suora infermiera e alla vicina di camera che l’aveva guarito quel Sacerdote in cortile: era la statua del Palazzolo.
Dopo l’approvazione dei miracoli, fu proprio Papa Giovanni XXIII, bergamasco e suo devoto, a beatificare don Luigi, il 19 marzo 1963, nella basilica di San Pietro a Roma. Nella Diocesi di Bergamo e nelle comunità delle Suore delle Poverelle la sua memoria si celebra il 22 maggio, giorno anniversario della fondazione dell’Istituto.
Un ulteriore miracolo e la canonizzazione
Come riferiscono il sito della diocesi di Bergamo e «L’Eco di Bergamo», il miracolo preso in esame per ottenere la sua canonizzazione riguarda suor Gianmarisa Perani, Suora delle Poverelle dal 1950, che nel novembre 2015 fu operata d’urgenza, ma finì presto in condizioni preagoniche.
Fu accolta a Torre Boldone, nella residenza assistenziale dell’Istituto, ma la mattina del 14 gennaio 2016 venne dichiarata in fase terminale; di lì a poco, entrò in coma. Dopo un giorno e parte della notte, rispose all’infermiera di turno che l’aveva chiamata per nome. Prima di cadere in coma, durante le sue sofferenze, suor Gianmarisa non aveva mai smesso d’invocare il suo fondatore; oggi è viva e in salute.
Il 28 novembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del terzo miracolo attribuito all’intercessione di don Luigi, aprendo la via alla sua canonizzazione. Pochi mesi prima, il 19 marzo 2019, lo stesso Pontefice aveva autorizzato la promulgazione del decreto relativo all’eroicità delle virtù di madre Teresa Gabrieli.
Papa Francesco ha quindi canonizzato don Luigi Maria Palazzolo e altri nove Beati il 15 maggio 2022, in piazza San Pietro a Roma.
Le Suore delle Poverelle oggi
Le Suore delle Poverelle, le cui Regole furono approvate dalla Santa Sede nel 1912, contano attualmente circa 650 membri in 86 case. La Casa madre e generalizia è a Bergamo, in via San Bernardino 56; esse sono presenti, oltre che in Italia, in Africa (Repubblica Democratica del Congo, Costa d’Avorio, Malawi, Burkina Faso, Kenya) e in America Latina (Brasile e Perù). Svolgono attività, in collaborazione con le Chiese locali, nei contesti educativi a vario livello, in strutture sanitarie, nell’assistenza e promozione di quanti sono nel bisogno, con predilezione a favore dei più poveri.
Già nelle Prime Costituzioni scritte per le sue Suore, il Beato Palazzolo chiedeva «di adoperarsi a servizio dei malati poveri e che giacevano nelle loro case, anche in tempo di malattie contagiose». Esempio di fedeltà radicale a questa consegna sono sei “Poverelle” morte per contagio nel 1995 durante l’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo, mentre erano al servizio dei malati: Suor Floralba Rondi, Suor Clarangela Ghilardi, Suor Danielangela Sorti, Suor Dinarosa Belleri, Suor Annelvira Ossoli, Suor Vitarosa Zorza. Anche per loro sono state aperte le rispettive Cause: sono state dichiarate Venerabili nel 2021 (Suor Floralba, Suor Clarangela e Suor Dinarosa il 20 febbraio 2021, Suor Danielangela, Suor Annelvira e Suor Vitarosa il 17 marzo 2021).
Autore: Emilia Flocchini e Suor Linadele Canclini, Postulatrice generale delle Suore delle Poverelle
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