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Beato Giovanni Battista Zola Sacerdote gesuita, fondatore

Festa: 20 giugno

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Brescia, 1575 - Nagasaki, Giappone, 20 giugno 1626

Per più di sei mesi fu detenuto a Scimabara, sopportò questa dura prigionia, aggravata dalla malferma salute, ringraziando Dio, abbandonato alla sua volontà e secondo un suo scritto al Padre Provinciale, stavano contenti ed allegri aspettando la loro ora, dispiaciuti solo di non aver arredi per celebrare Messa né qualche libro spirituale, né breviario, né corone del rosario. Il 17 giugno i prigionieri da Scimabara furono trasferiti a Nagasaki dove il 20 giugno del 1626, padre Zola insieme ad altri otto martiri gesuiti, fu arso vivo sulle colline della città.

Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico

Emblema: Palma

Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, beati martiri Francesco Pacheco, sacerdote, e otto compagni, della Compagnia di Gesù, condannati al rogo in odio alla fede.


I Gesuiti con s. Francesco Saverio (1506-1552) furono i primi ad incominciare l’evangelizzazione del Giappone, che si sviluppò con notevoli risultati nei decenni successivi al 1549, tanto che nel 1587 i cattolici giapponesi erano circa 300.000, con centro principale a Nagasaki.
Ma proprio nel 1587 lo ‘shogun’ (maresciallo della corona) Hideyoshi, dai cristiani denominato ‘Taicosama’, che fino allora era stato condiscendente verso i cattolici, emanò un decreto di espulsione contro i Gesuiti (allora unico Ordine religioso presente nel Giappone) per delle ragioni non chiarite.
Il decreto fu in parte eseguito, ma la maggior parte dei Gesuiti rimase nel paese, mettendo in atto una strategia di prudenza, in silenzio e senza esteriorità, continuando con cautela l’opera evangelizzatrice.
Tutto questo fino al 1593, quando provenienti dalle Filippine sbarcarono in Giappone alcuni Frati Francescani, i quali al contrario dei Gesuiti, iniziarono senza prudenza una predicazione pubblica, a ciò si aggiunsero complicazioni politiche tra la Spagna e il Giappone, che provocarono la reazione dello ‘shogun’ Hideyoshi, che emanò l’ordine di imprigionare i francescani e alcuni neofiti giapponesi.
I primi arresti ci furono il 9 dicembre del 1596 e i 26 arrestati, fra cui tre gesuiti giapponesi, subirono il martirio il 5 febbraio 1597, i protomartiri del Giappone furono crocifissi e trafitti nella zona di Nagasaki, che prese poi il nome di “santa collina” e proclamati santi da papa Pio IX nel 1862.
Subentrato un periodo di tregua e nonostante la persecuzione subita, la comunità cattolica aumentò, anche per l’arrivo di altri missionari, non solo gesuiti e francescani ma anche domenicani e agostiniani.
Ma nel 1614 la numerosa comunità cattolica subì una furiosa persecuzione decretata dallo shogun Ieyasu (Taifusama), che si prolungò per alcuni decenni distruggendo quasi completamente la comunità in Giappone, causando moltissimi martiri, ma anche molte apostasie fra gli atterriti fedeli giapponesi.
I motivi che portarono a questa lunga e sanguinosa persecuzione, furono vari, a partire dalla gelosia dei bonzi buddisti che minacciavano la vendetta dei loro dei; poi il timore di Ieyasu e dei suoi successori Hidetada e Iemitsu, per l’accresciuto influsso di Spagna e Portogallo, patria della maggioranza dei missionari, che erano ritenuti loro spie, per gli intrighi dei violenti calvinisti olandesi e infine per l’imprudenza di molti missionari spagnoli.
Dal 1617 al 1632 la persecuzione toccò il picco più alto di vittime; i supplizi secondo lo stile orientale, furono vari e raffinati, non risparmiando nemmeno i bambini; i martiri appartenevano ad ogni condizione sociale, dai missionari e catechisti, ai nobili di famiglia reale; da ricche matrone a giovani vergini; da vecchi a bambini; dai padri di famiglia ai sacerdoti giapponesi.
La maggior parte furono legati ad un palo e bruciati a fuoco lento, cosicché la “santa collina” di Nagasaki fu illuminata sinistramente dalla teoria di torce umane per parecchie sere e notti; altri decapitati o tagliati membro per membro.
Non stiamo qui ad elencare le altre decine di tormenti mortali cui furono sottoposti, per non fare una galleria degli orrori, anche se purtroppo testimoniano come la malvagità umana, quando si sfrena nell’inventare forme crudeli da infliggere ai suoi simili, supera ogni paragone con la ferocia delle bestie, che perlomeno agiscono per istinto e per procurarsi il cibo.
Oltre i primi 26 santi martiri del 1597 già citati, la Chiesa raccogliendo testimonianze poté riconoscere la validità del martirio per almeno 205 vittime, fra le migliaia che persero la vita anonimamente e papa Pio IX il 7 luglio 1867 poté proclamarli beati.
Dei 205 beati, 33 erano dell’Ordine della Compagnia di Gesù (Gesuiti); 23 Agostiniani e Terziari agostiniani giapponesi; 45 Domenicani e Terziari O.P.; 28 Francescani e Terziari; tutti gli altri erano fedeli giapponesi o intere famiglie, molti dei quali Confratelli del Rosario.
Non c’è una celebrazione unica per tutti, ma gli Ordini religiosi a gruppi o singolarmente, hanno fissato il loro giorno di celebrazione.

Dei 33 Gesuiti fa parte anche l’italiano Giovanni Battista Zola, nato a Brescia nel 1575; conosciuta la spiritualità della Compagnia di Gesù, fondata da qualche decennio da s. Ignazio di Loyola (1491-1556), entrò ventenne fra i Gesuiti.
Per la sua inclinazione fu destinato all’attività missionaria e la sua prima destinazione fu nel 1602 l’India, dove rimase fino al 1606; in seguito fu destinato alla Corea, ma per diverse circostanze alla fine giunse in Giappone.
Si stabilì nella regione del Tacacu, densa di isole, dove per 20 anni svolse il suo ministero apostolico nonostante la sua cagionevole salute, riuscì anche a pubblicare piccole riviste cattoliche.
Alcune testimonianze così lo descrissero: “ Apostolo infaticabile nell’operare; di soda e provata virtù, di una soavissima carità nel trattare, per cui fu caro e stimato dai giapponesi, i cui costumi e la cui lingua aveva appreso ottimamente. Scrisse anche un libro sulla devozione alla Madonna, verso la quale nutriva un tenerissimo amore; molto si adoperò per diffonderne il culto fra i cristiani”.
Quando scoppiò la persecuzione nel 1614, le difficoltà aumentarono fino a mettere a repentaglio la vita; fra l’altro poté recare in carcere conforto religioso al padre gesuita Pietro Paolo Navarra prima del suo martirio ( † 1-11-1622), rimanendone edificato per la sua fede e l’ardente desiderio di dare la propria vita per il Regno di Cristo; dal padre Navarra ebbe la profezia che sarebbe stato martire anche lui.
Nel 1625 la persecuzione assunse toni più violenti e sanguinari; ci fu la caccia al cristiano o per ucciderlo o per farlo apostatare e il 22 dicembre anche padre Giovanni Battista Zola fu arrestato insieme al suo catechista Vincenzo Caun coreano.
Per più di sei mesi fu detenuto a Scimabara, sopportò questa dura prigionia, aggravata dalla malferma salute, ringraziando Dio, abbandonato alla Sua volontà e secondo un suo scritto al Padre Provinciale, stavano contenti ed allegri aspettando la loro ora, dispiaciuti solo di non aver arredi per celebrare Messa né qualche libro spirituale, né breviario, né corone del rosario.
Il 17 giugno i prigionieri da Scimabara furono trasferiti a Nagasaki dove il 20 giugno del 1626, padre Zola insieme ad altri otto martiri gesuiti, fu arso vivo sulle colline della città.

Il gruppo, la cui celebrazione è al 20 giugno, era così composto: Francesco Pacheco portoghese, Baldassarre De Torres spagnolo, Giambattista Zola italiano, Pietro Rinscei giapponese, Vincenzo Caun coreano, Giovanni Kinsaco giapponese, Paolo Xinsuki giapponese, Michele Tozò giapponese e Gaspare Sadamatzu fratello coadiutore giapponese.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2005-02-23

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