La lunga passio metafrastica di Platone pubblicata nel Menologio di Simeone Logoteta non ci fornisce che poche notizie sulla persona del martire. Risulta soltanto che egli era di famiglia cristiana, originaria di Ancira, in Galazia (l’attuale Ankara), che era ancora molto giovane, e il suo zelo nella propagazione del Cristianesimo era stato una delle cause del suo arresto e del suo trasferimento davanti al tribunale del vicario Agrippino.
Il nome di Agrippino ritorna nel racconto del martirio di Clemente di Ancira, ai tempi di Diocleziano e Massimiano, e di quello del gruppo di Eustochio, Gaiano e compagni, avvenuto nello stesso periodo.
La menzione di Agrippino nella passio indica di conseguenza che almeno nello spirito del redattore di questo testo, Platone deve essere annoverato tra i martiri del tempo di Diocleziano e di Massimiano, cosa che non appare esplicitamente nel corso del racconto, ma è invece notata nella notizia dei sinassari. La narrazione in effetti è occupata completamente dai diversi interrogatori subiti da Platone, a intervalli più o meno ravvicinati; dai vari tormenti che gli sono ogni volta inflitti; dall’incrollabile costanza del martire nel rispondere al suo giudice con una lucidità che meraviglia in mezzo alle torture più penose; ed infine dalla sua decapitazione fuori della città nel luogo chiamato «campo» dove il suo corpo fu sepolto da alcuni cristiani che lo avevano raccolto. Il martirio ebbe luogo un 18 novembre.
I sinassari bizantini, infatti, hanno inserito a questo giorno la notizia di Platone, che fornisce un breve riassunto della passio. Non si può parlare di dipendenza diretta della notizia dei sinassari in rapporto alla passio, risalendo entrambi i testi più probabilmente ad un testo più antico oggi perduto. La notizia inoltre comincia con un particolare nuovo; Platone è fratello del martire Antioco. Ora, precisamente la notizia dei sinassari relativa ad Antioco il medico al 16 luglio ricorda che questo santo era fratello del martire Platone. Se questo stesso testo (come la passio del resto) aggiunge che Antioco era originario di Sebaste e non di Ancira, si tratta verosimilmente soltanto di una contraddizione apparente poiché, come ha giustamente rilevato G. Lucchesi quest’ultima ebbe in epoca imperiale anche il nome di Sebaste dei Tectosagi.
Il Sinassario armeno di Ter Israel contiene anch’esso la memoria di Platone al giorno corrispondente del 10 tre con una notizia più lunga di quella dei sinassari bizantini, ma senza fornire alcun particolare nuovo in rapporto alla passio metafrastica se non l’inserimento della parentela fra Platone e Antioco. È interessante anche confrontare questa memoria con la passio di Platone scritta in armeno.
Il Calendario Palestino-georgiano del Sinaiticus 34 annuncia Platone al 18 novembre, ma già al 22 ottobre i calendari georgiani hanno registrato una «deposizione di Platone» non documentata altrove.
Il Martirologio Geronimiano, contrariamente alla data tradizionale del 18 novembre, annuncia Platone il 22 luglio in accordo con il Martirologio Siriaco del IV secolo. Questa data che si avvicina a quella del 16 luglio in cui è commemorato Antioco, fratello di Platone, sarà quella conosciuta dagli occidentali (presso i quali tuttavia Antioco non è celebrato). Floro, infatti, inserì Platone nel suo Martirologio al 22 luglio riprendendo l’elogio del Geronimiano con l’aggiunta: cuius Acta habentur (che si trova in qualche ms. del Geronimiano) e precisa che si tratta proprio del dies natalis del martire.
Adone e Usuardo ripresero successivamente nei loro Martirologi lo stesso annuncio.
C. Baronio conserva la data del 20 luglio nel Rornano, componendo però un elogio più lungo del semplice annuncio dei suoi predecessori, ispirandosi alle fonti liturgiche bizantine, in cui, come afferma lui stesso, aveva trovato la memoria di Platone al 18 novembre (non al 18 dicembre come egli dice per errore). All’aggiunta cuius Acta habentur dei martirologi storici egli preferisce una propria nota informativa: «cuius miracula in subveniendis captivis Acta secundae synodi Nicaenae testantur».
Questa precisazione è esatta, poiché effettivamente al settimo concilio, II di Nicea (787), nella quarta sessione, fu letta una lettera di san Nilo al silenziario Eliodoro nella quale si fa un’allusione ai miracoli operati per l’intervento di Platone.
Autore: Joseph-Marie Sauget
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