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Năng A, Vietnam, 1772 - Nam Định, Vietnam, 1° agosto 1838
Domenico Nguyễn Văn Hạnh nacque da genitori cristiani nel villaggio di Nang A, provincia di Nghe An, in Vietnam, intorno al 1772. Dopo l’ordinazione sacerdotale e aver prestato servizio in vari campi pastorali, entrò nell’Ordine dei Predicatori, ossia i Domenicani, nel 1826. Quando l’imperatore Minh Mang proibì la pratica del cristianesimo su scala nazionale, padre Domenico si nascose nella casa di un cristiano, ma poi decise di lasciare il villaggio, per non mettere a rischio gli abitanti con la sua presenza. Tradito da coloro che avrebbero dovuto accompagnarlo al sicuro, fu condotto a Nam Định, dove si rifiutò di calpestare il crocifisso. Nonostante le minacce e le torture, non rinnegò la fede cristiana. Fu quindi decapitato insieme al sacerdote Bernardo Vũ Văn Duệ il 1° agosto 1838; aveva sessantasei anni. Padre Domenico e don Bernardo furono beatificati il 27 maggio 1900 da papa Leone XIII e canonizzati da san Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988.
Martirologio Romano: Nella città di Nam Định nel Tonchino, ora Viet Nam, santi Domenico Nguyễn Văn Hạnh (Diêu), dell’Ordine dei Predicatori, e Bernardo Vũ Văn Duệ, sacerdoti e martiri, decapitati per Cristo sotto l’imperatore Minh Mạng.
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Un domenicano vietnamita in tempo di persecuzione Domenico Nguyễn Văn Hạnh nacque da genitori cristiani nel villaggio di Nang A, provincia di Nghe An, in Vietnam, intorno al 1772. Dopo l’ordinazione sacerdotale e aver prestato servizio in vari campi pastorali, entrò nell’Ordine dei Predicatori, ossia i Domenicani, nel 1826. Quando l’imperatore Minh Mang proibì la pratica del cristianesimo su scala nazionale, padre Domenico si nascose nella casa di un cristiano, ma poi decise di lasciare il villaggio, per non mettere a rischio gli abitanti con la sua presenza.
Tradimento e interrogatorio Due uomini si offrirono di accompagnarlo al villaggio di Kien Trung. Non erano ancora arrivati a metà strada che, con un pretesto, tornarono indietro: in realtà, l’avevano già tradito, per consegnarlo al mandarino locale. Quest’ultimo lo sottopose alla canga (uno strumento di tortura simile alla gogna occidentale) e lo fece portare a Nam Định. Giunto alle porte di quella città, padre Domenico si accorse che, per terra, era stato messo un crocifisso: a quel punto, dichiarò che preferiva essere fatto a pezzi piuttosto che passare sopra l’immagine del suo Salvatore. I mandarini gli chiesero: «Cosa hai insegnato alla gente in così tanti anni?». Rispose: «Ho insegnato loro a fare il bene e a fuggire dal male». Incalzarono: «Se accetti di calpestare la croce sarai liberato», ma lui replicò: «Non acconsentirò mai a farlo. Ho un desiderio: essere messo a morte, e andare a raggiungere i miei amati padroni, i due Vescovi». Si riferiva a monsignor Domenico Henares de Zafra Cubero, Vicario Apostolico Ausiliare del Tonchino Orientale, e a monsignor Clemente Ignacio Delgado Cebrián, Vicario Apostolico Ausiliare del Tonchino Orientale. «Pazzo, non vuoi vivere? Desideri la morte? Guardate l’uomo che si chiama Duyet, è passato oltre la croce e io l’ho liberato. Fai come lui ha fatto e avrai lo stesso favore». «Secondo voi», continuò il mandarino, «è necessario professare la religione di Gesù Cristo per andare in cielo! Dove andremo dopo la morte?». Il frate ribatté: «Chi non professa la religione di Gesù scenderà all’inferno dopo la morte; quando verrà il momento lo scoprirete». Il mandarino, irritato dall’audacia della replica, insultò il frate in modo sprezzante e maleducato; inoltre, ordinò ai soldati di dargli quindici colpi di bastone e comandò che fosse messo in catene, che gli fosse messo addosso un giogo carico di pezzi di ferro e che venisse proibito di dargli cibo.
La condanna a morte I mandarini, vedendo che né promesse né minacce, né i più terribili tormenti, potevano ottenere da lui e dal sacerdote Bernardo Vũ Văn Duệ nulla di simile all’apostasia, li condannarono entrambi a morte. Il 21 luglio 1838, l’imperatore confermò la sua sentenza con questo decreto: «I sacerdoti nativi della religione di Gesù Cristo, Vũ Văn Duệ e Nguyễn Văn Hạnh, sono invecchiati nell’esercizio di una falsa religione. Arrestati ed esaminati, si rifiutano di calpestare la croce; sono veramente uomini ostinati e folli, solo degni di odio. Per questo ordiniamo che i due colpevoli vengano decapitati». Anche se, secondo le leggi del Tonchino, non era permesso decapitare un uomo di età superiore agli ottant’anni, venne sottoposto alla stessa pena anche don Bernardo Vũ Văn Duệ, che aveva superato questa età di tre anni.
Verso il luogo della decapitazione Il 1° agosto 1838 i due sacerdoti furono condotti sul luogo dell’esecuzione, circondati da soldati armati, mentre due mandarini, uno in testa e uno in coda, seduti su due elefanti, accompagnavano il corteo. Una folla di cristiani e di pagani seguiva dall’esterno. Don Bernardo, malato e anziano, era trasportato su di un palanchino, perché non riusciva a camminare; continuava, però, a benedire e a incoraggiare i cristiani che camminavano accanto a lui. Intanto un banditore pubblico gridava la ragione della condanna: «Questi maestri principali della religione, Duệ e Hanh, che non si sottomettono agli ordini del re, vengono condotti al luogo dell’esecuzione, lì per pagare la pena del loro crimine». Un soldato camminava davanti a don Bernardo, portando una tavola su cui era scritto: «Quest’uomo sta per essere decapitato perché si rifiuta di calpestare la croce». Un altro soldato camminava davanti a padre Domenico, portando anche lui una tavola con una scritta.
Il martirio Don Bernardo, vedendo che erano venuti sul luogo dell’esecuzione, alzò la voce e disse a padre Domenico: «Siamo vicini alla vittoria: è il momento di gridare forte a Dio e otterremo tutto quello che chiediamo». Il mandarino compì un ultimo sforzo per far apostatare i due sacerdoti. Padre Domenico, sdegnato, rifiutò, mentre don Bernardo, che per l’età era diventato sordo, non aveva capito cosa gli avessero chiesto: «Ti offrono di nuovo la libertà se passi oltre la croce», gridò l’altro. L’anziano sacerdote, a quel punto, rispose: «Mi rifiuto». Quindi entrambi si raccolsero in preghiera. Dopo che la sua gogna fu tagliata con una sega e che gli fu tolta la catena, padre Domenico disse al carnefice, che già brandiva la sua spada: «Se mi tagli la testa velocemente, ti prometto una ricompensa. Va’ da Giuseppe Thai, che vedi laggiù, e ti darà un po’ di soldi».
Nella gloria dei Santi Padre Domenico e don Bernardo furono beatificati il 27 maggio 1900 da papa Leone XIII, inseriti nella causa intestata a Giovanni Gabriele Taurino Dufresse, Pietro Dumoulin Borie, Clemente Ignazio Delgado Cebrián, Domenico Henares De Zafra Cubero e quarantasei compagni, sacerdoti e laici dei Vicariati Apostolici di Guizhou, Sichuan, Tonchino Occidentale, Cocincina e Tonchino Orientale. Il 18 aprile 1986 fu emesso il decreto con cui le cause di quei martiri e degli altri beatificati il 20 maggio 1906, il 2 maggio 1909 e il 29 aprile 1951, quindi centodiciassette in tutto, confluivano in una sola. In seguito al decreto “de signis” del 5 giugno 1986, che sanciva la perdurante fama di segni e di miracoli relativi a tutti quei martiri, il Papa san Giovanni Paolo II li canonizzò il 19 giugno 1988.
Autore: Emilia Flocchini
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