Martire a Trieste nell’anno 303
Visse ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiano. Sarebbe stato martirizzato nel 290 o nel 303. Giusto viveva ad Aquileia e la sua fede era ben nota ai concittadini. Quando giunse l’ordine di convincere i cristiani ad abiurare la loro fede, si rifiutò e fu tra i primi ad essere imprigionato. Il prefetto Manazio lo sotto pose ad atroci tormenti, senza riuscire a piegarne la volontà. Mai egli avrebbe sacrificato agli dei pagani. Il supplizio durò parecchi giorni, fino a che Manazio non decise di condannarlo a morte.
Etimologia: Giusto = onesto, probo (sign. Intuitivo)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Trieste, san Giusto, martire.
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C’è un imperatore a Nicomedia (nell’Asia Minore) e un altro a Milano: sono Diocleziano e Massimiano, entrambi col titolo di “Augusti”. Poi ci sono due “Cesari”, ossia due vice e successori designati: Galerio a Sirmio (ora Mitrovica, Serbia) e Costanzo a Treviri, in Germania. Questa è la tetrarchia, cioè il nuovo ordinamento di vertice che deve rinsaldare l’Impero romano, insieme alle vittorie contro i nemici e alla disciplina interna.
Per accrescere quest’ultima, Diocleziano usa la tecnica delle monarchie orientali, proclamando il carattere divino dell’imperatore. E qui la sua storia di grandioso stratega s’incrocia a sua insaputa con quella di Giusto, un cristiano della Venezia Giulia che ha una piccola, amabile fama nel suo ambiente triestino: uomo di grande penitenza e di larga generosità, cristiano fin dall’infanzia "grazie ai miei genitori". Così risulta dalla narrazione del suo martirio (Passio). Il documento è stato inserito negli Acta sanctorum dai bollandisti, come testo derivante dagli atti ufficiali del processo. Giusto è anche sacerdote? Il Dizionario ecclesiastico della Utet, editato nel 1952, ritiene di sì, senza però aggiungere elementi di conferma.
Quest’uomo pio è raggiunto nell’anno 303 dall’ordine imperiale che impone a tutti i cristiani di testimoniare la propria fedeltà al sovrano (anzi, ai quattro sovrani) sacrificando agli dèi di Roma, tra i quali Diocleziano colloca ormai anche sé stesso.
Il governatore romano locale, o preside, di nome Mannaccio, convoca ogni cristiano e gli comunica l’ordine. Per chi non obbedisce c’è la morte. Quando chiamano lui, Giusto non si comporta da nemico o da ribelle: è un suddito fedele dell’imperatore. Ma non può sacrificare alle divinità romane, perché il suo Dio è Gesù Cristo. La condanna è perciò inevitabile.
Il preside Mannaccio fa buttare Giusto in mare davanti a Trieste, legato a pesi che lo trascinano subito in fondo. Ma poi i legami si sciolgono e il corpo del martire riemerge, finendo sulla spiaggia. Accorrono un sacerdote e un gruppo di cristiani, che rendono le estreme cure alla salma e poi le danno sepoltura vicino al luogo del ritrovamento. Nel quinto secolo, su un’altura si costruisce una basilica cristiana, dove c’era stato un tempio dedicato alle antiche divinità. E lì viene poi trasferito il corpo del martire, che darà il suo nome all’altura: Colle di San Giusto.
Continua e si sviluppa il suo culto attraverso il tempo. La chiesa a lui dedicata sul Colle verrà fusa nel XIII secolo con quella adiacente, dedicata all’Assunta: e così nascerà la nuova cattedrale di Trieste, che sarà intitolata al suo nome.
Autore: Domenico Agasso
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Note:
Patrono di Trieste, la festa di san Giusto cade il 2 novembre, ma per motivi liturgici (lo stesso giorno si fa la commemorazione dei fedeli defunti) viene posticipata al giorno successivo, il 3 novembre.
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