Stefano Zavidovic Nemanja nacque nel 1114 presso Ribnica, vicino all’odierna Podgorica, nel territorio di Zeta, una delle regioni originarie della Serbia. Era l’ultimo dei quattro figli dello zupan Zavida, sovrano della Raska, l’altra regione originaria della Serbia. Zavida era stato costretto dai fratelli ad allontanarsi dal principato e poiché la regione in cui aveva trovato rifugio era sotto la giurisdizione della Chiesa di Roma Stefano venne battezzato secondo il rito latino. Benché fosse il più giovane di quattro fratelli, si dimostrò “per grazia di Dio il più saggio e il più grande”. Fu allevato cristianamente dai familiari e ricevette un’ottima educazione per quei tempi. Eccellente in tutte le discipline, rifulgeva specialmente nello studio della Scrittura e degli insegnamenti patristici. All’età di soli 15 anni divenne amministratore delle regioni di Toplica, Ibar e Rasina, che resse sino al 1149 con abilità unita a pietà, tanto da stupire i governanti stranieri per la sua saggezza politica. L’imperatore bizantino Manuele I Comneno, in visita nel 1146 alla città di Nis, rimase tanto colpito dal giovane principe da onorarlo col grado di “sebastokrator” (autocrate) e concedergli, in segno di pace e amicizia, Glubocica (Metohija): “Questa è per voi e i vostri discendenti, per sempre; essa non sarà più divisa né con me, né con i miei parenti”. Nel 1149 morì il padre che nominò per testamento Stefano, pur essendo il figlio ultimogenito, sovrano di tutta la Raska. Gli altri tre fratelli, Tihomir, Miroslav e Strazimir, ebbero invece territori minori. Questo fatto scatenò naturalmente l’ira di questi ultimi e ciò costituì per Stefano una durissima esperienza.
Nel 1150, all’età di 36 anni, convolò a giuste nozze con la principessa Anna, bella figlia venticinquenne dell’imperatore bizantino Romano IV Diogene. Questo matrimonio parve essere predisposto dal Cielo e si rivelò un’unione di amore, pace e gioia, che servì anche a rafforzare i legami della Serbia con Bisanzio sia l’organizzazione della Chiesa Serba. Allo scopo di testimoniare al Signore affetto e gratitudine Stefano e Anna fecero edificare il monastero della Santa Vergine di Kursumlija, alla foce del fiume Kosanica, presso Toplica, che fu proclamato monastero principale della principessa Anna, quale gesto d’amore da parte di Stefano verso la consorte lontana dalla natia Costantinopoli. Ella ricevette in seguito la tonsura monastica proprio in tale monastero.
Nei primi anni del loro matrimonio nacquero i primi due figli: Vukan e Stefano “primo incoronato”. Per mostrare a Dio la sua riconoscenza, il sovrano fondò un nuovo monastero alla foce del fiume Banja, dedicato al patrono della famiglia San Nicola di Mira. Nel 1165 per volontà popolare Stefano divenne il “grande zupan di tutte le terre serbe” e scelse come capitale del suo regno la città di Ras, oggi presso Novi Pazar. I tre fratelli maggiori non erano però entusiasti della politica filo religiosa condotta da Stefano e nel 1167 decisero di muovergli guerra, lo catturarono e lo gettarono in prigione. Dopo aver reso grazie per aver potuto rendere testimonianza ai patimenti di Gesù, Stefano invocò il martire San Giorgio ed un angelo miracolosamente lo liberò ed egli poté mettersi in salvo. Informati dell’accaduto, i fratelli organizzarono le truppe e ripresero la guerra, ma il popolo serbo sostenne in pieno il santo zupan e, con l’aiuto di San Giorgio, travolse l’esercito nemico nella battaglia di Pantine (1168), permettendo così a Stefano di risalire sul trono di Ras. In ringraziamento per la vittoria intraprese la costruzione di un monastero dedicato al megalomartire, noto col nome di “Djurdjevi Stubovi” (“Le colonne di san Giorgio”).
Desiderando ancora un figlio in età avanzata, Stefano ed Anna, proprio come Abramo e Sara nonché Zaccaria ed Elisabetta, elevarono preghiere salirono all’Onnipotente, che li benedisse con l’ultimo figlio, nato nel 1175, dopo 25 anni di matrimonio: Stefano ne aveva 61 e Anna 50. Il neonato fu battezzato con il nome di Rastko ed in seguito prese il nome religioso di Saba e divenne primo arcivescovo serbo. Dopo questo concepimento, Stefano e Anna non ebbero più alcun rapporto tra loro e, come avevano fatto voto, vissero in castità il resto dei loro giorni. Dopo la nascita di Rastko, inoltre, lo zupan Stefano diede prova di maggiore religiosità e devozione anche nel governare: come San Costantino il Grande, il celebre imperatore romano, anch’egli volle intraprendere la fondazione di uno stato cristiano, convocando nel 1186 un “sobor” (assemblea nazionale) nel monastero di San Nicola, alla foce del fiume Banja. Stefano vi convocò Eutimio, vescovo di Ras, i vari igumeni con i loro monaci, i sacerdoti, gli uomini di stato più anziani, i principi ed i voivodi asserendo: “Venite a vedere, padri e fratelli! Benché io sia l’ultimo dei miei fratelli, il Signore Dio e la sua santissima madre, la Theotokos, non hanno guardato all’uomo esteriore, ma hanno reso degno me, che credo nella Trinità consustanziale e indivisa, di proteggere quanto mi è stato affidato, il mio gregge, dai lacci perniciosi del diavolo. Non lo ritenevo possibile nel mio paese, e tuttavia sono venuto a sapere che ci sono uomini malvagi e bestemmiatori dello Spirito Santo, i quali - come l’eretico Ario in passato - dividono l’indivisa Trinità. Si deve mettere fine e proibire i loro insegnamenti, o le fondamenta della nostra nazione saranno minate e noi precipiteremo all’inferno con quegli empi”. Le decisioni del sobor in merito alla purificazione della retta fede del popolo serbo ebbero pieno successo nel giro di un quinquennio.
L’umile zupan Stefano Nemanja non amava accumulare beni terreni, ma piuttosto beneficiare con ingenti donazioni l’intera sua nazione e tutto il mondo cristiano. A sua perpetua memoria si limitò ad erigere il monastero di Studenica. Nel 1193 il suo figlio minore, Rastko, decise di abbandonare il palazzo reale di Ras per ritirarsi a vita monastica sul Monte Athos e provocò un forte impatto nell’esistenza di suo padre, che iniziò a meditare di donare anch’egli l’intera sua vita a Cristo per meglio guidare il suo popolo verso il Regno dei Cieli: nel 1196, dunque, Stefano Nemanja abdicò al trono per entrare nel monastero da lui stesso fondato, all’età di 82 anni, il 25 marzo 1196 festa dell’Annunciazione, assumendo il nome di Simeone. Il medesimo giorno ricevette la tonsura sua moglie Anna, più giovane di una dozzina d’anni, che, separandosi così dal marito, si ritirò nel monastero della Santissima Vergine Maria a Kursumlija, col nome di Anastasia. Prima di abdicare, lo zupan designò il secondogenito Stefano quale suo successore, e dopo soli diciotto mesi a Studenica fu invitato da Sava a raggiungerlo all’Athos. Così avvenne, ma ben presto Sava e Simeone iniziarono a coltivare il sogno di donare alla nazione serba un centro spirituale, che si concretizzò nella rifioritura del decadente monastero di Hilandar, sempre nei pressi dell’Athos. Nel 1199 fu pronta la nuova chiesa, ma il 7 febbraio 1200 il vecchio Simeone si ammalò e dopo soli sei giorni si spense nella venerazione generale, non prima di essersi congedato dall’amato figlio.
Le sue spoglie mortali furono collocate in una cripta lungo il muro sud della chiesa principale di Hilandar e subito il suo corpo, oltre a dare segni di incorruttibilità, iniziò ad emenare un soave profumo (detto “Myron”), che gli valse l’appellativo di “Simeone il Mirovlita” con è solitamente conosciuto nel mondo orientale. La sua cara moglie Anna-Anastasia non tardò a raggiungerlo nel riposo eterno il 21 giugno seguente. Nel 1204 Stefano, detto poi “primo incoronato”, richiese le reliquie del padre al fine di salvare la Serbia dalla lotta fratricida per il controllo politico del regno e suo fratello Sava si vide costretto a ritornare al monastero di Studenica. Sulla vecchia pietra tombale ad Hilandar crebbe un’enorme vite, i cui tralci e grappoli sino ad oggi hanno operato miracoli, specialmente in favore di coppie vittime di una presunta sterilità. I santi corpi di Simeone, della moglie e del figlio Stefano giacciono ancora attualmente nel monastero di Studenica. L’autorevole opera di Daniel Rogic “Santi della Chiesa ortodossa serba” censisce sia Simeone il Mirovlita che sua moglie quali “santi”, mentre la Biblioteca Sanctorum riporta solo il marito unendone i nomi religioso e civile: Simeone Stefano Nemanja. La sua ricorrenza liturgica è fissata al 13 febbraio, anniversario nella nascita al Cielo.
Autore: Fabio Arduino
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