«A Borgo Sant’Antonio, presso Ivrea, in Piemonte - ricorda oggi il Martirologio Romano – transito del beato Taddeo Machar, vescovo di Cork e Cloyne in Irlanda, che lasciò la sua sede per i problemi causati dall’ostilità dei potenti e, mentre era in viaggio per Roma, passò al cielo».
Era un giovane: aveva 37 anni quando morì; dieci anni prima, trovandosi a Roma per gli studi fu elevato da Papa Sisto IV alla cattedra episcopale di Ross e a Roma ricevette la consacrazione episcopale nella chiesa di S. Stefano del Cacco che conosco bene, essendo vissuto molti anni non lontano da essa. Ritornato in patria, nei torbidi maneggi che si intrecciavano alle lotte politiche fra i Tudor e gli York, a Taddeo fu impedito di prendere possesso della diocesi, a capo della quale dai potenti di turno era posto un altro vescovo. Il temperamento – quello di un giovane e per di più, come è tipico del suo popolo, caratterizzato da passionalità, entusiasmo, ardimento – lo portava a farsi le sue ragioni a suon di battaglia… Ma decise un’altra via: farsi pellegrino a Roma per chiedere il giudizio del Papa; Innocenzo VIII, succeduto a Papa Sisto, pensò di risolvere la spinosa questione destinandolo alla diocesi di Cork e Cloyne. Riprese, quindi, la strada per l’Irlanda, ma, giunto in sede, trovò anch’essa occupata e ripartì per Roma un’altra volta, dove dal Papa ottenne piena conferma della sua nomina. Fu durante il viaggio di ritorno che, il 24 ottobre 1492 (Cristoforo Colombo da pochi giorni era arrivato nel “Nuovo mondo” e una nuova fase iniziava nella storia anche del vecchio mondo…), ammalatosi gravemente, chiese qui ospitalità come sconosciuto pellegrino: fu riconosciuto come vescovo per l’anello episcopale e i documenti trovati, dopo la morte, nel suo bagaglio. Gli Eporediesi, commossi, lo seppellirono in cattedrale, dove ancora riposano le sue ossa, e a perpetua memoria fu posta la scritta: Sepulcrum beati Thaddaei episcopi Hiberniae». La nostra Chiesa lo venera fra i suoi santi, benché per nascita egli non le appartenga.
«Io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto…» scrive san Paolo. Anche il beato Taddeo ci esorta…: la vita dei Santi è sempre una esortazione per i discepoli del Signore che vogliono camminare sulla Via che è Cristo Gesù: la Madre Chiesa, infatti, ce li presenta come «amici e modelli di vita».
Il Beato, con il suo esempio, ci esorta esattamente a ciò che San Paolo scriveva agli efesini (Ef 4, 1-6): «Comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà,
dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l'unità
dello spirito per mezzo del vincolo della pace».
Vorrei sottolineare queste parole: unità; vincolo della pace, umiltà, dolcezza, sopportazione con amore, che non sono debolezza, ma autentica forza; la chiamata che ci è stata rivolta: essere di Cristo, appartenere a Lui, creature nuove: un modo nuovo di pensare e di agire…
Il beato Taddeo Mc Carthy è davanti a noi come un cristiano, un vescovo, che dalla forza dello Spirito di Cristo e del Padre ha lasciato piegare il suo battagliero spirito irlandese e, per affermare i suoi diritti – le ragioni della verità – ha scelto, in un’epoca e in una situazione di violenza e di sopruso, di farsi pellegrino, per ben due volte, a breve distanza, attraversando il mare e percorrendo le strade dell’Europa.
Non è fuggito: ha camminato! Non si è arreso: ha combattuto! Ha vinto scegliendo la forza di Gesù Cristo vivente nella Chiesa, sostenuto dalla convinzione che c’è «un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti».
L’adesione a questa unità è la vera vittoria. Altre strade possono sembrare vittoriose, ma portano sempre alla sconfitta, poiché ciò che conta non è vincere, in qualunque modo, una battaglia, ma è vincere l’intero combattimento: e il più grande: quello contro le proprie passioni disordinate, gli istinti, l’orgoglio, primo dei vizi capitali… «Ai piccoli è rivelato il mistero del Regno dei cieli» abbiamo ascoltato dal Signore mentre cantavamo l’Alleluia. Fu un “piccolo” il beato Taddeo: avrebbe potuto schierare i suoi amici potenti contro i potenti nemici che usurpavano il diritto e il dovere ricevuto dalla Chiesa. Ha vinto con il metodo evangelico, con le armi evangeliche!
La verità ha i suoi diritti e nei confronti di essa abbiamo dei doveri!
La confusione che oggi regna nelle menti e la chiusura degli occhi di molti sulla realtà mostrano quanto il nostro tempo abbia bisogno della proclamazione della verità. «Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate» diceva Chesterton: occorrerà dar battaglia per affermare le cose più evidenti…
Ma lo stile della battaglia, per il cristiano, è quello del beato Taddeo: una impostazione che vale nei rapporti all’interno della società e anche nei rapporti dentro le Comunità cristiane…
La pace che siamo chiamati a costruire non è venire a patti sulla verità, non è l’annacquamento della verità in un irenismo che spesso significa ruotare intorno a se stessi anziché cercare la verità: è l’umile atteggiamento di chi vive nella fede, senza arretrare di fronte alla contrarietà ed alla persecuzione.
Il beato Taddeo seppe scrutare i “segni” di cui Gesù ci parla nella pagina del Vangelo (Lc 12, 54-59): «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: "Arriva la pioggia", e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: "Farà caldo", e così accade».
Siamo capaci noi di vedere? o meritiamo il rimprovero di Gesù: «Ipocriti! come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?». Il beato Taddeo ci sostenga nella proclamazione della verità e nel coraggio di amarla anche a costo di fatiche!
I miracoli avvenuti ad Ivrea, al tempo della morte del Beato, possono accadere anche oggi se aderiamo a Cristo e scegliamo di diventare “pellegrini”, cioè Suoi discepoli senza “ipocrisia”.
E’ di questi miracoli che l’uomo di oggi ha bisogno; ha bisogno di vedere il “miracolo di un cambiamento”, il miracolo di una vita che cambia, che diventa vera perché testimonia, dentro la quotidianità dell’esistenza, la felicità nuova che scaturisce dall’incontro con Cristo, dall’amicizia vissuta con Lui!
Autore: Mons. Edoardo Aldo Cerrato CO
Tadhg MacCarthy, meglio noto in Italia come Taddeo Machar, apparteneva alla famiglia reale omonima di Munster in Irlanda. Nacque verso l’anno 1455 a Cork dal principe di Muskerry e dalla figlia di Fitz-Maurice, principe del Kerry. Assai poco sappiamo sui suoi primi anni di vita, ma è noto che lo contraddistinguessero alcune caratteristiche tipiche degli irlandesi suoi compatrioti: il fervore religioso, l’entusiasmo spirituale ed anche, come vedremo, l’impazienza, per non dire il furore.
Intraprese gli studi ecclesiastici presso i frati minori a Kilcrea, per poi recarsi all’estero. Nel 1482 si trovava evidentemente a Roma quando il pontefice Sisto IV lo nominò vescovo di Ross, in Irlanda.Taddeo non godette però di lunga pace. Infatti tre anni dopo, quando Enrico Tudor ascese al trono, i suoi avversari della casa di York tentarono di consolidare il dominio sull’Irlanda impossessandosi del maggior numero possibile di cattedre episcopali. Ugo O’Driscoll, già vescovo ausiliare di Ross, fu indicato dai sostenitori degli York quale unico e legittimo vescovo di tale diocesi. Provvedettero inoltre a muovere accuse a Roma contro il povero Taddeo, che nel 1488 fu sospeso dal papa.
Nel frattempo Taddeo fu costretto a lasciare la diocesi e si stabilì in un’abbazia cistercense che il vescovo di Clogher gli aveva donato “in commendam”. Meditò però di difendere in prima persona la propria causa ed a tal fine tornò a Roma. Due anni dopo, pur confermando Ugo alla cattedra di Ross, papa Innocenzo VIII lo destinò a reggere la diocesi unificata di Cork e Cloyne. Giunto così nella nuova sede, Taddeo trovò però la cattedrale chiusa e tutte le donazioni in mano ai suoi vecchi avversari. Non riuscendo a far valere i propri diritti episcopali, non gli restò che fare ritorno a Roma per l’ennesima volta.
Dal sommo pontefice ottenne pieno appoggio e potè ripartire con delle lettere papali per il potente conte di Kildare d’Irlanda ed altri eminenti personaggi, con le quali si ordinava di aiutare il vescovo a prendere possesso della sua diocesi. Incamminatosi, dovette però fermarsi ad Ivrea, ai piedi delle Alpi in Piemonte, stremato dalle fatiche. Ricoverato presso i Canonici Regolari di San Bernardo, rese l’anima a Dio il 25 ottobre 1492.
La storia di questo vescovo esule e pellegrino dal successore di Pietro colpì molto i fedeli eporediesi e canavesani, che presero a venerarlo come un santo. La sua tomba nella cattedrale cittadina divenne meta di pellegrinaggi e fonte di miracoli. Il suo culto fu ufficialmente confermato solo nel 1895 da Papa Leone XIII, su interessamento dei vescovi di Ivrea e York.
PREGHIERA
Dio, Padre misericordioso, Tu hai offerto nella Chiesa eporediese l’ultima accoglienza terrena al vescovo d’Irlanda Taddeo McCarthy, ammirevole esempio di fedeltà alla Chiesa, di fortezza di spirito, di povertà evangelica, di operatore di giustizia e di pace. Alla Cattedrale di Ivrea hai fatto dono delle sue spoglie mortali. Con la sua potente intercessione noi Ti preghiamo, o Signore, che la Chiesa che è in Ivrea e le Chiese sorelle di Cork, di Ross e di Cloyne siano presenza viva di Cristo nel mondo, specialmente con i piccoli e i poveri e, in comunione con i loro vescovi, sappiano, sull’esempio del Beato Taddeo, renderne testimonianza, collaborando a stabilire tra i popoli un’autentica pace. Te lo chiediamo con l’umiltà e la fiducia della Vergine Maria, per Cristo nostro Signore. Amen.
Autore: Fabio Arduino
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