Chignin (Francia), 1107 - Belley (Francia), 26 giugno 1178
Nacque nel 1107 nel Castello di Chignin, in Savoia. Segretario prima della chiesa di Ginevra, poi del vescovo di Belley, da questo fu ordinato sacerdote. Affascinato dalla vita certosina nel 1136 prese l'abito di San Bruno nel monastero di Portes. Alla Grande Chartreuse, terminato il noviziato, fu nominato procuratore ed amministratore dei beni. Nel 1139 ne divenne il settimo priore. Nel 1142 nel capitolo generale gli otto priori della Certosa stabilirono che il priore della «Grande Certosa» fosse anche il Generale dell'Ordine. Antelmo divenne il primo generale dei Certosini. Nel 1152 Bernardo di Varey, fondatore di Portes, ottenne che Antelmo fosse designato a succedergli. Nel 1163 divenne vescovo di Belley. Nel 1175 il Barbarossa gli conferì la sovranità su Belley e dintorni, creandolo principe del Sacro Romano Impero. Morì il 26 giugno 1178. (Avvenire)
Emblema: Bastone pastorale, Libro, Flagello
Martirologio Romano: A Belley in Savoia, sant’Antelmo, vescovo, che, da monaco, ricostruì l’edificio della Grande Certosa distrutto da una abbondante nevicata; divenuto poi priore, convocò il Capitolo generale e, elevato alla sede episcopale, rifulse nell’opera di correzione dei costumi di chierici e nobili svolta con instancabile impegno e intrepida fermezza.
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Sant’Antelmo di Chignin, Vescovo di Belley, rappresenta una delle più importanti figure del movimento certosino. Nacque nel 1107, da nobile famiglia, nel Castello di Chignin, in Savoia, a dodici chilometri da Chambéry. Sin da giovane preferì la solitudine della preghiera alla vita mondana e dissipatrice dei grandi signori. Segretario prima della chiesa di Ginevra, poi del vescovo di Belley, da quest’ultimo fu ordinato sacerdote. Si recava molto spesso a Portes, dove un suo parente era certosino. La conoscenza della vita monastica cambiò radicalmente l’esistenza di Antelmo, che nel 1136 prese l’abito di San Bruno nel monastero di Portes. La sua fama di valente amministratore lo portò alla Grande Chartreuse, dove, terminato il noviziato, fu nominato procuratore ed amministratore dei beni. La Grande Chartreuse, che nel 1132 era stata gravemente danneggiata da una valanga, attraversava allora un periodo molto difficile. Antelmo si occupò con tutte le sue energie della ricostruzione materiale e morale della comunità, di cui nel 1139, alle dimissioni di Ugo I, divenne il settimo priore. Dopo aver riedificata la “Grande Certosa” e fatto costruire un acquedotto, A. si adoperò a ricondurre in suoi monaci al rispetto della primitiva semplicità della Regola e, nello stesso tempo, tentò di rendere più stretti i legami tra le varie case dell’Ordine. Nel 1142, infatti, nel capitolo generale gli otto priori della Certosa, allora esistenti, stabilirono che il priore della “Grande Certosa” fosse anche il Generale dell’Ordine, cui tutti dovessero obbedienza: fin da allora infatti i vari priori erano sottoposti solo al vescovo della loro diocesi. La fama di Antelio, divenuto primo generale dei Certosini, crebbe enormemente ed attirò alla Grande Chartreuse molti nobili che desideravano seguirne l’esempio. Nel 1149, quando un monaco di Portes fu eletto vescovo di Grenoble, sorsero degli aspri conflitti ed alcuni certosini uscirono dal monastero per sostenere le loro ragioni di fronte ai tribunali. Antelmo, fortemente amareggiato da questa grave infrazione, dopo che papa Eugenio III compose la vertenza, impose ai certosini una penitenza: ma il Papa reintegrò i monaci nell’Ordine senza alcuna formalità. Per questo Antelmo, pur non opponendosi alle decisioni del Papa, diede le dimissioni, che tuttavia ritirò momentaneamente a seguito di un intervento di San Bernardo, per farle poi accettare di nuovo nel 1151 e ritirarsi a vita contemplativa. Nel 1152, però, Bernardo di Varey, fondatore di Portes, ottenne che Antelmo fosse designato a succedergli e questi, pur mantenendo la sua carica solo per breve tempo, con la sua grande carità si guadagnò l’appellativo di “padre dei poveri”. Per questo Antelio nelle immagini che ci sono pervenute, viene effigiato nell’atto di accogliere gente di ogni età, aiutandola moralmente e materialmente nei suoi bisogni, con sullo sfondo la sua Certosa, di cui ebbe sempre nostalgia e che andava spesso a visitare. Quando nel 1159 la cristianità fu divisa in due parti che sostenevano, l’una Alessandro III, papa legittimamente eletto, e l’altra l’antipapa Vittore IV, designato da Federico Barbarossa, Antelmo si schierò dalla parte di Alessandro e gli portò il sostegno della Francia, della Spagna e dell’Inghilterra. Molto probabilmente, in ringraziamento di questa azione, il Papa obbligò Antelmo ad accettare la carica di vescovo di Belley, alla quale era stato eletto all’unanimità il 7 settembre 1163. La consacrazione avvenne nella cattedrale di Bourges. Anche nell’esercizio del suo ministero Antelmo conservò intatti quei caratteri di grande umiltà e carità, che lo avevano reso famoso e si guadagnò tanto l’affetto del popolo che la città di Belley, dopo la sua morte, fu chiamata per un certo tempo Antelmopoli. Nello stesso tempo, per la sua sagacia fu scelto dal papa per una delicata missione in Inghilterra: il tentativo di riconciliazione tra Enrico II e San Tommaso Becket. Tuttavia il Barbarossa impedì la partenza di Antelmo, forse per vendicarsi della posizione ostile da questi avuta nei confronti di Vittore IV. In seguito però l’imperatore mutò condotta nei riguardi di Antelmo e nel 1175 gli conferì la sovranità su Belley e dintorni, creandolo inoltre principe del Sacro Romano Impero. Il titolo di principe di Belley procurò ad Antelmo non poche difficoltà, che amareggiarono gli ultimi anni della sua vita. Umberto III, conte di Maurienne, non si rassegnò a perdere i diritti su Belley ed iniziò una politica di provocazione nei confronti di Antelmo, facendo dapprima arrestare, in violazione del diritto di giurisdizione della Chiesa sul clero, e poi uccidere un sacerdote. Antelmo scomunicò il conte, ma questi ottenne dal papa Alessandro III, cui era ricorso, l’annullamento della scomunica. Allora Antelmo, indignato, si ritirò nella Grande Charteuse ma il popolo ed il clero ricorsero al papa, che gli ordinò formalmente di riprendere il suo posto e, nel contempo, ingiunse ad Umberto di fare penitenza. Antelmo tornò quindi a Belley, continuando tuttavia ad essere osteggiato da Umberto, che continuò a tramare contro di lui giungendo perfino a progettare di assassinarlo. Il 26 giugno 1178, colpito da grave malattia, Antelmo morì, dopo aver ricevuto l’omaggio del Conte di Mourienne, che al suo capezzale fece sincera ammenda dei suoi torti. I funerali di Antelmo furono veramente trionfali ed il suo culto si diffuse immediatamente. Nel 1630 le sue spoglie furono esumate e traslate in una cappella a lui dedicata. Durante al Rivoluzione Francese questa fu profanata, ma le reliquie di Antalmo non andarono disperse e il 30 giugno 1829 il vescovo di Belley le depose in un bellissimo reliquiario, che alla fine del secolo fu sostituito da un altro in bronzo offerto dalla Grande Charteuse. Nell’iconografia Antelmo è rappresentato con una lampada accesa sopra il capo, mentre una mano dal cielo tende un dito verso la fiamma. Ai suoi piedi è raffigurato il Conte Umberto e Antelmo tiene in mano un libro perché, secondo la leggenda, egli ricevette da San Pietro l’ordine di recitare l’Ufficio della Vergine. Gli Acta Sanctorum pubblicano una Vita di Antelmo, scritta da un autore coevo, ed il Martirologio Romano celebra la sua festa il 26 giugno.
Autore: Mauro Tordone
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