Nel 1035, durante la dominazione normanna e araba, a Melicuccà (Reggio Calabria), Maria e Ursino mettono al mondo un maschietto: Luca. Il bambino viene educato ad essere un buon cristiano. Indossato l’abito da monaco, Luca è amato da tutti. È intelligente, studia i Testi Sacri, è istruito, così viene chiamato con l’appellativo “il Grammatico”. Quando parla di Gesù e dei santi incanta chi lo ascolta. Di lui si dice che, dopo aver assistito ad una sua predica, l’anima si rallegra come accade dopo aver bevuto vino. Luca fa del bene a chi lo avvicina. Compie miracoli di guarigione e, grazie alle sue preghiere, una coppia sterile riesce ad avere figli. Eppure è talmente umile da ritenersi un buono a nulla.
Quando il monaco viene nominato vescovo di Isola di Capo Rizzuto (Crotone), il periodo è difficile per il Sud Italia. Arabi e Normanni invadono Calabria e Sicilia. Per la Chiesa sono momenti travagliati. Alle guerre seguono epidemie e carestie. Luca viaggia sempre, di villaggio in villaggio, a rincuorare, a dare una mano, a portare la Parola buona del Signore. Conforta, infonde speranza, nomina sacerdoti e fonda il Monastero di San Nicola di Vittorito, ad Amaroni (Catanzaro). I suoi messaggi sono chiari e semplici. Egli esorta a digiunare, pregare, lavorare ed essere umili per stare lontani dal Male che porta solo afflizioni, ad essere in pace con tutti e, se si litiga, a trovare subito un accordo, a leggere la vita dei santi e a seguire il loro esempio, a non lasciare a mani vuote chi chiede la carità, a non rubare e ad essere contenti di quello che si possiede.
Si narra di suoi prodigi. La gente di Squillace (Catanzaro) chiede il suo aiuto per essere liberata da un feroce lupo. Luca raduna la popolazione in chiesa ed ecco arrivare il lupo minaccioso che viene acciuffato e ucciso. Un’altra volta alcuni pescatori sono affranti per non essere riusciti a mettere nulla nella rete. Che cosa porteranno alle loro famiglie, bisognose di cibo? Grazie al vescovo i pescatori riempiono le reti di pesce, tanto da bastare anche per tutti i paesi vicini. In un’altra occasione la siccità affligge alcuni territori. Luca interviene e avvisa i fedeli di tornare subito a casa perché l’acqua sta arrivando in enorme quantità. Chi gli crede si mette al riparo. Gli altri devono affrontare gravi pericoli per la violenza della pioggia. Il vescovo muore ad Amaroni nel 1114, nella Chiesa di San Nicola di Vittorito, da lui fondata.
Autore: Mariella Lentini
Nacque verso la metà del sec. XI da Ursino e Maria, a Melicuccà (Reggio Calabria), nella regione detta "delle saline", celebre nei fasti del monachesimo calabro-greco per le gesta di s. Elia Speleota, di cui conserva la spelonca e la tomba. Già avviato allo studio dei sacri testi, abbracciò la vita religiosa nell'Istituto basiliano e vi fu ordinato sacerdote. Per la sua dottrina e virtù prima del 1092, fu elevato alla dignità episcopale e destinato a reggere la diocesi di Isola Capo Rizzuto. Cosí infatti risulta anche da un diploma greco del 1105, in cui la frase "Episcopos ton Aisulon" interpretata dal Cozza-Luzzi come: "vescovo delle immunità o esenzioni", ignorando che nei cataloghi greci essa indica precisamente la minuscola diocesi di Isola, suffraganea di S. Severina, a breve distanza da Crotone. Il citato diploma lo ricorda anche in Sicilia, dove si era recato per predicare e ordinare dei sacerdoti di rito greco. In Calabria, poi, la sua presenza è segnalata in diverse zone: a Medino (non Medma, come scrive il Martire) nella Sibaritide, dove impetrò una pesca miracolosa; a Mesa, presso Scilla, dove fece cessare la siccità; a Bovalino, dove guarí un ammalato e liberò una casa dai demoni; a Squillace, dove mise in fuga un lupo feroce. Estese la sua predicazione, sempre accompagnata dai miracoli, anche in buona parte della Calabria meridionale; volle recarsi anche a Costantinopoli, ma, arrivato a Taranto, fu costretto a ritornare indietro per motivi non espressi dal biografo.
Governò la sua Chiesa con spirito di abnegazione e con zelo, curando il bene delle anime e mostrandosi particolarmente sensibile alle necessità dei poveri e dei pellegrini. Fu assiduo al ministero della parola e si dice che il suo parlare fosse dolce, suadente e commovesse gli uditori fino alle lacrime.
Non dimenticò la sua professione monastica fondando il monastero di S. Nicola di Viotorito, al quale - come alla chiesa di Isola - il duca Ruggero concesse privilegi e fece delle donazioni. Ai monaci poi impartí sagge disposizioni per tendere alla perfezione, secondo le norme di s. Basilio. Nutrì particolare devozione per s. Elia Speleota di Reggio, raccomandandone la celebrazione annuale ai suoi monaci.
Sentendosi prossimo alla fine, si ritirò nel suo monastero di Viotorito, per prepararsi meglio al gran passaggio: riuní i vescovi delle diocesi vicine, gli abati, i monaci e i preti, per impartire loro saggi consigli. Morì il 10 dicembre del 1114. Come in vita, cosí dopo morte si registrarono molti miracoli, per cui fu acclamato santo ed ebbe culto pubblico.
Il cod. Mess. Gr. 115, al f. 33, riporta dei Canoni (poesie in greco) in onore di s. Giovanni Battista, copiati o forse anche composti da s. Luca. Si può quindi pensare che egli, come moltissimi monaci coevi italo-greci, fosse innografo e amanuense. Ne abbiamo conferma, almeno per quest'ultima sua attività, in una pergamena greca dell'archivio di Palermo, pubblicata dallo Spata, che contiene il testamento di Gregorio, categumeno del monastero di S. Filippo di Demenna, scritto nel 1105 "da Luca, vescovo di Aisilon", che è il nome anagrammatico di Isola.
Autore: Francesco Russo
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