Trento, 1472 - marzo 1475
La tragica vicenda di Simonino di Trento, bambino di due anni e mezzo misteriosamente scomparso nel 1475 e ritrovato morto in circostanze strazianti, ha segnato la storia trentina per secoli. Il clima antisemita fomentato da predicazioni come quelle del beato Bernardino da Feltre portò all'accusa di omicidio rituale contro la comunità ebraica locale. Il principe-vescovo Giovanni Hinderbach, con un processo durissimo e pieno di torture, condannò a morte 15 persone, confiscando i loro beni. Nonostante le proteste di papa Sisto IV e dell'arciduca Sigismondo del Tirolo, il culto di Simonino come martire si diffuse, alimentato da scritti, predicazioni e presunti miracoli. La beatificazione ufficiale arrivò nel 1588, con il culto che raggiunse il suo apice nel Barocco. Solo nel XX secolo, grazie a studi approfonditi, si escluse l'ipotesi del rito ebraico e il vescovo di Trento A. M. Gottardo abrogò il culto nel 1965, con il consenso della Santa Sede e la soddisfazione del mondo ebraico.
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Anche se la festa liturgica di questa singolare figura di beato fanciullo è stata eliminata nel 1965, vale la pena di ricordarla per le implicazioni sociali e religiose che dal lontano 1475 aveva impresso nella società trentina.
Il piccolo Simone, chiamato poi nei secoli Simonino, figlio del conciacapelli Andrea (parrucchiere dell’epoca), all’età di due anni e mezzo, scomparve misteriosamente la sera del 23 marzo 1475, ricorrenza del giovedì santo e il suo corpo dopo convulse ricerche fu ritrovato la mattina del 26 nel giorno di Pasqua, in condizioni strazianti, in un fosso d'acqua che attraversava lo scantinato della casa, di uno dei maggiori rappresentanti degli ebrei di Trento.
Per una serie di circostanze, di tempo, di luogo e di clima creatasi dopo la predicazione recente del beato Bernardino da Feltre, con riferimenti antisemiti, si instaurò subito la certezza che l’omicidio fosse dovuto ad un rituale perpetrato dagli ebrei.
Furono imprigionate una trentina di persone, tutte appartenenti alle tre famiglie di ebrei allora residenti in Trento, quelle degli usurai Samuele ed Angelo e del medico Tobia; per ordine del principe-vescovo Giovanni Hinderbach furono sottoposti a processo, che fece largo uso della tortura, per cui alla fine finirono per confessarsi colpevoli.
Nonostante gli interventi del papa Sisto IV e dell’arciduca Sigismondo del Tirolo, per niente favorevoli all’agire del principe-vescovo trentino, il processo proseguì con estrema durezza, fino alla condanna a morte e relativa esecuzione di 15 dei presunti rei e la confisca dei loro beni.
Sono conservati gli Atti del processo a Roma, a Trento e Vienna, importantissimi perché testimoniano gli sforzi fatti per accreditare l’omicidio rituale agli ebrei con l’opinione che simili riti avvenissero anche in altre città e con una certa frequenza.
La morte avvenuta per un rito del piccolo Simonino, dava l’opportunità al principe-vescovo Hinderbach di considerarlo un martire e quindi iniziò un culto con vasta azione propagandistica sia con scritti di autori umanistici (prima stampa nel 1475) sia con la predicazione, in particolare dei francescani del Trentino e regioni vicine.
Il papa Sisto IV proibì sotto pena di scomunica il culto al beato Simonino, perché non era chiaro il motivo della morte del piccolo. Ma la venerazione dei fedeli provenienti da ogni parte d’Europa, dietro la fama dei miracoli avvenuti, si diceva per sua intercessione, fece sì che il culto divenisse un culto di fatto, superando anche la proibizione papale.
Il culto persisteva nel secolo successivo, al punto che nel 1584, Cesare Baronio inseriva il suo nome nel ‘Martirologio Romano’ e nel 1588 su richiesta del vescovo di Trento, il papa Sisto V, concesse la festa e Messa propria, dando così l’assenso ad una formale beatificazione.
Il culto invece di scemare aumentò nei secoli successivi fino ai nostri giorni, soprattutto nell’epoca barocca, suscitando tutta una produzione artistica locale. Luoghi centri del culto furono le cappelle erette nei luoghi dell’uccisione, del rapimento e nella chiesa di S. Pietro dove era il corpicino imbalsamato.
Oltre la celebrazione annuale del 24 marzo, vi era fino al 1955 una sontuosa processione decennale con il corpo del fanciullo e i reliquiari con gli strumenti del presunto martirio. L’omicidio, la cacciata degli ebrei dal Trentino, le sentenze di colpevolezza e le esecuzioni capitali, suscitarono sempre la contestazione ebraica, con relativa condanna finché fosse praticato il culto del beato Simonino.
La questione coinvolse studiosi, giuristi, teologi, specie nell’800 sia da parte cattolica sia da parte ebraica; finché nel ‘900 studi più approfonditi di commissioni di studiosi, portarono a conclusioni onestamente accettabili, di esclusione di riti ebraici nell’omicidio.
Pertanto il vescovo di Trento A. M. Gottardo, il 28 ottobre 1965, abrogò ufficialmente il culto del beato Simonino di Trento, con il pieno consenso della S. Sede e con soddisfazione del mondo ebraico, che si vide togliere il sospetto di praticare riti sanguinari; bisogna ricordare che analoga accusa fu fatta ai cristiani delle catacombe dei primi tempi.
Gli artisti furono chiamati, nei cinque secoli del culto, ad immortalare con ogni forma di arte, il martirio, i resti tagliati, la figurina benedicente, in piedi su un tavolo o legato ad una croce del piccolo Simonino, comunque beato in Dio; vittima innocente, come in tutti i tempi di omicidi oscuri e orribili, che ogni tanto vengono perpetrati quali simbolo del male che continuamente si aggira nell’umanità, qualunque sia la mano assassina.
Autore: Antonio Borrelli
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