Fratelli originari della Sabina, martiri sotto le persecuzioni di Diocleziano e Massimiano, sono tra i primi i cui resti, nel 645, durante il pontificato di Teodoro I, vengono traslati a Roma dal XV miglio della via Nomentana, precisamente nella chiesa di Santo Stefano Protomartire sul monte Celio.
Martirologio Romano: A Roma al quindicesimo miglio della via Nomentana, santi Primo e Feliciano, martiri.
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La loro traslazione, effettuata da papa Teodoro I (642-649), dal XV miglio della via Nomentana a S. Stefano Rotondo, è tra le primissime operate in Roma. I corpi vennero trovati in un sarcofago l’8 gennaio 1625. Il papa allora fece erigere sul nuovo sepolcro un altare ornato da un paliotto d’argento. Nel 1736, con la costruzione di una nuova ara, opera di Filippo Barigoni, i resti, fino allora situati dinanzi l’altare, furono deposti all’interno di esso.
Dice il Martirologio Romano al 9 giugno: A Nomentano, in Sabina, il natale dei santi Martiri Primo e Feliciano fratelli, sotto Diocleziano e Massimiano Imperatori.
Questi gloriosi martiri, avendo condotto nel Signore una lunga vita, ed avendo sofferto tormenti, ora eguali insieme, ora diversi e spietati separatamente, alla fine ambedue percossi con la spada da Promoto, Preside di Momento, compirono il corso del felice combattimento. I loro corpi poi, trasportati a Roma, furono con onore sepolti nella chiesa di santo Stefano Protomartire, sul monte Celio.
Autore: Giovanni Sicari
SANTI TIBURZIO, PRIMO E FELICIANO
Tiburzio era un soldato romano, probabilmente ufficiale: con suo padre si convertì al Cristianesimo grazie a San Sebastiano. Fedele all’imperatore, come cristiano si rifiutò però di adorarlo: venne perciò condannato a morte per decapitazione nell’anno 288, durante una delle persecuzioni di Diocleziano. Probabilmente era originario della zona di Roma, come si deduce dal nome derivante da Tibur (Tivoli), e il suo corpo fu sepolto sulla via Labicana.
La sua venerazione a San Benigno risale a Guglielmo stesso che, secondo la “Cronaca dell’Abbazia di Fruttuaria”, vi portò le spoglie, con il permesso di papa Benedetto VIII. Tra l’abbazia, il chiostro e la sala capitolare sorgeva probabilmente una cappelletta a lui dedicata, ma della quale non si hanno più tracce fisiche. E’ però menzionata nelle Consuetudines.
Primo e Feliciano erano due fratelli patrizi, decapitati sulla via Nomentana in un’altra persecuzione di Diocleziano nel 297. Furono sepolti al 15° miglio e Teodoro I ne trasferì le reliquie nella chiesa di S. Stefano Rotondo sul Celio; qui un mosaico li raffigura in abiti militari. Parti delle loro reliquie furono traslate a San Benigno sempre da Guglielmo e, si dice, anche su pressioni di re Arduino.
PALA DI DEFENDENTE FERRARI (Vedi Album Immagini)
Questi santi sono raffigurati nella pala del Defendente Ferrari custodita nella sacrestia dell’Abbazia di Fruttuaria, Qui il pittore mette attorno alla Madonna, a partire da sinistra, san Benedetto, i due fratelli Primo e Feliciano ma in abiti mercantili (o vescovili?) e conclude, sulla destra, con Tiburzio, soldato, con la palma del martirio. La vita di Tiburzio è ripresa nel trittico sottostante, o predella, con le scene del battesimo, dei carboni ardenti (c’è chi dice “supplizio” e chi “miracolo”) e della decapitazione.
In realtà nel dipinto, sui due fratelli nominati prima, c’è un cartiglio che li menziona come Benigno e Agapito (patrono di Lombardore), ma pare che sia un aggiustaggio posteriore.
Il dipinto di Defendente Ferrari (pittore chivassese) è datato 1530.
E’ costituito da una pala in legno che probabilmente era situata in uno degli altari precedenti l’intervento nella basilica da parte del Cardinale delle Lanze nel 1770. Da allora fu collocato in sacrestia.
Il giallo della cornice e delle aureole è in oro zecchino, il colore della santità.
Il volto della Madonna è stupendo.
Da notare le due file di finestrelle che dànno prospettiva alla scena.
Curiosità
1. Il Bosio attribuisce la predella al Luini, ma tutti gli studiosi confermano la mano del Defendente.
2. I due angioletti suonano strumenti medioevali. Uno studioso sostiene che lo strumento suonato da quello di sinistra sia il primo caso di un violino riprodotto in pittura.
3. Pare che dopo aver camminato sui carboni ardenti Tiburzio abbia detto a Diocleziano: “Io ho camminato sui carboni ardenti e Cristo mi ha protetto. Adesso prova tu e vediamo se Giove ti protegge”. Ovviamente…
Autore: Marco Notario
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