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Beato Ruperto Mayer Sacerdote gesuita, martire
Festa:
1 novembre
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Stoccarda, Germania, 23 gennaio 1876 - Monaco di Baviera, Germania, 1 novembre 1945
Nella solennità di Tutti i santi si ricorda anche il martire Rupert Mayer. Nato a Stoccarda nel 1876, nel 1900 entrò, già prete, nella Compagnia di Gesù. Animò missioni popolari, fu cappellano tra gli immigrati e i militari. Nella Grande Guerra gli venne amputata una gamba. Fin dal 1923 affermò pubblicamente che un cattolico non poteva aderire al nazismo. Più volte incarcerato, nel 1939 fu internato nel lager di Sachsenhausen. I nazisti, temendo che da morto divenisse un esempio, lo rinchiusero nell'abbazia di Ettal. Nel 1945 morì d'improvviso, a Monaco, mentre predicava. È beato dal 1987. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Monaco di Baviera in Germania, beato Ruperto Mayer, sacerdote della Compagnia di Gesù, che, solerte nella direzione dei fedeli, nell’assistenza ai poveri e agli operai e nella predicazione della parola di Dio, subì le persecuzioni dell’empio regime nazista, dapprima deportato in un campo di prigiona e poi in un monastero senza più alcun contatto con i fedeli.
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Ha perduto la gamba sinistra nella prima guerra mondiale, sul fronte di Romania, dov’è andato volontario per l’assistenza spirituale ai combattenti. Era già sacerdote dal 1899, nella Compagnia di Gesù, che lo aveva accolto dopo la licenza liceale conseguita a Stoccarda, e che poi gli aveva affidato la formazione dei giovani a Monaco di Baviera.
E a Monaco ritorna padre Rupert dopo la guerra: insegna, predica, guida i giovani delle “Congregazioni mariane” e si trova pure a rivivere momenti di guerra: dopo la sconfitta della Germania, nel 1918-1919, Monaco diventa capitale di una convulsa “repubblica bavarese” d’ispirazione comunista e di breve durata. Nel 1923 è scossa da un fallito colpo di Stato, promosso dal quasi ignoto agitatore austriaco Adolf Hitler. Padre Rupert insegna, parla in chiesa e fuori, tra amici e avversari, divulgando i principi sociali cristiani, e spingendo perché fossero applicati subito, nella boccheggiante Germania. Nel 1933, dieci anni dopo il suo fallimento a Monaco, Hitler va al potere a Berlino, e alla svelta instaura un regime che spoglia i tedeschi di ogni libertà: consenso o silenzio. Sono sempre meno quelli che rifiutano l’uno e l’altro, che continuano a parlare. E tra essi c’è padre Rupert, il gesuita con una gamba sola. Incontra persone e gruppi, sforzandosi di orientarli; chiarisce l’inconciliabilità tra fede cristiana e ideologia nazista. La sua opera appassionata trova sostegno nell’energico intervento di papa Pio XI, che nella primavera del 1937 fa lavorare anche di notte i cardinali Pacelli e Faulhaber, per stendere in tedesco la famosa enciclica Mit brennender Sorge (“Con cocente dolore”) contro il neopaganesimo e il razzismo hitleriani.
Ma nello stesso 1937 padre Rupert finisce in carcere. Non parlerà più, chiuso nel lager di Sachsenhausen-Oranienburg, presso Berlino, fino al 1940. Questi anni fiaccano il suo organismo mutilato, e allora lo si confina nell’abbazia benedettina di Ettal, dove sarà liberato nel 1945 dagli americani. Padre Rupert torna libero senza rancori. Gli basta aver saputo parlare, finché poteva, la lingua cristiana, esponendo la verità cristiana "a tempo e fuor di tempo", nello stile di Paolo apostolo, contro le “favole” sinistre che parevano incantare le masse. Ma il suo fisico non regge più.
Tornato a Monaco, la morte lo coglie sul campo: in chiesa, mentre predica. E a Monaco rimane il suo corpo, nella cripta della chiesa della Congregazione mariana chiamata Bürgersaal. Giovanni Paolo II lo proclama beato nel 1987.
Autore: Domenico Agasso
Fonte:
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