Almodovar del Campo, Spagna, 6 gennaio 1499 – Montilla, Spagna, 10 maggio 1569
Giovanni d’Avila visse nel secolo XVI. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all’incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa. Proficua la sua collaborazioni con grandi santi spagnoli suoi contemporanei quali Ignazio di Loyola, Francesco Borgia, Pietro d’Alcantara e Teresa d'Avila. Beatificato nel 1894 e canonizzato nel 1970, Papa Benedetto XVI lo ha proclamato “Dottore della Chiesa” il 7 ottobre 2012. Papa Francesco nel 2021 ha iscritto il nome di San Giovanni d'Avila nel Calendario Romano al 10 maggio con il grado di memoria facoltativa.
Patronato: Clero diocesano spagnolo
Martirologio Romano: A Montilla nell’Andalusia in Spagna, san Giovanni d’Ávila, sacerdote, che percorse tutta la regione predicando Cristo e, sospettato ingiustamente di eresia, fu gettato in carcere, dove scrisse la parte più importante della sua dottrina spirituale.
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«San Giovanni di Avila visse nel secolo XVI. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all’incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa». Così Papa Benedetto XVI ha presentato in sintesi questa ricca esemplare figura di sacerdote nel proclamarlo “Dottore della Chiesa” il 7 ottobre 2012 insieme alla mistica tedesca Santa Ildegarda di Bingen.
Giovanni d’Avila, mistico e scrittore, amico e consigliere dei grandi santi spagnoli suoi contemporanei, fu indubbiamente un sacerdote assai stimato nella Spagna del suo tempo. Principale suo biografo fu il discepolo Luigi di Granada.
Giovanni nacque il 6 gennaio 1499 ad Almodovar del Campo, in Spagna, un centinaio di chilometri a sud di Toledo. La sua famiglia, di condizioni agiate, era di origini giudaiche. Inviato all’università di Salamanca per studiare diritto, non si sentì però portato per tale genere di studi e, tornato a casa, trascorse tre anni in preghiera e penitenza. Un francescano gli consigliò di studiare filosofia e teologia, come fece presso Alcalà tra il 1520 ed il 1526, sotto la guida di Domenico de Soto. Nel frattempo rimase orfano e, ordinato sacerdote nel 1525, devolvette ai poveri buona parte della sua eredità e celebrò la sua prima Messa nella chiesa dov'erano sepolti i genitori. Ottimo predicatore, avrebbe desiderato partire missionario per il Messico, ma l’arcivescovo di Siviglia lo trattenette in patria per destinarlo alla predicazione in Andalusia.
Per ben nove anni Giovanni d’Avila operò in tale regione, convertendo persone di ogni età e classe sociale e conducendole a notevoli progressi nel loro cammino di fede. Durante la riconquista della penisola iberica operata sotto i “Re Cattolici” Ferdinando d’Aragona ed Isabella di Castiglia, parecchie conversioni dall’ebraismo e dall’islam furono in realtà solo fittizie, quindi a maggior ragione si rivelarono indispensabili le predicazioni del santo per una piena conversione dei cuori. Dal 1529 al 1538 predicò con strepitoso successo, tanto che venne incaricato anche di pronunciare il sermone in occasione dei funerali della regina Isabella di Portogallo, moglie di Carlo V, tenutisi il 17 maggio 1538. Questa sua omelia guadagnò a Cristo San Francesco Borgia, che si convertì abbandonando la carica di Viceré di Catalogna e divenne sacerdote gesuita.
Un’immeritata accusa di eresia gli fu rivolta dall’Inquisizione, in merito all’estremo rigore che caratterizzava i suoi insegnamenti sino talvolta ad escludere a priori i ricchi dal Regno dei Cieli, ma scagionato dalle ingiuste accuse, fu accolto trionfalmente dal popolo e riprese la sua attività presso Cordova, Granada e Siviglia.
E’ pervenuto a noi integralmente il suo epistolario spirituale, nonché degli estratti delle sue omelie trascritti dai suoi uditori. Dal 1554 il suo corpo fu segnato dalla malattia, ma nonostante ciò proseguì il suo apostolato sino alla morte, avvenuta presso Montilla il 10 maggio 1569.
Giovanni d’Avila costituisce un modello nell’attuazione della Riforma cattolica in Spagna. Sacerdote secolare, dunque non appartenente ad alcun ordine religioso, ebbe tuttavia un ruolo determinante nello sviluppo e nella diffusione dei Gesuiti, quale amico di Sant’Ignazio di Loyola, sostenne Santa Teresa d'Avila nella sua grande opera di riforma dell'Ordine Carmelitano e San Giovanni di Dio nella fondazione dei Fatebenefratelli. Sognò talvolta di poter entrare egli stesso nella Compagnia di Gesù, ma fu dissuaso da tale proposito proprio dal provinciale dei Gesuiti in Andalusia, trovando però alla sua morte sepoltura proprio nella chiesa tenuta da tale congregazione a Montilla.
I vari aspetti dell’insegnamento di questo santo possono essere analizzati nel trattato sistematico “Audi filia”, piuttosto che nel suo epistolario spirituale, oppure rintracciandolo negli estratti delle sue prediche. Di questi ultimi riportiamo un esempio, volto a tratteggiare la diversità fra ogni anima: “I corpi degli uomini sono di diversa indole, e c’è grande dissomiglianza nella conformazione delle loro menti, perché Dio ha concesso doni diversi a individui differenti. Non guida tutti nel medesimo sentiero, perciò è impossibile indicare una devozione particolare come la più opportuna. Alcuni non sentono alcuna attrattiva speciale per qualsivoglia forma di devozione ed essi dovrebbero consultare qualcuno [...] così per conoscere se si siano lasciati guidare da una causa d’amore o di timore, di tristezza o di gioia, e come applicare i rimedi più adatti alle loro necessità”. Questo pare essere uno di quegli eterni insegnamenti già contenuti nella Regola Pastorale del papa San Gregorio Magno.
Giovanni d’Avila insiste circa l’unicità della via tracciata da Cristo, valida per tutti: “Cristo di dice che se noi desideriamo unirci a lui, dobbiamo camminare sulla strada che egli ha percorso. Non è sicuramente cosa retta dire che il Figlio di Dio avrebbe camminato nei sentieri dell’ignominia mentre i figli dell’uomo vanno per le vie dell’onore mondano”. Innalza inoltre preghiere affinché il suo corrispondente posa gustare “quali tesori nascosti Dio ci elargisce nelle prove delle quali il mondo pensa solo a fuggire”. Similmente sottolinea come coloro i quali “immaginano di ottenere la santità per mezzo della loro sapienza e forza si ritroveranno, dopo molte tribolazioni, fatiche e sforzi gravosi, lontani dal possederla, e questo in proporzione alla loro certezza di averla ottenuta con le proprie forze”.
Dopo un lungo oblio, si risvegliò un discreto interesse nei suoi confronti con la beatificazione il 4 aprile 1894 sotto il pontificato di Papa Leone XIII, della proclamazione a patrono del clero diocesano spagnolo fatta dal Venerabile Pio XII e soprattutto con la canonizzazione, avvenuta il 31 maggio 1970 ad opera di Papa Paolo VI. Iscrivendolo così nell’albo dei Santi, volle proporre un valido ed attuale modello di sacerdote vissuto in un “tempo di riforme e di discussioni conciliari […], come lo è questo che stiamo vivendo”, in cui “il Sacerdozio stesso soffre d’una crisi profonda; una crisi d’identità, quasi che sia la natura, sia la missione del Sacerdote non abbiano ora motivi sufficienti per giustificare la loro presenza in una società, come la nostra, sconsacrata e secolarizzata”. Così Papa Montini ebbe ad asserire nell’omelia per la sua canonizzazione, donando “alla Chiesa pellegrinante in terra un intercessore nuovo e potente, un maestro di vita spirituale, provvido e sapiente; un rinnovatore esemplare di vita ecclesiastica e di costume cristiano”.
Autore: Don Fabio Arduino
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