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Beata Maria Costanza (Agnese Pacifica Panas) Clarissa Cappuccina

Festa: 28 maggio

Alano di Piave, Belluno, 5 gennaio 1896 – Fabriano, Ancona, 28 maggio 1963

Agnese Pacifica Panas, nacque ad Alano di Piave, in provincia di Belluno e diocesi di Padova, il 5 gennaio 1896. I suoi genitori, emigrati in America, l’affidarono alle cure di uno zio sacerdote e di una nutrice. Fu poi iscritta nell’istituto delle Canossiane di Feltre, che frequentò fino al passaggio alle scuole superiori. Allieva dell’istituto magistrale “Niccolò Tommaseo”, assorbì influenze ben diverse da quelle che aveva conosciuto tramite le suore: iniziò a leggere libri profani e assunse comportamenti che la società del tempo riteneva più normali della meditazione, della preghiera, della lettura di testi religiosi. Iniziò quindi a lavorare come maestra, ma avvertiva un tremendo vuoto nel cuore. A farle comprendere cosa fosse contribuì l’incontro con don Luigi Fritz, Oblato della diocesi di Padova. La sua conversione la portò, tra l’altro, a compiere quello che chiamò “voto della penna”: non avrebbe più collaborato a riviste secolari, ma avrebbe scritto solo per il Signore. Lo fece anche quando entrò tra le Clarisse Cappuccine, nel monastero di Fabriano: vestì l’abito religioso il 18 aprile 1918 e assunse il nome di suor Maria Costanza. I suoi scritti comprendono trattati di ascetica, vari piccoli libri di meditazione e molte poesie. Paralizzata a letto dal 1960, offrì le sue sofferenze in particolare per papa Giovanni XXIII e per il buon esito del Concilio Vaticano II. Si spense quindi il 28 maggio 1963. La sua causa di beatificazione è iniziata il 10 ottobre 1983, a vent’anni dalla morte, nella diocesi di Fabriano-Matelica. I suoi resti mortali sono custoditi nel monastero delle Clarisse Cappuccine in via Cavour 75 a Fabriano. Papa Francesco l'ha dichiarta Venerabile il 10 ottobre 2016 ed è stata beatificata il 9 ottobre 2022.



Agnese Panas nacque ad Alano di Piave (BL) il 5 gennaio 1896, da Antonio Benvenuto Panas e da Maria Biasotto; essendosi i genitori trasferiti in America per lavoro, Agnese fu affidata allo zio sacerdote don Angelo e ad Onorina una nutrice che le fece da mamma; venne educata presso le Suore Canossiane a Feltre e poi nel 1910, quando ritornarono i genitori, nel Collegio S. Alvise a Venezia, frequentando l’Istituto Statale “Niccolò Tommaseo”.
Le Canossiane non avendo all’interno l’intero corso di studi, erano costrette a mandare le alunne alle scuole pubbliche. La libertà che si godeva nella scuola pubblica, nella quale entrava per la prima volta, la trovò forse impreparata e ne rimase stordita; non si trattava più della scuola delle suore, pulita, ordinata, esente dai fermenti irredentisti che cominciavano a serpeggiare nella zona, ma di una scuola anonima, chiassosa, spesso indisciplinata e percorsa dal laicismo.
Anche Venezia era investita dalla famosa ‘neutralità’ della scuola laica, cioè il diritto di allevare i figli al di fuori di qualsiasi influsso religioso; nell’Istituto frequentato da Agnese Panas, gli studenti potevano procurarsi con eccessiva libertà libri e pubblicazioni di ogni genere, a scapito dello studio e della loro formazione morale.
Agnese che definirà queste scuole “corrottissime”, ne approfittò per soddisfare il suo desiderio e capacità di leggere di tutto. Fu per lei un periodo ‘particolare’ soprattutto dopo aver conseguito il diploma, indulgeva con la moda del tempo, a quelle letture ‘audaci’ per quell’epoca, fiori a confronto di quelle di oggi, e ad una certa superiorità che la allontanava dalla gente, da cui lei stessa proveniva.
Divenne maestra a Conetta (VE) con grande entusiasmo; dopo altri turbamenti, incontrò nel 1914 a Cona un zelante sacerdote, l’oblato Luigi Fritz che con i suoi incontri, consigli, direzione spirituale, la riportò a riprendersi immediatamente dalle sue frivolezze, anche se Agnese confessò di non essere mai venuta meno ai suoi doveri religiosi e morali; tuttavia in riparazione di alcuni suoi scritti di carattere profano, fece il famoso ‘voto della penna’ promettendo solennemente di non scrivere, in tutta la vita, che per Gesù e di Gesù.
Superate tante lotte interiori ed esterne, rinunziò all’insegnamento ed espresse il desiderio di farsi suora e su consiglio di padre Fritz, che l’aveva conosciute durante delle predicazioni, voleva entrare fra le Clarisse Cappuccine di Fabriano, la celebre città della carta pregiata e con cui aveva instaurato un epistolario.
Ma la famiglia scettica ed ironica si oppose e lei non riuscendo ad ottenere il consenso dei genitori e dello zio Angelo sacerdote, d’accordo con padre Fritz, che l’accompagnò, fuggì da casa ed entrando l’11 ottobre del 1917 nel convento di Fabriano; il 18 aprile 1918 vestì l’abito delle Cappuccine, emise la professione religiosa, cambiando il nome di Agnese in quello di Maria Costanza.
Giovane professa, era lieta di compiere i servizi più umili, guardarobiera, giardiniera, cuciniera. A 31 anni venne eletta maestra delle novizie e nel 1936 badessa, ufficio che esercitò per 16 anni continui. Fece, oltre i tradizionali voti religiosi di povertà, ubbidienza e castità, altri tre con i quali si impegnò a “un totale abbandono in Dio”, al “dono della sua vita per le anime” e a quello di “scegliere sempre quello che avrebbe giudicato più perfetto”.
Aveva il dono della scrittura, oltre quello di poetessa e pittrice; scrisse un preziosissimo trattato di ascetica: “Venite, ascendamus ad montem Domini”, come pure i “Vangeli delle Religiose” e “I dodici mesi dell’anno della religiosa”, ha lasciato ben 88 libricini di carattere ascetico, tutti scritti a mano in 46 anni, con una grafia impeccabile e senza nessuna correzione; alcuni sono stati stampati, altri sono conservati con venerazione nell’archivio delle Monache Clarisse Cappuccine di Fabriano.
Guidò con delicata e illuminata fermezza, i sacerdoti che le si rivolgevano nei momenti di crisi e che le venivano inviati da mons. Tarulli, suo direttore spirituale straordinario. Non mancarono anche le sofferenze dello spirito, come avviene in tutte le anime elette e per lei che aveva consolato tanti, non si trovò chi lo facesse, “Mi pare di essere un oggetto stomachevole e schifoso agli occhi di Gesù, mi pare che Egli mi rifiuti continuamente e mi mandi lontana da sé”.
Intorno agli anni ’50 cominciò per madre Maria Costanza la sofferenza fisica, cominciata con il calo della vista e con una pleurite ostinata, accompagnata da una febbricola continua, che la costringeva spesso a letto.
Con l’aiuto dei medici e delle medicine, andò avanti ma senza lavorare come un tempo, nel 1959 fu colpita da artrite deformante e progressiva alle mani, ai piedi ed alle braccia, accompagnata da una forte asma bronchiale; il 19 febbraio 1960 una crisi più forte la costrinse a letto, da dove non si rialzò più e per lei si unirono saldamente le due assi della croce – il dolore e l’amore – divenendo più fecondi, perché l’uno era portato dall’altro, ‘Amore redentivo ed espiatorio’.
Disse alle sue suore, di cui era ancora badessa, alla fine del primo anno del suo stare a letto, di recitare un ‘Te Deum’ di ringraziamento e “però chiedete anche a Dio che tolga a voi la croce della mia presenza”.
Arrivavano in quel maggio del 1963, le notizie della morte di padre Fritz a Padova, da Gubbio la morte della sua Vicaria, da Roma la grave malattia e l’agonia di papa Giovanni XXIII; a tale notizia offrì la sua vita per il Concilio Vaticano II.
E il 28 maggio dopo aver disposto gli incarichi del giorno alla Vicaria di Fabriano, si assopì con accanto una suora e verso le 11 passò dal sonno alla morte, dopo tre anni e tre mesi di grave malattia a letto.
La città di Fabriano, partecipò affollando la chiesa e con tutto il clero partecipò ai funerali della “monaca veneta”, anche se molti non l’avevano mai vista, essa era diventata una di loro. I suoi resti furono traslati nel 1977 nella chiesa del monastero e il 10 ottobre 1983 iniziò nella Curia di Fabriano.
Il Decreto sul miracolo è stato promulgato il 18 febbraio 2022 ed è stata beatificata il 9 ottobre 2022.


Autore:
Antonio Borrelli

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Aggiunto/modificato il 2016-10-15

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