Da papà eredita l’onestà e la passione per il lavoro, da mamma la fede profonda e la capacità di farsi ascoltare anche dalle “teste dure”. Terzo degli undici figli di un fornaio, dà il più grande dispiacere a papà quando gli confessa di volersi far prete e di non poterlo affiancare nel lavoro del forno, che questi sarebbe disposto ad ingrandire se potesse contare sul suo aiuto. “I figli non sono nostri”, commenta quel padre, ricco di fede, lasciandolo andare in seminario, e sarà premiato con altre sei vocazioni: anche l’altro figlio sarà sacerdote, mentre cinque figlie saranno suore. Ha appena sedici anni quando papà muore, stremato dalla fatica; a lui, che vorrebbe rientrare a casa per aiutare ad allevare i fratelli, mamma confida che papà sul letto di morte si è fatto promettere che anche a costo di qualunque sacrificio gli avrebbe permesso di continuare il seminario. E si mette a sgobbare lei, per lasciar partire anche gli altri sei. Edoardo viene ordinato prete il 1°maggio 1916, ma ha passato più tempo in caserma che in seminario. Nel 1910 è partito per il servizio militare di leva ed ha vissuto due anni di “inferno”, molestato soprattutto da quando si è sparsa la voce che vuole farsi prete. Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, è stato nuovamente arruolato e solo un anno dopo è riuscito ad aver la dispensa. Non sono stati, tuttavia, anni inutili, sia perché bene o male è comunque riuscito a studiare, ma soprattutto perché nel frattempo “conosce” tre persone che gli cambiano la vita. Il primo è sicuramente San Luigi Grignion de Monfort, ai cui scritti si avvicina con iniziale titubanza e non senza difficoltà, ma che alla fine gli trasmette un grande amore per la Madonna; poi Teresa di Lisieux, all’epoca neppur ancora beata, che lo incanta con la sua “piccola via” e la sua incondizionata offerta all’amore misericordioso; infine padre Chevrier, che gli trasmette la sua predilezione per gli umili e lo affascina con il suo amore per la povertà. È senz’altro a quest’ultimo che si ispira nei primi mesi dopo l’ordinazione, quando è viceparroco nel quartiere operaio di Gand, dove la gente non va più in chiesa. Comincia così ad esercitare il suo ministero per strada e gli riesce di sgretolare il serpeggiante anticlericalismo, semplicemente andando di casa in casa a trovare i malati, attendendo gli operai all’uscita dalle fabbriche per un sorriso ed un saluto, oppure prendendosi cura dei loro figli abbandonati a se stessi. Peccato che il parroco, vecchio stampo, non condivida questo stile e gli impedisca di continuare, malgrado riconosca essere quello l’unico modo per riavvicinare la gente alla chiesa. Ubbidisce, com’è sua abitudine, e si butta sui ragazzi, dove il parroco gli lascia maggior libertà di movimento: con il suo stile immediato, fresco, all’avanguardia (per i tempi) incanta i suoi piccoli amici, pur non facendo loro sconti e invitandoli a puntare in alto, niente meno che alla perfezione cristiana. Abituato ad insegnare agli altri: “Siamo viaggiatori; ed è follia voler cercare quaggiù dimora e riposo”, forse chiede troppo al suo fisico, perchè a maggio 1919 un primo infarto lo riduce in fin di vita. “Non ho mai chiesto di poter diventare vecchio, ma solo che gli uomini tornino ad amare Dio e che i sacerdoti si santifichino”. La santificazione dei sacerdoti è la sua grande scommessa, perché non è convinto che «il sacerdote santifica se stesso santificando gli altri», piuttosto occorre chiedere al prete di «santificare se stesso per santificare gli altri». Dopo aver intensamente lavorato per la propria santificazione, dedica il tempo della convalescenza e della forzata inattività ad educare i confratelli alla santità. Direzione spirituale, consigli, lettere: tutto gli serve per far crescere la santità del clero, insieme alle sue preghiere e all’offerta delle sue sofferenze e della sua stessa vita. La morte sopraggiunge improvvisa, per un ictus, il 10 giugno 1924: trentatré anni appena, sacerdote da otto, ha passato almeno la metà del suo sacerdozio a letto o seduto su una poltrona, eppure è il prete più amato e conosciuto delle Fiandre. “Ci si lamenta che ci sono troppo pochi sacerdoti. Non è giusto. La verità è che vi sono troppo pochi sacerdoti santi. Se con i nostri sacrifici ottenessimo anche un solo sacerdote santo ogni anno, in poco tempo il mondo intero sarebbe santificato”: egli prete santo lo era stato e la Chiesa con Giovanni Paolo II° lo ha ratificato, beatificando don Edoardo Poppe il 3 ottobre 1999.
Autore: Gianpiero Pettiti
Fu un grande pedagogista dell’Eucaristia, tutta la sua vita di sacerdote, fu incentrata in questa spiritualità e nella guida al sacerdozio eucaristico.
Edward Giovanni Maria Poppe nacque a Temsche in Belgio il 18 dicembre 1890 in una famiglia modesta, terzo di undici figli; ebbe una educazione religiosissima in casa, proseguita con i Fratelli della Carità, presso i quali compì con profitto gli studi primari. A quindici anni entrò nel seminario di Sint-Niklaa nella diocesi di Gand, esempio e stimolo per i compagni di studio. Prestò il servizio militare a Lovanio nel 1910 e nel contempo si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università Cattolica di quella città.
Il servizio militare gli diede l’opportunità di maturare la vocazione al sacerdozio pur fra tante dure prove, dedicandosi ad un intelligente e proficuo apostolato tra i soldati, diffondendo la devozione all’Eucaristia ed alla Madonna, di cui diverrà un grande propagatore tra i fanciulli ed i sacerdoti.
E così a 22 anni Edward Poppe, nel 1912, dopo aver ultimato il servizio militare, entrò nel seminario filosofico Leone XIII di Lovanio; fu per lui un periodo di intensa vita spirituale, conobbe il “Trattato della vera devozione a Maria” scritto da s. Luigi Grignon de Montfort, ne assimilò la dottrina e lo spirito praticando la “schiavitù d’amore”.
Si laureò in filosofia e lettere il 14 luglio 1913, passando poi al seminario maggiore della sua diocesi di Gent (Gand) per terminare gli studi teologici; durante le vacanze nel suo paese natio di Temsche (Tamise) iniziò l’apostolato tra i giovani ed i fanciulli, specie nell’insegnamento del catechismo e della liturgia.
A causa della Prima Guerra Mondiale, fu richiamato alle armi nel 1914, passando al servizio della Croce Rossa addetto alle ambulanze ed all’assistenza come infermiere ai feriti di guerra.
Nell’aprile 1915 ritornò al suo seminario di Gand, dove il 1° maggio 1916 fu ordinato sacerdote; subito fu nominato vicario della parrocchia di S. Coletta in Gand, iniziando il suo ministero soprattutto fra la povera gente. L’apostolato non ridusse le sue ore dedicate alla preghiera ed all’adorazione eucaristica fatta di giorno e di notte; sempre umile, povero, distaccato, preparava con il catechismo i bambini alla Prima Comunione, quasi tutti figli di socialisti e anticlericali.
Per questo scopo, formò un gruppo di catechiste eucaristiche che si moltiplicò prodigiosamente, raggiungendo anche altre parrocchie della diocesi; per loro scrisse il “Manuale della catechista eucaristica” nel 1917, ideando così il metodo educativo eucaristico secondo i decreti di s. Pio X.
Istituì la “Lega della Comunione frequente” tra i fanciulli e le operaie. Nell’ottobre 1918 dovette interrompere il suo apostolato, perché fu trasferito come direttore al convento delle Suore di S. Vincenzo de’ Paoli a Moerzeke-lez-Termonde; nel silenzio e nella meditazione maturò le sue opere migliori.
Per i fanciulli della “Crociata Eucaristica Pio X” di tutto il Belgio, pubblicò un settimanale dal titolo ‘Zonneland’ (Paese del Sole), attraverso cui ogni settimana, i piccoli lettori ricevevano il suo messaggio scritto con vivacità e linguaggio semplice, ma ricco di passione eucaristica e mariana.
La sua opera si allargò anche ai sacerdoti, i quali gli chiedevano consiglio per la loro vita interiore e padre Poppe li spronava al culto e all’apostolato eucaristico, alla devozione a Maria.
Sebbene di giovane età era sofferente di cuore, costretto a trascorrere le giornate su una poltrona, scrisse le sue opere più note per i sacerdoti: nel 1920 la “Direzione spirituale dei fanciulli”; nel 1923 “Salviamo gli operai”; sempre nel 1923 “Apostolato eucaristico parrocchiale”; nel 1924 “Il metodo educativo eucaristico” e “L’amico dei fanciulli” che raggiunse subito 200.000 copie in lingua fiamminga; altre quattro opere furono pubblicate dopo la sua morte.
Ma il “Metodo educativo eucaristico” fu l’opera che gli valse il titolo di ‘pedagogista dell’Eucaristia’ e che venne considerato dal cardinale Mercier del Belgio “un piccolo capolavoro”…” brevi pagine ricche di sostanza cristiana, permeate di carità sacerdotale, ben appropriate all’opera di educazione cristiana”.
Nel 1921 il cardinale lo nominò direttore spirituale del CIBI riservato a religiosi missionari, studenti di teologia, chierici obbligati al servizio militare; padre Edoardo Poppe si stabilì a Leopoldsburg svolgendo un ministero intenso e fecondo tra i giovani destinati all’altare.
Morì improvvisamente ma con santità, a soli 34 anni, nel convento di Moerzeke-lez-Termonde, il 10 giugno 1924, dove si era recato per una breve vacanza. Su di lui esiste una vastissima bibliografia; il 5 aprile 1966 fu introdotta la causa per la sua beatificazione. A seguito di un miracolo attribuito alla sua intercessione, approvato il 3 luglio 1998, è stato beatificato in Roma da papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1999.
Autore: Antonio Borrelli
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