Elcos, Galilea, VII secolo a.C.
Martirologio Romano: Commemorazione di san Naum, profeta, il quale predicò che Dio regge il corso del tempo e giudica i popoli nella giustizia.
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L’omonimo Libro di Naum è il 41° del Vecchio Testamento, segue quello di Michea e precede quello di Abacuc.
L’asprezza con cui Naum si esprime, risente però della mentalità e del clima dell’Antico Testamento; di questo Profeta, considerato il settimo dei profeti ‘minori’, non si sa praticamente nulla della sua vita; egli visse nella seconda metà del VII secolo a.C., probabilmente nello spazio di tempo che va dalla caduta di Tebe (663 a.C.), alla caduta di Ninive (612 a.C.) per mano degli eserciti babilonesi e persiani; e nacque secondo s. Girolamo nello sconosciuto villaggio di Elcos in Galilea.
Col suo libro o meglio libretto profetico, composto di soli tre capitoli, egli ci offre una visuale centrata sull’evento della distruzione della capitale assira Ninive, caduta nel 612 a.C. sotto gli assalti del re dei Medi Ciassare e di Nabopolassar fondatore della dinastia neo-babilonese.
Il canto profetico di Naum è tutto dedicato alla caduta e rovina dell’Assiria, la grande avversaria d’Israele; in effetti si tratta di una lamentazione sarcastica, in cui fingendo un lutto e un dispiacere per quella fine, in realtà ironizza ed esprime soddisfazione per l’opera di giustizia compiuta dal Signore, contro un oppressore così duro e crudele con Israele.
Con questo canto, la caduta di Ninive assume il simbolo della grande vittoria che Dio riporta sul male, e unisce la speranza per un futuro diverso per gli oppressi.
Nel poema profetico Naum o Nahum, dipinge le vicende quasi in presa diretta, evocando anche un fatto precedentemente accaduto, cioè la distruzione di Tebe nel 663 a.C., capitale egiziana distrutta proprio dagli Assiri, condotti da Assurbanipal e che ora subiscono la stessa sorte.
Gli Assiri si erano dimostrati feroci e senza pietà, imprigionando i capi di Tebe e massacrando i loro bambini ed ora il profeta vede le stesse distruzioni e masse di cadaveri in Ninive, quella che fu “una città sanguinaria”.
In conclusione egli pronuncia la sua lezione profetica ammonendo: non si può pensare di costruire regni durevoli sulla forza, sulla prepotenza e sui misfatti, perché il Signore è lento all’ira, ma alla fine nulla lascia impunito.
Autore: Antonio Borrelli
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