Tropea, Vibo Valentia, 3 gennaio 1901 – 29 giugno 1969
Francesco Mottola nacque a Tropea il 3 gennaio 1901. Entrato undicenne nel Seminario vescovile di Tropea, fu ordinato sacerdote il 5 aprile 1924. Dopo un mese come parroco a Parghelia, dovette rinunciare all’incarico per motivi di salute. Si diede quindi a varie forme di apostolato, tra cultura e carità. Fu un cantore lirico di Gesù, della Trinità, del Corpo Mistico, della Madonna, dell’Eucaristia, del sacerdozio. Fondò la Famiglia degli Oblati del Sacro Cuore, composta dai Sacerdoti Oblati, nati nel 1931, dalle Oblate del Sacro Cuore, insieme a Irma Scrugli (per la quale è in corso la causa di beatificazione) e dagli Oblati laici, sorti nel 1935. Il loro compito doveva essere la cura di quanti venivano rifiutati dalla società, i «nuju du mundu» (i «nessuno del mondo») secondo un’espressione dialettale che lui usava. Il suo ministero pastorale sfociò anche in opere come le Case di Carità, dove l’assistenza a bambini, anziani e malati doveva essere donata con l’amore di una vera famiglia. Morì nella sua casa paterna, a Tropea, il 29 giugno 1969. Fu beatificato il 10 ottobre 2021, sotto il pontificato di papa Francesco, nella Concattedrale di Maria Santissima di Romania a Tropea, nella cui navata destra, ai piedi del Crocifisso, riposano i suoi resti mortali. La sua memoria liturgica venne fissata al 30 giugno, giorno successivo a quello della sua nascita al Cielo.
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I primi anni
Francesco Mottola nacque a Tropea, oggi in provincia di Vibo Valentia e in diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, il 3 gennaio 1901. Primogenito di parecchi figli, dei quali sopravvissero tre lui compreso, fu battezzato due giorni dopo la nascita, coi nomi di Francesco Gaetano Umberto. Rispetto al fratello Gaetano, d’indole remissiva e mite, il piccolo Francesco era più vivace, curioso, anche inquieto. Era dotato anche di una generosità e di una sensibilità notevoli verso tutti.
Sulla sua formazione umana e spirituale influì moltissimo l’ambiente familiare, nel quale ogni occasione era colta per rendere grazie a Dio. Erano frequenti, poi, le visite di sacerdoti in casa Mottola, come anche le soste di preghiera di fronte al Santissimo Sacramento e all’immagine di Maria Santissima di Romania, venerata nella cattedrale di Tropea.
In Seminario
I suoi genitori, Antonio Mottola e Concetta Bragò, gli fecero frequentare fin da piccolo le scuole elementari, le medie e il ginnasio nel Seminario vescovile di Tropea, di cui fu il primo seminarista nel 1911. Francesco riusciva molto bene negli studi, come attestano i risultati e le testimonianze dei suoi compagni.
L’anno dopo, il 21 giugno 1912, sua madre, che pure l’aveva educato alla fede, morì in seguito a una grave crisi depressiva; aveva da poco dato alla luce l’ultima figlia, Titina. Fu la prima, grande esperienza di dolore per Francesco, che da allora divenne ancora più sensibile al mistero della sofferenza umana. L’11 novembre 1914 ricevette il Sacramento della Cresima.
Verso il sacerdozio
Nell’ottobre 1917 passò al Seminario Regionale «Pio X» di Catanzaro, per gli studi filosofici e teologici. In seguito a un’esperienza di grazia vissuta nel 1918, sentì l’impulso di donarsi completamente al Signore «in perfetta oblazione», così da essere «un certosino della strada».
Insieme ad alcuni compagni di studio, diede vita al «Circolo di Cultura Calabrese», un gruppo di fraternità, studio e apostolato: desiderava, con loro, tenere mente e cuore aperti e svegli. A causa della salute malferma, però, dovette trascorrere quasi interamente l’ultimo anno di Seminario in casa, a Tropea. Ordinato suddiacono a Catanzaro il 10 maggio 1923, ricevette il diaconato a Tropea il 25 dicembre e, il 5 aprile 1924, l’ordinazione sacerdotale.
I primi tempi del ministero
Partecipò quindi al concorso per l’assegnazione dell’incarico di parroco a Parghelia e lo vinse, ma dopo un mese dovette rinunciare, per motivi di salute. Ebbe quindi altri compiti nell’Azione Cattolica diocesana e, per diversi anni, insegnò Teologia.
Fedele ai propositi emessi prima dell’ordinazione sacerdotale, cercò di mantenersi in equilibrio tra attività e contemplazione, sicuro di non doversi lasciar rovinare dall’attivismo senza freni, a discapito della vita dello spirito.
Rettore in Seminario, confessore e predicatore
Dal 1929 e fino al 1942 fu rettore del Seminario di Tropea e insegnante di materie letterarie. Nel 1931 fu nominato anche Canonico Penitenziere della Cattedrale. Dotato di delicatezza, discrezione e fermezza, accompagnava spiritualmente numerosi fedeli. Restava in confessionale spesso anche dopo mezzogiorno, trovando solo in Gesù il proprio riposo. Dedicava poi molto tempo all’ascolto dei confratelli sacerdoti, incoraggiandoli e pregando per la loro santificazione, come già faceva con i giovanissimi seminaristi; seguiva tutti sia a voce, sia con lettere.
La sua passione culturale lo condusse a promuovere anche varie iniziative, come il circolo «Francesco Acri» e la rivista «Parva favilla», di cui fu direttore. Per la semplicità, ma anche la profondità, con cui parlava ed esponeva la Parola di Dio, era anche invitato spesso a tenere conferenze e predicare ritiri in varie parrocchie e per l’Azione Cattolica.
«L’Idea»: nascita della Famiglia Oblata
Dal 1935 cominciò a organizzare un piccolo gruppo composto da giovani laici che venivano a trovarlo settimanalmente: comunicò loro un ideale di azione caritativa e di preghiera contemplativa, vissuta nella quotidianità. Poco prima, nel 1931, era sorto anche un gruppo di sacerdoti accomunati da quella che don Francesco chiamava «l’Idea».
Sin dall’inizio del suo ministero, aveva poi avuto molte collaboratrici laiche, che l’aiutavano nell’assistenza ai poveri, in Seminario e nell’Azione Cattolica. Da loro, guidate da Irma Scrugli (per la quale è in corso la causa di beatificazione), sorsero quindi le Oblate del Sacro Cuore: erano il terzo gruppo, dopo i Sacerdoti Oblati e gli Oblati Laici del Sacro Cuore. Anche loro, restando nel mondo, dovevano essere attente a rispondere ai bisogni e alle solitudini di tanti, specie abitanti nelle campagne.
Le Case della Carità
Ulteriore frutto dell’attenzione di don Francesco a quanti venivano rifiutati dalla società, i «nuju du mundu» secondo un’espressione dialettale che lui usava, furono le Case della Carità: non dovevano essere semplicemente strutture per l’accoglienza e l’assistenza di bambini, poveri, anziani e disabili, ma luoghi dove veniva fornita una formazione adatta a ciascuno; non istituti, ma famiglie.
La prima Casa della Carità venne inaugurata l’8 dicembre 1936, con tre vecchiette e due bambine. Seguirono altre Case a Tropea, Vibo Valentia, Parghelia, Roma. Descrivendo quell’opera, dichiarò: «La Casa della Carità l’ho sognata grande almeno quanto la nostra terra, accogliente tutto il dolore, non per eliminarlo, perché sarebbe un sacrilegio, ma per divinizzarlo e divinizzato adorarlo».
La malattia come offerta estrema
Nei primi mesi del 1941, appena quarantunenne, don Francesco cominciò a sentirsi insolitamente stanco. Nel giugno dell’anno dopo, appena arrivato alla stazione di Reggio Calabria, svenne privo di sensi. Fu quindi colpito da paralisi, che gli tolse persino l’uso della parola.
La malattia sembrò stroncare la sua attività sacerdotale, ma lui cercò di accettare con amore e speranza il sacrificio e la croce. Per i ventisette anni seguenti non si lamentò, secondo quanto ha testimoniato la sorella Titina, e continuò a infondere speranza anche se non poteva quasi più muoversi.
Riusciva comunque a celebrare la Messa, cementando quindi la propria relazione con Dio. Più che mai in quel momento, viveva in spirito di oblazione, donandosi anche nella sofferenza. In ogni caso, non si fermò alla propria condizione, ma restò attento al mondo che lo circondava: seguì anche, con molto interesse, i lavori del Concilio Vaticano II.
La morte
Don Francesco fece in tempo a vedere approvata, il 25 dicembre 1968, la Famiglia degli Oblati del Sacro Cuore come Istituto Secolare di diritto diocesano, dal vescovo di Tropea monsignor Vincenzo De Chiara. Le Oblate del Sacro Cuore ebbero invece il riconoscimento pontificio nel 1975.
Il fondatore morì nella sua casa paterna, a Tropea, all’alba del 29 giugno 1969. I suoi resti mortali, inizialmente deposti nel cimitero di Tropea, riposano nella navata destra della Concattedrale di Maria Santissima di Romania della stessa città, ai piedi del Crocifisso.
Le fasi preliminari della sua causa di beatificazione
Quattro anni dopo la sua morte, don Michele Loiacono e Irma Scrugli, in quanto suoi eredi spirituali, raccolsero le attestazioni sulla fama di santità che continuava ad accompagnarlo. L’8 dicembre 1973 fu quindi nominato il postulatore diocesano per il processo cognizionale per la causa di beatificazione, don Domenico Pantano.
Il Supplice Libello, ossia la richiesta formale per l’apertura della causa, fu presentato il 24 dicembre 1973 a monsignor De Chiara, che il 19 gennaio 1974 autorizzò una prima raccolta del materiale necessario.
La causa fino al decreto sulle virtù eroiche
Il suo successore, monsignor Domenico Tarcisio Cortese, il 26 febbraio 1980, si rivolse alla Congregazione delle Cause dei Santi, che il 13 ottobre 1981 diede il nulla osta all’inchiesta diocesana, svolta a Tropea dall’11 febbraio 1982 al 29 giugno 1988; la convalida degli atti processuali fu emessa il 22 giugno 1990.
La “Positio super virtutibus”, consegnata nel 1994, fu esaminata dai Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi, che il 23 marzo 2007 si pronunciarono a favore dell’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte sua. I cardinali e i vescovi membri della medesima Congregazione emisero invece il loro parere positivo il 6 novembre 2007.
Il 17 dicembre 2007, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal José Saraiva Martins, papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto con cui don Francesco Mottola veniva dichiarato Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Il 9 dicembre 2011 fu nominato don Enzo Gabrieli come nuovo postulatore. Fu lui a seguire il processo sul presunto miracolo, dall’8 agosto 2012 al 5 aprile 2014 e il 7 aprile 2014.
Era stato infatti preso in esame il caso di Felice Palamara, all’epoca dei fatti seminarista al Pontificio Seminario Maggiore di Roma. Affetto da ritenzione urinaria funzionale, una patologia gravemente invalidante, si ritrovò guarito la notte tra il 13 e il 14 maggio 2010, dopo aver visto in sogno don Francesco, di cui era particolarmente devoto. Successivamente, fu ordinato presbitero e divenne membro dei Sacerdoti Oblati.
Il 2 ottobre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui il miracolo è stato attribuito all’intercessione di don Francesco Mottola, aprendo la via alla sua beatificazione.
La beatificazione
Inizialmente prevista per il 30 maggio 2020, a causa dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da coronavirus, la Messa con il Rito della Beatificazione venne fissata al 10 ottobre 2021. La celebrazione si svolse nella Concattedrale di Tropea, presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre.
La memoria liturgica del Beato Francesco Mottola venne fissata al 30 giugno, giorno successivo a quello della sua nascita al Cielo.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flocchini
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