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Beata Margherita Molli Mistica

Festa: 23 gennaio

Russi (Ravenna), 8 maggio 1442 – Ravenna, 23 gennaio 1505

Di famiglia benestante, era nata nel castello di Russi, nel ravennate, l'8 maggio 1442. A tre mesi, colpita da una grave malattia, perse la vista e verso i cinque anni cominciò una vita di penitenza, camminando a piedi nudi con qualunque tempo, dormendo sulla terra nuda e digiunando. A causa della cecità non poté entrare in un Ordine religioso e intraprese una vita di «monaca di casa». Nonostante la sua vita appartata, la sua fama si diffuse nella zona e tante persone ricorrevano a lei in cerca di consigli. Ebbe il dono della profezia: predisse la battaglia di Ravenna del 1512, il Concilio di Trento (1545-1564) e la vittoria di Lepanto del 1571. Nel 1485, a 43 anni, si recò a Ravenna proseguendo nella sua attività in opere di carità. Per i tanti fedeli che a lei si rivolgevano creò la Confraternita del Buon Gesù. Moorì a Ravenna il 23 gennaio 1505. (Avvenire)


Le notizie sulla beata Margherita Molli e della sua discepola e parente, beata Gentile Giusti, sono state riportate nell’edizione del 1535, di una “Vita di due Beatissime Donne, Margarita et Gentile”, compilata su notizie in parte ricevute dalla stessa Gentile Giusti, dal Canonico Regolare Lateranense (Agostiniano), padre Serafino Aceti de’ Porti da Fermo (1496-1540); quindi contemporaneo delle due beate.
Per completezza di notizie si aggiunge, che di questa edizione non esiste oggi nessun esemplare, ma solo una copia manoscritta di detta stampa, nell’Archivio arcipretale di S. Apollinare in Russi (Ravenna). Successivi studi agiografici, si rifanno a quest’iniziale edizione.
Margherita Molli, figlia dei benestanti Francesco e Giovanna Molli, nacque nel castello di Russi a circa 15 km. da Ravenna, l’8 maggio 1442; purtroppo la sofferenza si affacciò presto nella sua vita, nonostante le ricchezze della famiglia, perché a tre mesi per una grave malattia rimase cieca.
Appena poté, in base alla sua età, cominciò una vita di penitenza e di contemplazione, così inusuale in una bambina, si pensi che prese a camminare a piedi nudi con ogni tempo, già verso i cinque anni; tutti segni di una precoce inclinazione alla santità.
Crebbe nella sua adolescenza e gioventù, perseverando nella penitenza, lasciato ogni bene terreno ai poveri, visse dell’altrui elemosina, infliggendosi digiuni ed asprezze, come il dormire sulla nuda terra. Fin dall’adolescenza emise il voto di verginità; a causa della sua cecità, che peraltro non le impediva di camminare speditamente e senza guida, non poté aspirare di entrare in un Ordine Religioso, pertanto intraprese una vita, che oggi diremmo, di ‘monaca di casa’, come nell’Ottocento ne fiorirono tante.
Benché vivesse appartata, la fama della sua vita santa, si diffuse nel circondario e a lei accorrevano tante persone per ascoltare i suoi consigli per una vita veramente evangelica, consolando gli afflitti, suscitando pentimento nei peccatori.
Ebbe il dono della profezia, come pure quello di operare miracoli; predisse la battaglia di Ravenna del 1512, il Concilio di Trento (1545-1564) e la vittoria di Lepanto del 1571. Veniva da tutti chiamata “la Madre, la Santa”; radunò nella Pieve di San Pancrazio, distante tre km. dal paese, un gruppo di giovanette per istruirle ed educarle cristianamente.
Nel 1485 a 43 anni, lasciò Russi e si recò a Ravenna, dove abitò in casa di Lorenzo Orioli, un suo devoto; proseguendo nella sua attività in tante opere di carità, visitando le chiese, ricevendo e guidando tante persone, ammirate ed attirate dal suo eroico esercizio delle virtù cristiane.
Conservò una grande serenità di spirito e rassegnazione, nonostante anche le calunnie di chi non le credeva. Ebbe a cuore, in unione col papa la difesa della cristianità contro i musulmani, nel contempo faceva pregare per l’unione di tutti i cristiani.
Per i numerosi fedeli che a lei accorrevano, creò la Confraternita del Buon Gesù, che poi diventerà dopo la sua morte, per opera del discepolo Girolamo Maluselli, coadiuvato dall’altra discepola Gentile Giusti, la ‘Congregazione dei Preti del Buon Gesù’, la cui opera fu molto attiva a Ravenna e in Romagna, (fu approvata nel 1538 da papa Paolo III e soppressa nel 1651 da papa Innocenzo X).
Margherita Molli morì a Ravenna il 23 gennaio 1505; si racconta che la sua modesta tomba in S. Apollinare Nuovo, diventata meta di tanti devoti, un giorno fu profanata durante l’invasione dei francesi, per cui Lorenzo Orioli, il devoto parente che l’aveva ospitata; con il consenso dei sacerdoti, trafugò il corpo e caricatolo su un asino, lo lasciò libero di andare dove volesse. In piena notte l’asino si fermò vicino alla chiesa di S. Pancrazio di Russi, sotto un grande albero, e lì fu inumato, alla luce di uno sciame di lucciole.
Nel 1659 le sue reliquie furono unite a quelle della beata Gentile Giusti, nella Chiesa del Buon Gesù di Ravenna; dopo altre traslazioni, le reliquie delle due beate riposano nella chiesa arcipretale di S. Apollinare in Russi.
Nel 1537, per disposizione di papa Paolo III, si tenne un processo per i miracoli attribuiti alle due beate. Il culto è di origine popolare e la loro festa si celebra l’ultima domenica di gennaio.

Autore: Antonio Borrelli





Gentile di nome e di fatto, viene data in sposa ad un uomo che gentile non è affatto. Figlia di un orafo veronese, si sposa giovanissima con un sarto di Ravenna, tal Giacomo soprannominato Pianella: non tanto per amore, quanto per convenienza, sulla base della quale i genitori (siamo nella seconda metà del Quattrocento) combinavano i matrimoni, spesso all’insaputa dei figli. E il sarto Giacomo era sicuramente un “buon partito”, visto il buon mestiere e la gran clientela che aveva. Grossolano, poco sensibile e per niente religioso, Giacomo si dimostra l’esatto contrario di Gentile, che per natura è sensibilissima, molto devota e assai delicata. Così il suo non lo si può certo definire un matrimonio felice: maltrattata e derisa dal suo uomo, Gentile avrebbe più di un motivo per mandare all’aria un matrimonio che, di fatto, è basato più che altro sull’interesse. Ad un certo punto c’è addirittura l’abbandono del tetto coniugale, perchè Giacomo se ne va di casa e si trasferisce a Padova, lasciandola sola con due bimbi da allevare. Dicono abbia fatto le valigie per vergogna, perché, dopo aver denunciato la moglie per stregoneria, il vescovo di Ravenna in persona ha riconosciuto l’assoluta limpidezza, correttezza e religiosità di Gentile. Giacomo torna a casa quando gli fa comodo, parecchi anni dopo, e trova una moglie che nonostante tutto gli è stata fedele, ha allevato i figli (anche se uno è morto giovanissimo), ha continuato a pregare per la sua conversione. E avviene il miracolo della ritrovata unità familiare, con il cambiamento radicale dello suo stile di vita, grazie all’esempio della moglie che non ha mai cessato di amarlo. Giacomo muore poco dopo e Gentile, specializzatasi in pazienza, sopportazione e fedeltà, continua ad offrire il suo esempio di vedova dedita agli altri. Sembra che la sua missione specifica sia davvero quella di rendere migliore gli uomini che incontra: ne sa qualcosa Girolamo Maluselli, miscredente e violento, che dopo essersi confidato con lei ed aver ascoltato i suoi consigli, cambia vita e diventa sacerdote. Anche Leone, l’unico figlio rimastole e su cui Gentile riversa il suo affetto perché non segua l’esempio del padre, cambia vita e diventa sacerdote. Gentile, da parte sua, si ispira al modello di vita che le offre una sua lontana parente, Margherita, cieca e malandata per le aspre penitenze che si infligge. Ha rinunciato a tutti i suoi beni per donarli ai poveri, vive dell’altrui elemosina, prega e insegna il catechismo alle ragazze, è consultata da tutti perché ha il dono della profezia e con il suo esempio richiama i peccatori a conversione. Le sue preghiere sono particolarmente orientate verso l’unità dei cristiani e fonda la Confraternita del Buon Gesù, che si trasformerà in seguito nella “Congregazione dei Preti del Buon Gesù”. Margherita Molli muore il 23 gennaio 1505, Gentile Giusti il 28 gennaio 1530, ma ancora oggi, il paese di Russi e la zona di Ravenna riservano l’ultima domenica di gennaio per festeggiare insieme le due cugine, che dopo aver condiviso ideali e progetti di vita cristiana, riposano insieme in un’unica urna, circondate da una vivissima devozione.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2004-03-10

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