Nacque nella celebre famiglia dei Van Leeuwen a Rijkel presso Saint-Trond (Belgio) nel 1402 o 1403. Dionigi compì i suoi studi nelle vicine città di Saint-Trond e Zwolle. Nella prima giovinezza avvertì presto una forte attrattiva per la vita monastica e quindi chiese di entrare prima nella certosa di Zelem e poi in quella di Ruremonda, venendo rifiutato perché non ancora ventenne. Allora decise di recarsi a Colonia, dove si perfezionò nello studio delle scienze sacre e profane, il suo nome negli archivi di quella università, è registrato nel 1424 come ‘maestro d’arte’. Tornato nei Paesi Bassi poté finalmente entrare nella Certosa di Ruremonda, dove trovò l’ambiente ideale per il suo desiderio di santificazione. Non era adatto alla predicazione per un difetto di pronunzia, quindi anche per la sua istruzione universitaria, si diede all’apostolato della scrittura; basti pensare che l’intera raccolta dei suoi scritti e delle sue opere consiste di 42 volumi e che il “Commento alla Bibbia”, la sua opera più importante, iniziata nel 1434 e ultimata solo nel 1457, occupa ben 14 volumi. La sua fama di dottrina e santità, travalicò le mura della Certosa e quando il cardinale Niccolò Cusano giunse come Legato nei Paesi Bassi, lo volle con sé come compagno di viaggio e consigliere. Nonostante che nel 1446 il Capitolo Generale della Grande Certosa pronunziasse nei suoi riguardi una nota di biasimo (se ne ignora il motivo), nel 1459 egli fu nominato Procuratore dell’Ordine, iniziando così una vita più movimentata e piena di responsabilità, contattando vescovi, principi e dignitari. Fra l’altro fu incaricato di fondare una nuova certosa presso Hertogen-Bosch, compito che portò a termine fra molte difficoltà. Per un paio d’anni fu anche priore di questa certosa, ma poi chiese di ritornare alla certosa di Ruremonda a lui tanto cara. Libero da ogni responsabilità e ormai anziano, passò gli ultimi anni nel silenzio e nella preghiera; dopo una lunga malattia morì il 12 marzo 1471. Nella sua immensa produzione letteraria, si denota una profonda conoscenza di tutti i maggiori filosofi greci, arabi e latini; inoltre dei Padri della Chiesa e della teologia scolastica; sapeva alla perfezione tutti i grandi trattati di ascetica e mistica. “Illustre per la grande santità e sublime per la contemplazione”, come è detto nella “Vita divi Dionysii carthusiani” di cui si conserva il manoscritto nella Biblioteca di Treviri; si meritò l’appellativo di “Doctor ecstaticus” (Dottore estatico). Godé di un culto tributatogli subito dopo la morte, ricordandolo al 12 marzo. Agiografi successivi lo riportano con il titolo di venerabile; con l’incendio della Certosa di Ruremonda del 1554 e con i successivi disordini provocati dalla rivoluzione protestante, si persero perfino le tracce della sua tomba, che venne poi ritrovata nel 1609 dal vescovo di Ruremonda. Il presule iniziò la causa per la sua beatificazione, ma la sua prematura morte bloccò tutto.
Autore: Antonio Borrelli
|