Erano solo tre ragazzi di 12-13 anni, ma gli storici della Chiesa, ormai, li considerano i protomartiri non solo del Messico, ma dell’intero continente americano.
La loro testimonianza e il loro martirio si collocano tra il 1527 e il 1529, quindi pochi decenni dopo la scoperta del Nuovo Mondo e l’inizio dell’evangelizzazione di quelle terre, e bisogna inquadrarli nel loro contesto storico e nello stile adottato da quei primi missionari. Che, avanzando di pari passo con i conquistatori spagnoli, raccoglievano conversioni sia per convinzione che per forza.
E la loro opera evangelizzatrice si basava anche sulla distruzione dei templi pagani e delle statuette dei vari idoli, il che oggi non sarebbe certo un bell’esempio di tolleranza, di dialogo interreligioso e di rispetto reciproco.
È sicuramente di “famiglia bene” il primo di questi martiri, nato nel 1514 (o nel 1515), perché figlio ed erede del principale “cacico” di Atlihuetzia. Insieme ai fratelli frequenta la scuola dei missionari francescani, si fa istruire nella fede e chiede il battesimo, ricevendo il nuovo nome di Cristoforo.
Con la forza del sacramento, l’entusiasmo dei neofiti e la vitalità degli adolescenti vuole convertire gli altri, a cominciare da papà, che oltretutto ha anche il vizio di ubriacarsi spesso. E poiché papà continua ad essere sordo ai richiami di Cristoforo, questi comincia a distruggere le statuette degli idoli conservati in casa.
Perdonato alcune volte per questo atteggiamento “contestatore”, è alla fine lo stesso padre a condannarlo a morte. Lo aggredisce a pugni e bastonate fino a rompergli braccia e gambe e alla fine lo brucia vivo, per far tacere una volta per tutte quel figlio ostinato, che anche sotto le botte continua a pregare. Alcuni giorni dopo la stessa fine tocca alla moglie, perché con il suo cuore di mamma aveva tentato di difendere Cristoforo dalla violenza del padre.
Nascono invece nel 1516-1517 Antonio e Giovanni:il primo è nipote ed erede del “cacico” di Tizatiàn, mentre il secondo è il suo servitore. La diversa estrazione sociale non impedisce loro di sentirsi fratelli nella fede quando, frequentando insieme la scuola dei missionari francescani, insieme si convertono e ricevono il battesimo e insieme scelgono di seguire alcuni padri domenicani verso una nuova missione ad Oaxaca, per fare loro da interpreti e aiutarli nella predicazione.
Sempre insieme, i due vanno di casa in casa a raccogliere le statuette degli idoli da distruggere: Di norma è Antonio a entrare nelle case, mentre Giovanni fa il “palo”, all’ingresso. Nel 1529, durante uno di questi “blitz” subiscono la vendetta degli Indios, che con una bastonata uccidono Giovanni sul colpo e poi Antonio, accorso in difesa dell’amico.
Martiri d’altri tempi, ma testimoni sempre attuali, se Giovanni Paolo II nel 1990 ha voluto proclamare beati Cristoforo, Antonio e Giovanni, per ricordarci che la nostra fede, pur con altri metodi, ha bisogno di maggior coraggio per esprimersi. Di questi tre ragazzi martiri la Chiesa fa memoria il 23 settembre. Il 15 ottobre 2017 sono stati canonizzati da papa Francesco.
Autore: Gianpiero Pettiti
Il contesto storico
L’evangelizzazione del Messico rimonta al 1524, quando i primi missionari Francescani arrivarono a Tenochtitlán, dividendosi poi su quattro regioni: Mexico, Texcoco, Huetzingo e Tlaxcala. A essi si aggiunsero poi alcuni Domenicani. I missionari basavano l'evangelizzazione sul concetto che la salvezza fosse un bene assoluto da conseguire, soprattutto eliminando le statuette delle divinità.
Al tempo della conquista spagnola, avvenuta nel 1519 con lo sbarco di Cortés e dei suoi uomini, la popolazione del Messico, in particolare gli Aztechi, era dedita al culto delle divinità, che si esplicava con un gran numero di sacrifici umani; la vita religiosa era dominata dalla casta dei sacerdoti.
Questo aspetto della religione locale favorì il diffondersi della nuova religione cristiana, o per convinzione o, perché imposta dai conquistatori spagnoli, per forza. I sacerdoti e i loro fedeli, pagani dal punto di vista cattolico, naturalmente avversavano i missionari.
I Francescani e i Domenicani lavorarono per la promozione umana degli Indios, come li chiamavano loro, e per difenderli da quei sanguinari riti usarono mezzi drastici, come la distruzione dei templi e degli idoli.
Tutto questo portò ad una reazione di buona parte degli Indios, che si sfogò anche sui tre adolescenti, Cristoforo, Antonio e Giovanni, educati alla scuola francescana di Tlaxcala.
Cristoforo
Le notizie biografiche raccolte dal frate francescano Toribio da Benevento non riportano il suo nome di nascita: certamente, doveva essere lungo e suonava difficile da pronunciare agli spagnoli.
Nacque ad Atlihuetzia (Tlaxcala) tra il 1514 e il 1515 ed era il figlio prediletto, nonché l’erede, del principale cacicco Acxotecatl. Ben presto seguì l'esempio degli altri tre fratelli, che nel 1524 avevano preso a frequentare la scuola aperta dai missionari francescani.
Si fece istruire nella fede cristiana e chiese spontaneamente il Battesimo, col quale ricevette il nome di Cristoforo (in spagnolo Cristóbal; era chiamato anche col diminutivo Cristobalito). Diventò in breve tempo un apostolo del Vangelo tra i suoi familiari e conoscenti:
si propose di convertire il padre e prese ad esortarlo a cambiare le sue riprovevoli abitudini, soprattutto l'ubriachezza.
Il padre non gli diede importanza e allora Cristoforo prese a rompere gli idoli presenti in casa; fu ammonito e perdonato dal padre più volte. L’uomo, visto il ripetersi del fatto, prese la decisione di ucciderlo.
Con un tranello, fece tornare a casa i figli dalla scuola francescana. Mentre i fratelli entravano in casa, Cristoforo fu afferrato per i capelli dal padre: lo gettò a terra, poi lo prese a calci e a bastonate, fino a rompergli le braccia e le gambe. Visto che Cristoforo, pur nel dolore, continuava a pregare, lo gettò su un rogo acceso. Pochi giorni dopo fu uccisa anche la madre, che aveva invano tentato di difendere il ragazzo.
Il padre seppellì di nascosto il figlio in una stanza della casa; un testo dice che fu poi condannato a morte per i suoi delitti, probabilmente dagli spagnoli. Il fatto avvenne nel 1527 e Cristoforo aveva 13 anni.
Uno dei francescani, Andrea da Cordoba, un anno dopo scoprì il luogo della sepoltura e fece trasportare il corpo incorrotto del giovane martire nel convento di Tlaxcala. Molto tempo dopo, un altro frate, Toribio da Benevento, lo stesso che compose anche il racconto del suo martirio, lo seppellì nella chiesa di Santa Maria a Tlaxcala.
Antonio e Giovanni
Antonio e Giovanni (Juan) nacquero tra il 1516 e il 1517 a Tizatlán (Tlaxcala). Antonio era nipote ed erede del cacicco locale, mentre Giovanni, di umile condizione, era il suo servitore. Ambedue frequentavano la scuola dei Francescani.
Nel 1529 i missionari Domenicani decisero di fondare una missione ad Oaxaca. Per questo motivo, mentre passavano per Tlaxcala, il domenicano Bernardino Minaya, chiese a fra Martino di Valencia, francescano e direttore della scuola, di indicargli alcuni ragazzi che volontariamente potessero accompagnarli come interpreti presso gli Indios.
Riuniti i ragazzi della scuola, fra Martino formulò la richiesta del domenicano, avvisando comunque che si trattava di un compito con pericolo di morte. Subito si fecero avanti i tredicenni Antonio e Giovanni e un altro nobile ragazzo di nome Diego (che non morì martire).
Il gruppo arrivò a Tepeaca presso Puebla: i ragazzi aiutarono i missionari a raccogliere gli idoli, poi solo Antonio e Giovanni si spostarono a Cuauhtinchán, sempre nei pressi di Puebla, e continuarono la raccolta.
Mentre, come di consueto, Antonio entrava nella casa e Giovanni restava alla porta, alcuni Indios, inferociti e armati di bastoni, si avvicinarono: picchiarono Giovanni talmente forte che morì sul colpo.
Antonio, accorso in suo aiuto, si rivolse agli aggressori: «Perché battete il mio compagno che non ha nessuna colpa? Sono io che raccolgo gli idoli, perché sono diabolici e non divini». Gli indigeni lo percossero con i bastoni, finché morì.
I corpi di Antonio e Giovanni furono poi gettati in una scarpata vicino a Decalco. Il domenicano padre Bernardino li recuperò e li trasferì a Tepeaca, dove vennero sepolti in una cappella.
I primi martiri del Messico
Il sangue dei tre ragazzi messicani fu il primo seme della grandissima fioritura del cattolicesimo nel loro Paese. Gli storici della Chiesa messicana li considerano protomartiri non solo del Messico, ma dell'intero continente americano; costituiscono quindi le primizie dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo.
L’opera dei missionari si allargò: aprirono scuole, stamparono i primi testi catechistici in lingua locale, condivisero la vita e la povertà degli Indios, lavorando per la loro promozione umana. Li difesero anche dai soprusi degli “encomenderos”, ossia coloni spagnoli, perlopiù militari, autorizzati a riscuotere dagli indigeni tributi o in natura, o sotto forma di lavoro obbligatorio.
La beatificazione
Il 7 dicembre 1982, la Congregazione delle Cause dei Santi diede il nulla osta per l’inizio del processo cognizionale per la beatificazione di Cristoforo, Antonio e Giovanni. La convalida di questa prima fase porta la data dell’8 novembre 1985.
Il 21 giugno 1988 si sono quindi riuniti i Consultori storici della Congregazione delle Cause dei Santi, mentre la “Positio super martyrio” è stata consegnata nel 1989. La riunione dei Consultori teologi, svolta il 24 novembre 1989, ha avuto esito positivo, confermato dai cardinali e vescovi membri della Congregazione, il 6 febbraio 1990.
Il 3 marzo 1990 il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui i tre ragazzi venivano ufficialmente dichiarati martiri. Lo stesso Pontefice li ha beatificati il 6 maggio 1990 nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe a Città del Messico, fissando la loro memoria liturgica al 23 settembre.
Insieme ad essi fu elevato agli onori degli altari Juan Diego Cuauhtlatoatzin, il messaggero della Madonna di Guadalupe, loro contemporaneo (canonizzato nel 2002).
La canonizzazione
Il 23 marzo 2017, ricevendo in udienza il cardinal Angelo Amato, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha accolto i voti favorevoli della Congregazione circa la canonizzazione dei tre martiri, senza bisogno di un ulteriore miracolo per loro intercessione. La loro canonizzazione è quindi stata celebrata da lui domenica 15 ottobre 2017.
Autore: Antonio Borrelli ed Emilia Flochini
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