Visse nel tempo dell’iconoclastia e il suo destino di sovrano bizantino, fu legato indissolubilmente alla figura e al potere della madre l’imperatrice Irene. Figlio di Leone IV Chazaro (750-780) e di Irene l’Ateniese, detta anche la Giovane (750-803), Costantino nacque nel 771 a Costantinopoli; il padre aveva proseguito nelle politica dell’iconoclastia, in vigore nell’impero bizantino dal 726. Sua madre invece, fedele al culto delle immagini, dovette prestare giuramento di non accettarle mai, quando divenne la sposa dell’allora principe ereditario Leone IV, ma in realtà continuò a venerarle di nascosto. Quando Costantino aveva otto anni, suo padre lo proclamò coimperatore e quando l’anno seguente, nel settembre 780, il trentenne imperatore Leone IV morì, egli regnò sotto la tutela della madre, donna di straordinaria ambizione e capacità, come del resto lo furono altre celebri imperatrici bizantine. Irene come reggente, ebbe come prima cura il ristabilimento del culto delle immagini; lavorò a questo progetto di restaurazione per molti anni, senza però riuscirci completamente; convocò allo scopo un Concilio a Nicea nel 787. Per rafforzare la sua politica di alleanza con l’Occidente, Irene propose nel 782, il matrimonio dell’undicenne Costantino, con la figlia di Carlo Magno re dei Franchi, che mirava alla conquista delle terre bizantine in Italia; ma pur avendo inviato un maestro greco di nome Eliseo alla corte dei Franchi, per istruire Rotrude la promessa sposa, nella lingua e usanze della società bizantina, il matrimonio non ebbe mai luogo. Pur avendo raggiunto la maggiore età nel 790, Costantino VI continuò a subire la grande influenza materna, non avendo significativo potere e il suo disappunto cresceva sempre più. Irene intanto gli aveva trovata una moglie in una bella ragazza di Amnia in Paflagonia, di nome Maria, nipote di s. Filarete l’Elemosiniere e sposata nel 788. La situazione di dissidio persisté fra la madre che continuava ad agire ufficialmente come imperatrice, anche se anteponeva il nome del figlio su documenti e disposizioni, e il figlio che cercava di arginarla, tentando di limitare il potere del consigliere della madre, il potente eunuco ministro Stavrakios. Alla fine Costantino VI, aderì ad una congiura di palazzo nel gennaio 790, organizzata da ufficiali suoi amici, ma tempestivamente scoperta. Fu punito con uno schiaffo dalla madre e limitato nell’agire per alcuni giorni; ma a seguito della sconfitta dei bizantini da parte degli arabi, avvenuta nell’estate 790, ci fu nel settembre successivo un’altra rivolta, che questa volta ebbe successo; la stessa Irene fu confinata nel palazzo di Eleuterio. Iniziò così un periodo di sette anni, in cui Costantino regnò come imperatore senza ostacoli, ma non furono tuttavia felici. Conscio dei suoi limiti, due anni dopo, nel gennaio 792 richiamò la madre Irene, associandola al trono e usufruendo della sua provata esperienza nel governare, ma questo atto non risolse la situazione difficile dell’impero, anzi finì per peggiorarla. In campo militare Costantino non era un abile generale e gli insuccessi bellici, provocarono disordini interni; ma quello che fu micidiale per lui, fu la separazione nel 795 da sua moglie Maria, dalla quale aveva avuto due figlie Eufrosine ed Irene, la fece rinchiudere in un monastero insieme alle due bambine e sposò illegittimamente Teodota, una dama di corte. Il cugino di Teodota, il monaco Teodoro Studita del monastero di Succudione, si oppose a quella “relazione adulterina” e lo scontento si estese a tutti i monasteri e a poco a poco anche al popolo e all’esercito. Anche la madre Irene, approfittando dello scandalo suscitato, ne sminuì la popolarità accusandolo di bigamia; un’ennesima sommossa provocò il suo arresto e quindi fu rinchiuso nella sala della Porpora dove era nato. Il 19 agosto 797 per ordine dell’imperatrice madre, subì la pena convenzionale dell’accecamento; fu il momento più tragico della vita di Irene e di suo figlio Costantino VI; la legge e la difesa ad ogni costo dell’autorità imperiale, provocò l’enormità della pena; ma gli Ortodossi con i loro patriarchi, preferirono davanti agli indiscussi meriti di Irene, non tener conto di questo fatto tragico e la considerarono comunque come una santa (vedere anche la scheda propria). Costantino VI, secondo alcuni cronisti dell’epoca, morì a causa dell’accecamento, forse per un’infezione, mentre altri dicono che visse ancora qualche anno, perché quando nell’802 il generale Niceforo spodestò dal trono Irene, egli era presente, ma ciò non è provato; perché egli morì nel 797 a Costantinopoli, probabilmente subito dopo l’accecamento. Costantino fu inizialmente sepolto nel monastero dell’isola di Prinkipos nel Mar di Marmara, fatto costruire dalla madre; sembra inoltre che Irene avesse fatto trasferire in questo monastero Maria e le due figlie, cosicché quando Costantino VI morì a soli 26 anni, la moglie abbandonata dispose che fosse sepolto nell’isola; dove poi nell’803 fu tumulata anche Irene morta in esilio a Lesbo. Il potere lo separò dalla madre, la morte lo riunì nuovamente a lei. Delle due figlie di Costantino VI, Eufrosine andò in sposa all’imperatore Michele il Balbuziente e più tardi elle fece costruire un monastero a Livadia, facendovi trasportare i resti dei genitori dall’isola di Prinkipos; quelli di Irene invece erano già stati trasferiti nella Chiesa dei Santi Apostoli a Costantinopoli. Il merito di aver convocato nel 787, insieme alla madre, il VII Concilio Ecumenico a Nicea, non fu offuscato nella considerazione della Chiesa, dallo scandalo provocato dalla relazione adulterina; nella seduta conclusiva del Concilio egli e sua madre furono acclamati come nuovi “Costantino ed Elena”. In documenti successivi Costantino è chiamato “imperatore amico di Cristo (philochristos)” e anche il suo grande accusatore, il monaco Teodoro Studita, lo chiamò “piissimo imperatore” assicurando “la cui retta fede invero sigillata dalla pietà materna”. In vari Menologi Bizantini, Costantino è ricordato insieme alla madre al 9 agosto, ma c’è anche una memoria separata solo per lui al 28 novembre, probabile giorno della traslazione dei suoi resti.
Autore: Antonio Borrelli
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