«Posso resistere a tutto tranne che alla tentazione. Il solo mezzo per liberarsi dalla tentazione è cederle». Così ironizzava (ma non troppo) lo scrittore inglese Oscar Wilde (1854-1900) esplicitando a parole un comportamento che molti nascostamente praticano. La scena delle tentazioni di Cristo con la sua ferma risposta a Satana si oppone a tanti atteggiamenti umani, segnati dal cedimento o dal compromesso. È il caso di una vicenda biblica che ora vorremmo proporre: essa è narrata in una pagina di straordinaria vivacità letteraria, che vede come protagonista e vittima una splendida donna ebrea, Susanna (è il nome di un fiore, tra l'altro caro al Cantico dei cantici, da alcuni identificato con il giglio rosso, da altri con l'anemone o persino con il loto). La storia è da leggere nel testo originale, il capitolo 13 del libro di Daniele, una pagina che ci è giunta solo nella versione greca, un vero gioiello narrativo. La donna era felicemente sposata a un ricco ebreo di nome Ioakim, il quale abitava in un palazzo circondato da un parco ove ospitava spesso incontri e pranzi con i suoi concittadini. Tra questi invitati due anziani magistrati (i giudici erano eletti per un mandato a tempo) si erano appassionatamente invaghiti di Susanna, senza però confessare l'un l'altro questa cieca attrazione, fino al giorno in cui si scoprirono insieme nel parco a spiare la donna nuda, mentre faceva il bagno nella piscina. La tentazione li aveva travolti ed erano piombati sulla donna minacciando di ricattarla: se non avesse ceduto alle loro voglie, essi avrebbero testimoniato che un giovane era con lei ed era stata da loro sorpresa in flagranza di adulterio. Pur di non tradire in nessun modo suo marito, Susanna si mise a urlare facendo accorrere i servi ma, così, cadendo nella trappola ordita dai due perversi magistrati. Ormai per lei non poteva che aprirsi la via di un processo e la certezza della lapidazione, considerata la qualità perversa dei suoi due giudici. È a questo punto che si ha un colpo di scena con l'ingresso nel tribunale di un giovane, Daniele, il cui nome è già un programma, perché in ebraico significa "Dio giudica". Lasciamo ai nostri lettori di scoprire, leggendo il racconto biblico, l'escamotage con cui egli riesce a sbugiardare i due giudici accusatori e a riconsegnare la bella e casta Susanna alla sua famiglia nella pienezza della sua dignità. La tentazione che acceca è, certo, un tema costante in tutte le culture, come lo è la prevaricazione nei confronti della donna, che spesso diventa vittima non solo fisica attraverso lo stupro, ma anche nel giudizio ipocrita dei benpensanti. È in questa luce che la tradizione cristiana, che ha tanto amato la figura di Susanna anche nella storia dell'arte, ha trasformato la sua vicenda in un simbolo dello stesso Cristo accusato e condannato ingiustamente. Il tema della tentazione e della sua forza, che travolge come un turbine anche l'anziano e la persona perbene, rimane, comunque, un monito per tutti, giovani e vecchi, persone colte e individui semplici.
Autore: Gianfranco Ravasi
Fonte:
|
|
|
|